Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.20736 del 20/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3815/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

M.G., rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Russo ed elettivamente domiciliato in Roma, via Aureliana n. 25, presso l’avv. Arianna Scione e l’avv. Antonia Scione;

– controricorrente –

Per la cassazione della sentenza della C.T.R. per la Campania, n. 6132/28/14, depositata in data il 17/6/2014 e non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30 aprile 2021 dal relatore Dott.ssa Valeria Pirari.

RILEVATO

che:

1. In seguito ad accertamento nei confronti di M.G. relativo all’anno di imposta 2005, divenuto definitivo per mancata impugnazione, fu emessa nei confronti del predetto una cartella di pagamento, notificatagli il 8/6/2011, con la quale gli fu chiesto il pagamento della somma iscritta a ruolo.

Impugnato il predetto atto dal contribuente, che deduceva di non avere mai ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2005 in essa indicato ed eccepiva la prescrizione dell’azione di accertamento per essere stata detta notifica effettuata il 8/6/2011, oltre il termine di decadenza del 31/12/2010, la C.T.P.

di Caserta, avendo reputato la regolarità della notifica dell’atto presupposto, rigettò il ricorso con sentenza n. 286/09/2012, depositata il 3/5/2012, che fu riformata dalla C.T.R. per la Campania, adita dallo stesso contribuente, con sentenza n. 6132/28/14, depositata il 17/6/2014.

2. Contro quest’ultima decisione, l’Agenzia delle Entrate propone dunque ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi. Il contribuente si è difeso con controricorso, illustrato anche con memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione delle norme sulla notificazione a mezzo posta e degli artt. 2700 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto non completa la procedura di notificazione dell’avviso di accertamento per mancato deposito dell’originale della ricevuta di ritorno, senza considerare che il duplicato tiene luogo dell’originale e che l’avviso di ricevimento, parte integrante del procedimento notificatorio, è munito di fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c., in quanto avente natura di atto pubblico, sicché la contestazione dell’attendibilità del duplicato deve avvenire mediante querela di falso.

2. Con il secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7, comma 6, introdotto dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, commi 2-quater e 2-quinques, convertito dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, art. 139 c.p.c., comma 4, e art. 149 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la C.T.R. fondato la nullità dell’avviso di accertamento sulla carente allegazione della ricevuta di ricezione dell’avviso spedito dall’ufficiale giudiziario, senza considerare che la comunicazione di avvenuta notifica (C.A.N.), richiesta all’agente postale che consegni il piego a persona diversa dal destinatario, è una raccomandata senza ricevuta di ritorno e che la notificazione si perfeziona con la consegna dell’atto e non con la consegna della C.A.N., essendo richiesta come formalità l’indicazione nell’avviso di ricevimento dell’atto consegnato il numero della raccomandata della comunicazione di avvenuta notifica e la data dell’invio.

3.1 I due motivi, da trattare congiuntamente in ragione della stretta connessione, sono fondati.

La C.T.R. ha infatti fondato l’accoglimento dell’appello del contribuente sulla reputata irregolarità del procedimento notificatorio dell’avviso di accertamento, costituente atto presupposto della cartella impugnata, rilevando la mancata produzione dell’originale dell’avviso di ricevimento, il carente contenuto del suo duplicato, siccome privo della sottoscrizione del ricevente e della specificazione del suo nominativo, e l’omessa allegazione dell’avvenuta ricezione dell’avviso spedito dall’Ufficiale giudiziario.

Tali argomentazioni non si confrontano però con i principi espressi da questa Corte in ordine alla prova del perfezionamento della notifica eseguita a mezzo posta, come di seguito riportati.

Va innanzitutto detto che, in tema di notifiche a mezzo posta, nell’ipotesi di smarrimento o distruzione dell’avviso di ricevimento, l’unico atto idoneo a provare l’avvenuta notificazione e’, ai sensi del D.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, art. 8, (non abrogato né modificato, neanche implicitamente, a seguito dell’emenda della L. n. 890 del 1982, art. 6, introdotta dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 97-bis, lett. e, come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 461), il duplicato rilasciato dall’Ufficio postale, che, peraltro, non deve essere sottoscritto dalla persona alla quale il piego era stato consegnato, assumendo rilevanza il registro di consegna attestante l’avvenuta ricezione dell’avviso originario, del quale il duplicato deve essere una riproduzione fedele in quanto contenente tutte le indicazioni proprie dello stesso, compresa quella afferente al soggetto che ha ricevuto l’atto (Cass., Sez. 5, 06/06/2018, n. 14574; Cass., Sez. 3, 30/1/2019, n. 2551; Cass., Sez. 5, 15/10/2020, n. 22348), né il nominativo del soggetto che ha ricevuto l’atto notificando, purché il giudice, attraverso le indicazioni in esso contenute, sia posto nelle condizioni di verificare in quali esatti termini e, nel caso, a mani di quale soggetto, il recapito dell’atto si sia perfezionato (in tal senso, Cass., 30/1/2019, n. 2551), atteso che la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto, si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica e che incombe sul destinatario, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria e, in particolare, l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità suindicate (Cass., Sez. 5, 30/10/2018, n. 27587).

