LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 27486 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
Maditel s.r.l. unipersonale, in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to Quercia Luigi, elettivamente domiciliata presso lo studio del’Avv.to Ranuzzi Livia, in Roma, Viale del Vignola n. 5;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, n. 1163/06/15, depositata in data 22 maggio 2015, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 giugno 2021 al Relatore Cons. Putaturo Donati Viscido di Nocera Maria Giulia.
RILEVATO
Che:
– con sentenza n. 1163/06/15, depositata in data 22 maggio 2015, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Puglia, rigettava l’appello proposto da Maditel s.r.l., unipersonale, in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 420/22/14 della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla suddetta contribuente avverso l’avviso di accertamento n. TVF030306028/2014, con il quale l’Ufficio di Bari, previo p.v.c. della G.d.F, aveva ripreso a tassazione nei confronti di quest’ultima costi indebitamente dedotti, ai fini Ires, Irap, e detratti ai fini Iva, per il 2006, in relazione a fatture emesse da PC Elettronic s.r.l. afferenti ad operazioni di acquisto di apparecchiature Telecom e telefonia ritenute inesistenti;
-in punto di fatto, il giudice di appello ha premesso che: 1) l’atto impositivo era stato notificato, a mezzo servizio postale, “contestualmente” sia presso la sede della società Maditel s.r.l. il 22.12.2011 (mediante ritiro del plico presso l’Ufficio postale a cura del socio unico) che al rappresentante legale in data 29.12.2011 presso la sua residenza e la contribuente aveva proposto ricorso alla CTP di Bari in data 22.2.2012 deducendo la nullità assoluta dell’atto impositivo per difetto di motivazione e mancata allegazione del verbale della G.d.F.; 2) aveva controdedotto l’Agenzia eccependo l’inammissibilità del ricorso per tardività e, nel merito, la legittimità della pretesa tributaria;3) la CTP di Bari, con sentenza n. 420/22/14, aveva dichiarato inammissibile, per tardività, il ricorso depositato il 22.2.2012, avuto riguardo alla incontestata data di notifica (22.12.2011) dell’avviso presso la sede della società, essendo irrilevante la successiva data (29.12.2011) di notifica del medesimo atto presso la residenza del legale rappresentante della stessa; 4) avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello la società contribuente, insistendo sulla tempestività del ricorso originario, dovendo il dies a quo essere individuato il 29.12.2011, quale data di notifica dell’avviso al legale rappresentante della società contribuente; 5) aveva controdedotto l’Ufficio chiedendo la conferma della sentenza impugnata;
-in punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che: 1) la “contestuale” notifica dell’avviso di accertamento, effettuata (il 29.12.2011) ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, secondo periodo, , al legale rappresentante della società, non poteva pregiudicare la notifica andata a buon fine effettuata (il 22.12.2011) nella sede legale della società, ai sensi del comma 1, primo periodo, dell’art. 145 c.p.c.; 2) la formulazione del nuovo art. 145 c.p.c. non sembrava escludere la coesistenza del modo di notifica classico alle persone giuridiche e la possibilità di eseguire “contestualmente”la notifica “alla persona fisica che rappresenta l’ente, qualora nell’atto da notificare sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale”, essendo, in forza dell’art. 145 c.p.c., u.c., scandito il diverso passaggio del procedimento di notifica ” Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti.. può essere eseguita anche a norma…”; 3) né la contribuente aveva fornito alcuna motivazione logica per sostenere che la notifica effettuata nella sede della società, nonostante perfezionatasi secondo legge, dovesse essere “sacrificata” per la sopravvivenza di quella effettuata alla persona fisica che rappresenta l’ente; 4) ogni altra eccezione proposta rimaneva assorbita;
– avverso la sentenza della CTR, la società propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.
