LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 25622-2016 r.g. proposto da:
IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L., (cod. fisc. P.Iva *****), in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. P.M., con sede a *****, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Ermanno Ciampini, presso il cui studio elegge domicilio in Milano, Via Besana n. 11;
– ricorrente –
contro
BANCA POPOLARE DI SONDRIO soc. coop. per azioni, (cod. fisc.
*****), con sede in *****, in persona dei legali rappresentanti pro tempore Rag. N.L. e Dott. Pi.Gi., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Luigi Guidi, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Monza, Via Montelungo n. 18;
– controricorrente –
contro
P.M. e M.M.G.;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte di appello Milano, depositata in data 16.6.2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/3/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.
RILEVATO
CHE:
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano ha rigettato l’appello principale proposto da IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. nei confronti di BANCA POPOLARE DI SONDRIO soc. coop. per azioni, M.M.G. e P.M., nonché l’appello incidentale, confermando pertanto la sentenza emessa dal Tribunale di Monza in data 18.3.2014.
2. La corte del merito ha in primo luogo ricordato la vicenda processuale oggi sub iudice, evidenziando che: i) la BANCA POPOLARE DI SONDRIO aveva convenuto in giudizio P.M., l’IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. e M.M.G., sostenendo: a) di essere titolare nei confronti di P.M. del credito di Euro 601.205,07, portato dal decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Monza, corrispondente al saldo debitore del conto corrente acceso presso la filiale di ***** della società ***** s.r.l. (poi dichiarata fallita con sentenza n. 143/2010 dal Tribunale di Monza), relativamente al quale P. aveva prestato fideiussione; b) che P., pur consapevole della propria esposizione debitoria, aveva stipulato il 27 luglio 2009 un contratto preliminare di vendita di beni immobili di sua proprietà siti in ***** e ***** in favore della società IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L., cui aveva fatto seguito il contratto definitivo in data 19.4.2011; c) che l’intento fraudolento del P. sarebbe stato evincibile: comma 1) dall’atto di cessione di parte del credito oggetto della compravendita con Immobiliare Acero Rosso di Euro 430.000,00 alle società di diritto lussemburghesi Zenyada S.A. e Armai S.A., società fiduciarie intestate al P. e alla sorella, e socie uniche a quota paritaria di IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L., con la intenzione che il credito ceduto potesse essere utilizzato come finanziamento soci a favore della società; comma 2) dal preliminare intercorso tra IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. e M.M.G. in data 27 aprile 2011 con il quale la prima aveva disposto dell’immobile oggetto della precedente compravendita con P.M.; ii) la BANCA POPOLARE DI SONDRIO chiedeva pertanto, sulla base di tali premesse fattuali e degli stretti rapporti intercorrenti tra i convenuti, la dichiarazione di inefficacia bei suoi confronti degli atti di compravendita impugnati; ovvero la dichiarazione di nullità degli stessi per difetto di causa, ovvero illiceità del motivo comune ad entrambe le parti ex artt. 1418 e 1354 c.c., nonché in via subordinata di accertare e dichiarare la simulazione assoluta di tali atti dispositivi ex art. 1414 c.c. e art. 1415 c.c., comma 2; iii) M.M.G., oltre a contestare la fondatezza della domanda avanzata nei suoi confronti, formulava domanda riconvenzionale al fine di ottenere la risoluzione del contratto preliminare intercorso con IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L., per eccessiva onerosità ovvero l’annullamento per vizio del consenso e in via subordinata la risoluzione per inadempimento, con conseguente condanna di quest’ultima alla restituzione in suo favore dell’importo di Euro 176.695 versato in esecuzione del preliminare; iv) il Tribunale di Monza emetteva sentenza n. 1039/2014, con la quale dichiarava l’inefficacia dei confronti della BANCA POPOLARE DI SONDRIO dell’atto dispositivo di cui al contratto di trasferimento immobiliare intercorso tra P.M. e IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. e la risoluzione del contratto preliminare intercorso tra quest’ultima società e M.M.G., con conseguenziale condanna della società promissaria alienante alla restituzione della somma sopra indicata e già versata come anticipo del corrispettivo della programmata compravendita; v) avverso tale ultima sentenza proponeva appello principale la IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. – con il quale s interponeva gravame sia in relazione al capo inerente le domande revocatorie proposte dalla BANCA POPOLARE DI SONDRIO sia in ordine a quello inerente le domande riconvenzionali proposte da M.M.G. – e proponeva altresì appello incidentale tardivo la BANCA POPOLARE DI SONDRIO nei confronti del capo della sentenza che la vedeva soccombente nei confronti di IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. e di M.M.G., in merito alle domande di revocatoria ovvero estensione della revocatoria o di simulazione del contratto preliminare intercorso tra gli stessi.