Peraltro, tale duplicato, alla medesima stregua dell’originale ha natura di atto pubblico e, pertanto, fa piena prova ex art. 2700 c.c., in ordine alle dichiarazioni delle parti ed agli altri fatti che l’agente postale, mediante la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta essere avvenuti in sua presenza, sicché il destinatario che intenda contestare l’avvenuta notificazione è tenuto a proporre querela di falso nei confronti di detto atto (Cass., Sez. 5, 06/06/2018, n. 14574; Cass., Sez. 5, 15/10/2020, n. 22348).

Pertanto, alla luce di tali principi deve ritenersi erroneo il ragionamento seguito dai giudici di merito, i quali non hanno considerato né la valenza probatoria del duplicato prodotto, né l’irrilevanza della mancata sottoscrizione dello stesso, né la idoneità dello sbarramento della casella dicente “incaricato” al fine di porre il giudice nelle condizioni di verificare a mani di quale soggetto la consegna del plico fosse avvenuta.

3.2 Quanto alla raccomandata c.d. “informativa”, va innanzitutto premesso come il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, sulle imposte sui redditi, a sua volta menzionato dalla normativa in materia di imposte indirette e di riscossione (così come del resto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, in tema di processo tributario, salva la disposizione di cui all’art. 17), nel rinviare alle norme processualcivilistiche attraverso il richiamo all’art. 137 c.p.c. e ss., ad eccezione degli artt. 142, 143, 146, 150 e 151, non applicabili in ragione della specificità della materia, e salve le regole e gli adattamenti in esso previsti, consenta di ritenere operante anche per gli atti sostanziali l’art. 149 c.p.c., in tema di notificazioni mezzo del servizio postale, integrato dalle disposizioni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, il cui art. 14, regola la notifica degli atti tributari sostanziali e della riscossione.

Tale rinvio fa salve, come si è detto, alcune deroghe, tra le quali spiccano sia quella sancita dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 14, comma 1, come modificato dalla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 20, secondo cui la notifica deve essere eseguita, in via preferenziale, direttamente dagli Uffici a mezzo del servizio postale e soltanto in via residuale, quando la prima risulti impossibile attraverso i canoni ordinari della notificazione, attraverso l’intermediazione dell’agente notificatore, come da regola generale, sia quella che, accanto alla tradizionale figura dell’ufficiale giudiziario, annovera, tra i soggetti che fungono da intermediari nell’attività informativa degli atti recettizi dell’Amministrazione finanziaria, i messi comunali e i messi speciali autorizzati dall’ufficio finanziario di appartenenza, i quali soli, alla stregua della lettura combinata delle norme processualcivilistiche e di quelle speciali, possono avvalersi del procedimento notificatorio tributario, essendo invece l’ufficiale giudiziario tenuto al rispetto dei principi del codice di procedura civile.

Ciò detto, va evidenziato come, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., l’Ufficiale giudiziario che non abbia potuto eseguire la consegna per irreperibilità o incapacità o rifiuto delle persone indicate dall’art. 139 c.p.c., a ricevere l’atto, sia tenuto a depositarne copia nella casa del Comune in cui la notificazione deve essere eseguita, affiggendo avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, e a dargliene notizia con raccomandata con avviso di ricevimento.

Quest’ultimo incombente è stato introdotto anche con riguardo alla notifica a mezzo posta dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 4, lett. c), n. 1), convertito, con modificazioni, dalla L. 14 marzo 2005, n. 80, che ha sostituito integralmente L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2, i commi 2, 3 e 4, in seguito alla declaratoria di illegittimità costituzionale di tale disposizione, pronunciata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 346 del 1998, che aveva reputato contrastare con i principi di uguaglianza e di diritto di difesa la precedente previsione, nella parte in cui, in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario oppure per inidoneità o assenza o rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione, come indicate alla medesima L., art. 7, commi 2 e 3, imponeva all’agente postale di depositare l’atto presso l’ufficio e di rilasciarne avviso mediante affissione alla porta d’ingresso o immissione nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda, senza prevedere che gli si desse anche comunicazione del tentativo di notifica mediante raccomandata con avviso di ricevimento, oltre a stabilire che, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, il piego fosse restituito al mittente dopo dieci giorni dal deposito presso l’ufficio postale.