CONSIDERATO
Che:
– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, art. 145 c.p.c., per avere la CTR rigettato il gravame nonostante la tempestività del ricorso introduttivo proposto nel termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 di sessanta giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento, in data 29.12.2011, al legale rappresentante della società contribuente presso la sua residenza; con ciò, ad avviso della ricorrente, erroneamente considerando quale atto di accertamento valido solo quello notificato il 22.12.2011 presso la sede della società e negando alcun effetto giuridico al secondo atto accertativo notificato il 29.12.2011;
– il motivo è infondato;
– dalla sentenza impugnata si evince che la CTR ha confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto tardivamente il 22.1.2012 avverso l’avviso di accertamento notificato, a mezzo servizio postale, “contestualmente”, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, presso la sede della società contribuente in data 22.12.2011, e presso la residenza del legale rappresentante della stessa in data 29.12.2011, considerando dies a quo per la decorrenza del termine di impugnazione, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, la data (22.12.2011) di notifica dell’atto presso la sede della società;
– in tema di notificazioni ad una persona giuridica, ed alla stregua dell’art. 145 c.p.c., comma 1, nel testo dettato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, applicabile “ratione temporis”, la notifica alla persona fisica che la rappresenta può avvenire, alternativamente, con la consegna dell’atto presso la sede della società, ovvero, quando in esso ne siano specificati residenza, domicilio e dimora abituale, con le modalità prescritte dagli artt. 138,139 e 141 c.p.c., dovendo altresì ritenersi possibile, in assenza di un espresso divieto di legge, la notifica all’amministratore tramite il servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c. (Cass. Sez. 6 – L, Ord. n. 30882 del 22/12/2017; Cass. n. 22957 del 2012; Cass. n. 18762 del 2011); E’ stato infatti chiarito che tema di notificazione degli atti alle persone giuridiche “.. l’art. 145 c.p.c. nella formulazione attualmente vigente ed applicabile alla fattispecie de quo, prevede, due modalità alternative da tentarsi prioritariamente: la notificazione nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede; la notificazione, a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale. Solo nel caso in cui la consegna dell’atto non possa essere effettuata con tali modalità è previsto, sempre che nello stesso risultino l’identità e la qualità della persona fisica che rappresenta l’ente nonché uno dei luoghi indicati, che la notifica possa essere fatta a quest’ultimo con le modalità di cui all’art. 140 o 143 c.p.c.(Cass. n. 18762 del 2011);
– nella specie, essendo la notifica dell’atto impositivo avvenuta sia, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, primo periodo, presso la sede della società contribuente che, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, secondo periodo, presso la residenza del legale rappresentante della stessa, stante la alternatività delle due modalità di notifica prevista dal detto articolo, comma 1, l’incontestato perfezionamento della prima in data 22.12.2011 (mediante ritiro del plico presso l’Ufficio postale a cura del socio unico) rende tamquam non esset la seconda notifica perfezionatasi in data 29.12.2011- e non già, come denunciato dalla ricorrente “il secondo atto accertativo, notificato il 29.12.2011”-; da qui la decorrenza del termine per impugnare, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, dalla data della notifica dell’avviso perfezionatasi per prima il 22.12.2011, presso la sede della società, con conseguente intempestività del ricorso originario proposto il 22.2.2012;
– con il secondo avviso, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 e art. 153 c.p.c., comma 2, per avere la CTR rigettato l’appello, confermando la sentenza di primo grado di inammissibilità del ricorso originario per tardività, senza disporre la rimessione in termini della società, richiesta ai sensi dell’art. 153 c.p.c., comma 2, alla luce del comportamento contraddittorio dell’Agenzia che, in violazione dei principi di legittimo affidamento e buona fede, aveva notificato anche il secondo avviso in data 29.12.2011, inducendo la contribuente a ritenersi legittimata ad impugnarlo nel termine di legge decorrente da tale data, incorrendo, in tal modo, in un errore scusabile;
-con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTR omesso di pronunciare sulla specifica richiesta di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c., comma 2, alla luce del comportamento forviante tenuto dall’Ufficio, in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, il quale, nel notificare un secondo avviso di accertamento in data indicandovi anche la facoltà di proporre, avverso lo stesso, ricorso-aveva indotto la contribuente in un errore scusabile;
– con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTR omesso di pronunciare sugli specifici motivi di impugnazione proposti dalla contribuente quali, da un lato, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 per essere l’atto impositivo carente nella motivazione e privo dell’allegazione del correlato p.v.c., dell’art. 2729 c.c., essendo l’accertamento fondato su mere presunzioni non aventi i caratteri di gravità, precisione e concordanza, e, dall’altro, la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e art. 2697 c.c. per avere l’Ufficio erroneamente disconosciuto la detraibilità dell’Iva senza provare la sussistenza di una frode fiscale e la partecipazione ad essa della contribuente; inoltre, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di giudicato esterno, ex art. 2909 c.c., alla luce della sentenza della CTR della Puglia n. 1006/15/14, divenuta definitiva, che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, per l’anno 2007, sulla base degli stessi presupposti;
– i motivi secondo, terzo e quarto – da trattare congiuntamente per connessione- sono infondati il terzo e il quarto, inammissibile il secondo;
– nella sentenza impugnata, la CTR ha rigettato l’appello, confermando la sentenza di primo grado, ha analizzato la questione processuale, ritenuta assorbente, di inammissibilità del ricorso originario per tardività, e ha assorbito ogni altra eccezione proposta, con ciò, implicitamente rigettandole, in applicazione del principio di diritto di questa Corte secondo cui “La figura dell’assorbimento in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre è in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa” (Sez. 1 -, Ordinanza n. 28995 del 12/11/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 33764 del 19/12/2019; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2334 del 03/02/2020); da qui la mancata configurabilità del vizio di omessa pronuncia – denunciato con il terzo e il quarto motivo- sulle censure rimaste assorbite;
-inammissibile si profila poi il secondo motivo, essendo la motivazione della decisione implicita di rigetto della domanda assorbita di rimessione in termini soltanto quella dell’assorbimento, censurabile esclusivamente sotto profilo della correttezza della valutazione di assorbimento con il vizio di omessa motivazione (v. Cass. n. 26152 del 2019) ovvero sotto quello della erroneità dell’assorbimento medesimo (Cass. Sez. L, Sentenza n. 12193 del 22/06/2020);
– in conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato;
– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese di giudizio di legittimità che liquida in complessive Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, della sussistenza deì presupposti processualì per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021
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