La corte di appello ha ritenuto che il credito della banca era sorto in epoca precedente all’atto dispositivo di P. poiché il conto corrente della debitrice principale, immobiliare ***** s.r.l., era stato aperto nel 2004 con contestuale affidamento e rilascio della fideiussione da parte del P., dovendosi pertanto far riferimento a quest’ultimo momento per valutarsi la nascita del credito e pertanto la sua anteriorità rispetto all’atto dispositivo; ha inoltre osservato che P., prima della conclusione con IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. del preliminare del 27.7.2009, era consapevole della grave situazione finanziaria in cui versava Immobiliare ***** e pertanto della propria esposizione debitoria quale fideiussore e che, assunto il contratto definitivo di compravendita del 19 aprile 2011 quale riferimento per valutare la sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria, P. aveva consapevolmente depauperato il proprio patrimonio rendendo difficoltoso per il creditore il soddisfacimento del proprio credito; che tale consapevolezza era comune sia al debitore che al terzo sin dal tempo della stipula del preliminare nel 2009, poiché pianamente provata l’esistenza di legami tra P. e IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L., al punto da far ritenere che la vendita era stata realizzata, dietro lo schermo societario, in favore di se stesso; ha inoltre osservato che l’intento fraudolento di entrambi le parti era evincibile dal fatto che il P., oltre ad essersi spogliato con un unico atto dispositivo di tutti i suoi beni, non aveva neanche concretamente riscosso il corrispettivo della vendita, pattuito in Euro 950.000, in quanto l’ammontare di Euro 430.000 (che residuava dall’accollo dei mutui esistenti sugli immobili) era stato fatto oggetto di cessione a favore delle due società lussemburghesi, socie uniche della Acero Rosso; ha inoltre evidenziato che quest’ultima società, quale terzo acquirente, era ben consapevole delle ragioni di credito vantate dal ceto creditorio di Immobiliare *****, e ciò anche in ragione del fatto che la società era partecipata dal P. e dalla sorella per mezzo delle società fiduciarie; ha inoltre ritenuto infondato l’appello proposto da IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. in relazione alla dichiarazione di risoluzione del contratto preliminare, appello fondato sulla eccepita extrapetizione del giudice di prime cure che peraltro avrebbe, nel merito, errato nella parte in cui aveva ritenuto che la parte promittente venditrice non era comunque più proprietaria dell’immobile oggetto di promessa di vendita in seguito alla revocatoria del primo trasferimento immobiliare in favore di IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L.; ha tuttavia precisato che, se era pur vero che l’effetto dell’accoglimento della domanda revocatoria si concentrava solo sulla dichiarazione di inefficacia relativa dell’atto di disposizione patrimoniale nei confronti del creditore procedente, non privando della titolarità del bene l’acquirente del bene oggetto dell’azione revocatoria, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento si legittimava in virtù dell’accertata assenza di buona fede del promittente alienante (IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L.) nel trasferire alla M.M.G. un bene che avrebbe potuto essere oggetto dei tentativi recuperatori da parte del fallimento e dei creditori e che peraltro era stato oggetto di promessa in un contratto sottoposto alla condizione sospensiva per la conclusione del definitivo legata alla promessa di liberazione del bene immobile dall’ipoteca gravante sullo stesso; ha inoltre osservato che la situazione era stata aggravata dalla costituzione di un ulteriore vincolo sul bene rappresentato dall’azione revocatoria il cui esito vittorioso aveva privato la M.M.G. del potere di godere della cosa acquistata.
2. La sentenza, pubblicata il 16.6.2016, è stata impugnata da IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui BANCA POPOLARE DI SONDRIO soc. coop. per azioni ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto anche ricorso incidentale.
La società controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, erroneità della sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Osserva la ricorrente che il giudice del gravame avrebbe omesso di considerare la rilevante e decisiva circostanza della trascrizione del contratto preliminare di compravendita immobiliare intercorso tra IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. e M.M.G. prima della trascrizione della domanda revocatoria avanzata ex art. 2901 c.c. dalla banca nei confronti del terzo promissario acquirente dell’immobile, e ciò ai rilevanti effetti descritti dagli artt. 2901 c.c., u.c. e art. 2652 c.c., n. 5, medesimo codice, norma a tenore della quale la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda. Si evidenzia inoltre che la questione sopra evidenziata era stata dedotta come motivo di gravame nel giudizio di appello e che la corte di appello avrebbe omesso di considerare l’esame di un fatto storico (e cioè, trascrizione del contratto preliminare anteriormente alla trascrizione della domanda revocatoria) oggetto di discussione tra le parti e decisivo ai fini della definizione della lite, limitandosi la corte territoriale, sul punto qui in esame, solo a decidere (accogliendola) la domanda riconvenzionale trasversale presentata da M.M.G. nei confronti della società promittente alienante IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. Osserva ancora la società ricorrente che l’inopponibilità ex art. 2645bis c.c. alla promissaria acquirente M. degli effetti dell’accoglimento della domanda revocatoria proposta da BPS contro l’atto derivativo P./Acero Rosso era un aspetto decisivo che, qualora fosse stato tenuto in considerazione, avrebbe modificato il decisum quantomeno in relazione alla domanda trasversale riconvenzionale proposta da M..