Questa disposizione era stata infatti considerata dalla Corte costituzionale gravemente pregiudizievole per il notificatario in quanto contrastante con i diritti di uguaglianza e di diritto di difesa, posto che egli, a causa della sua assenza dall’abitazione, azienda o ufficio, protrattasi per oltre dieci giorni o di mancanza delle persone indicate dall’art. 7, non si sarebbe più trovato nelle condizioni di ritirare il piego o comunque avrebbe versato in una situazione di notevole difficoltà nell’individuare l’atto notificatogli, diversamente da quanto previsto in caso di notificazione eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c..

Da ciò deriva, dunque, l’introduzione, nelle notifiche postali, dell’obbligo di avviso, al destinatario, del deposito dell’atto e delle formalità seguite, con l’indicazione secondo cui la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2, ovvero dalla data di ritiro del piego se anteriore.

Successivamente, con sentenza n. 3 del 2010, è stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale anche dell’art. 140 c.p.c., laddove, per come interpretato dal diritto vivente, prescriveva che la notifica si intendeva perfezionata con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione, essendo stato ritenuto che tale disposizione, facendo decorrere i termini per la tutela in giudizio del destinatario da un momento anteriore alla concreta conoscibilità dell’atto notificato, attuava un “non ragionevole bilanciamento tra gli interessi del notificante, su cui ormai non gravano più i rischi connessi ai tempi del procedimento notifica torio, e quelli del destinatario, in una materia nella quale le garanzie di difesa e di tutela del contraddittorio devono essere improntate a canoni di effettività e di parità, dando luogo ad un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla fattispecie, normativamente assimilabile, della notificazione di atti giudiziari a mezzo posta, disciplinata dalla L. n. 890 del 1982, art. 8”.

Tale intervento della Corte costituzionale ha sostanzialmente determinato un nuovo scostamento tra le due discipline, quella di cui all’art. 140 c.p.c., e quella di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, come affermato anche da questa Corte, atteso che, “mentre le notificazioni a mezzo del servizio postale si perfezionano decorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata o al momento del ritiro del piego contenente l’atto da notificare, ove anteriore”, viceversa, l’art. 140 c.p.c., all’esito della sentenza n. 3 del 2010 della Corte cost., “fa esplicitamente coincidere tale momento con il ricevimento della raccomandata informativa, reputato idoneo a realizzare, non l’effettiva conoscenza, ma la conoscibilità del deposito dell’atto presso la casa comunale e a porre il destinatario in condizione di ottenere la consegna e di predisporre le proprie difese nel rispetto dei termini eventualmente pendenti per la reazione giudiziale”, senza che tale difformità si esponga a dubbi di legittimità costituzionale, posto che “non è predicabile un dovere costituzionale del legislatore ordinario di uniformare il trattamento processuale di situazioni assimilabili sul piano degli effetti e degli interessi della disciplina, essendo consentita una diversa conformazione degli istituti processuali (inclusa la disciplina delle notificazioni) a condizione che non siano lesi i diritti di difesa” (in questi termini Cass., Sez. 2, 4/3/2020, n. 6089).

Diversa fattispecie è quella prevista, invece, dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, abrogato dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 97-bis, lett. f), come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 461, a decorrere dal 1 gennaio 2018 e, pertanto, applicabile alla fattispecie ratione temporis, secondo cui “se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata”, che si riferisce all’ipotesi in cui la consegna avvenga a mani del familiare convivente, di persona addetta alla casa o al servizio del destinatario o di portiere dello stabile e che, in assenza di una prescrizione normativa di utilizzo della raccomandata con avviso di ricevimento, può essere legittimamente effettuata con raccomandata semplice (Cass., Sez. 3, 22/5/2015, n. 10554).

A questo proposito, questa Corte ha affermato che “anche alla comunicazione di avvenuta notifica di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 7 – e ad onta del minor livello di garantismo che caratterizza la disciplina della sua trasmissione postale (raccomandata semplice), rispetto a quello che caratterizza la disciplina della trasmissione postale della comunicazione di avvenuto deposito di cui all’art. 140 c.p.c. (raccomandata a.r.), debba applicarsi il principio.., secondo cui l’attestazione di avvenuto invio di una raccomandata, con l’indicazione del solo numero (ossia senza che si precisi a chi, ed in quale indirizzo, essa sia stata spedita), copre con fede privilegiata soltanto la dichiarazione di avvenuto invio di una raccomandata con quel numero; con la conseguenza che, in tal caso, la prova del fatto che la stessa sia stata spedita al destinatario della notifica, presso il suo indirizzo, va fornita, da chi è interessato a dimostrare la ritualità della notifica, producendo la relativa ricevuta di spedizione o deducendo altro idoneo mezzo di prova” (Cass., Sez. 2, 12/7/2018, n. 18472).

Con specifico riguardo alla notifica di atto impositivo (o processuale) tramite servizio postale secondo le previsioni della L. n. 890 del 1982, questa Corte, a sezioni unite, ha da ultimo affermato la necessità di distinguere tra l’ipotesi regolata dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, e art. 140 c.p.c., connotata dal fatto che l’atto notificando non sia stato consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, e sia soltanto depositato presso l’ufficio postale (ovvero, nella notifica codicistica, presso la casa comunale), e quella eseguita ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 4, e dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, u.c., in cui la consegna dell’atto notificando sia avvenuta a persona diversa, stabilendo che la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio debba essere fornita dal notificante attraverso la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (c.d. CAD), soltanto nel primo caso, stante l’insufficienza dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima (Cass., Sez. U, 15/4/2021, n. 10012), e non anche nel secondo.

La scelta di maggior rigore dettata dal legislatore in proposito, allorché impone l’affissione dell’avviso di deposito nel luogo della notifica (immissione in cassetta postale) e la spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento (C.A.D.), trova giustificazione, ad avviso della Corte, nella comparazione di tale procedura notificatoria con quella prevista, tra le modalità di notifica curate dall’Ufficiale giudiziario, dall’art. 140 c.p.c., e basata sull’identico presupposto fattuale della c.d. “irreperibilità relativa” del destinatario (e fattispecie assimilate), mentre la procedura semplificata stabilita per i casi di consegna a soggetto diverso dal destinatario dell’atto, consistente nell’invio al destinatario di una raccomandata “semplice” che gli dia notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto notificando (C.A.N.), è dovuta alla ragionevole aspettativa che l’atto notificato venga effettivamente conosciuto dal destinatario, in quanto consegnato a persone (famigliari, addetti alla casa, personale di servizio, portiere, dipendente, addetto alla ricezione) aventi con esso un rapporto riconosciuto dal legislatore come astrattamente idoneo a questo fine (Cass., Sez. U, 15/4/2021, n. 10012, in motivazione).

Sul punto, è stata peraltro ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 890 del 1982, art. 7, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non richiede, per il perfezionamento della notifica a mezzo posta effettuata mediante consegna dell’atto a persona diversa dal destinatario, la “ricezione” della raccomandata cd. informativa, come invece previsto nel caso di notifica a persone irreperibili ex art. 140 c.p.c., ed L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2, atteso che la mancata estensione alla notifica, eseguita ai sensi del citato art. 7, degli interventi additivi richiesti dalla Corte costituzionale (sentenza del 14/1/2010 n. 3), al fine di equiparare i procedimenti notificatori di cui all’art. 140 c.p.c., ed L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2, trova ragione nella evidente diversità fenomenica contemplata dalle norme in comparazione – nell’un caso essendo stata eseguita la consegna dell’atto a persona abilitata e riceverlo, nell’altro difettando del tutto la materiale consegna dell’atto notificando – cui consegue la diversità degli adempimenti necessari al perfezionamento delle rispettive fattispecie notificatorie, nella prima ipotesi costituiti dalla sola “spedizione” della raccomandata, nell’altra occorrendo un quid pluris inteso a compensare il maggior deficit di conoscibilità, costituito dalla effettiva ricezione della raccomandata, ovvero, in assenza di ricezione, dal decorso di dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento (Cass., Sez. 3, 7/6/2018, n. 14722).

Ciò comporta che, essendo stata, nella specie, la consegna del plico eseguita a mani di un incaricato, come risulta dallo sbarramento di tale voce, nessun obbligo aveva il notificante di inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno a titolo informativo, essendo a tal fine sufficiente l’invio di una raccomandata “semplice”, come nei fatti accaduto.

Deriva da quanto detto la fondatezza di entrambi i motivi.

4. In conclusione, accolti i motivi proposti e cassata la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata alla C.T.R. per la Campania anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie le censure proposte, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. per la Campania anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021

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