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. Si evidenzia che la corte di appello avrebbe desunto dalle conclusioni rassegnate in primo grado dalla M. che quest’ultima aveva proposto una domanda di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento di Acero Rosso, sottolineando peraltro che il Tribunale di Monza aveva invece accolto la domanda di risoluzione del contratto preliminare sotto la diversa egida applicativa dell’art. 1478 c.c. (avendo ritenuto il giudice di prima istanza la proprietà dell’immobile di un soggetto diverso rispetto a quello che aveva promesso la vendita dell’immobile alla M.). Osserva ancora la ricorrente che la M. aveva proposto una serie di domande in primo grado per ottenere, da un lato, l’annullamento del contratto per errore essenziale ex art. 1429 c.c., n. 3 ovvero la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 c.c. e, dall’altro, solo in via gradata e subordinata alla ipotesi di accoglimento della domanda attorea ex art. 2901 c.c., u.c., la risoluzione per inadempimento addebitabile alla promittente venditrice IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L.. Si evidenzia ancora che la domanda di risoluzione della M. era stata proposta solo nell’ipotesi in cui gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione avessero determinato l’opponibilità alla stessa dell’inefficacia dell’atto. Osserva, inoltre, la società ricorrente che lo scioglimento del vincolo contrattuale del negozio preliminare per inadempimento imputabile ad Acero Rosso (in seguito alla dichiarata risoluzione giudiziale) derivava non tanto dalla concreta possibilità di stipulate il rogito definitivo, ma perché nella ritenuta ottica di mala fede precontrattuale di Acero Rosso l’esito vittorioso della revocatoria aveva contribuito al venir meno della ragione economica per la quale la promissaria acquirente (la M.) aveva stipulato. Puntualizza ancora la ricorrente che la corte di appello non avrebbe accertato se la trascrizione del contratto preliminare avesse reso inopponibili o meno alla M. gli effetti della domanda revocatoria, e ciò sia nei termini della devoluzione dell’appello e sia in relazione alle statuizioni del primo giudice, decidendo diversamente su un tema di indagine mai esaminato nell’ambito del giudizio di merito già in primo grado. Rileva inoltre la società ricorrente che la violazione del dovere giuridico di buona fede era una circostanza mai allegata da nessuna parte processuale ed il relativo esame aveva violato il principio di immutabilità dei fatti allegati nel giudizio, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, posto che la corte territoriale chiamata a pronunciarsi sull’opponibilità della revocatoria alla M. (questo era il limite della devoluzione) aveva invece dichiarato la risoluzione del contratto preliminare per violazione della buona fede contrattuale, ampliando in modo inammissibile la materia del contendere rispetto al giudizio di primo grado.
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell’art. 2645 bis c.c. e art. 2652 c.c., n. 5.
4. Il quarto mezzo denuncia inoltre falsa applicazione degli artt. 1453 c.c. e art. 1455 medesimo codice, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si evidenzia che la violazione della buona fede, come regola di condotta imputabile ai fini del contestato inadempimento, avrebbe dovuto manifestarsi in una concreta alterazione del sinallagma contrattuale che invece la stessa corte territoriale aveva rilevato solo in termini ipotetici, e cioè nei termini di un mero rischio che il bene immobile oggetto di promessa di vendita potesse essere aggredito dai creditori, posto che, allorquando sussiste il pericolo attuale e concreto di evizione, è concesso comunque al promittente acquirente la facoltà di rifiutarsi di concludere il contratto definitivo fino a quando non venga eliminato il pericolo.
5. Il ricorrente propone infine un quinto motivo di censura con il quale declina, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., n. 1, in relazione alla valutazione dell’accertata anteriorità del credito rispetto all’atto dispositivo oggetto della domanda revocatoria.
6. Il ricorso principale è fondato nei limiti qui di seguito precisati.
Deve essere esaminato per primo, in ragione della sua pregiudizialità, il secondo motivo il cui accoglimento assorbe, peraltro, l’esame del primo, terzo e quarto motivo.
6.1 Come correttamente rilevato anche dalla Corte di merito, l’accoglimento innanzi al giudice di prime cure della domanda di risoluzione del contratto preliminare era fondato sulla base di un’argomentazione giuridica errata, e cioè sulla malintesa efficacia dell’accoglimento della domanda revocatoria che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, si limita a rendere inopponibile al creditore procedente l’atto dispositivo del debitore depauperativo del patrimonio di quest’ultimo, di talché il richiamo all’art. 1478 c.c. e alla vendita di un bene di proprietà altrui risultava essere argomento fuorviante ai fini della valutazione dell’eccepito inadempimento del promittente venditore agli obblighi discendenti dal contratto preliminare.
6.2 La Corte di appello ha invece accolto la domanda di risoluzione del contratto preliminare, già oggetto della domanda riconvenzionale trasversale della M., sulla base del diverso profilo dell’accertata mala fede del promittente alienante (IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L.) agli obblighi di trasferimento di un bene promesso in vendita libero da trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli. Emerge, peraltro, dalla lettura della sentenza impugnata che tale capo della sentenza di primo grado era stato oggetto di motivo di gravame da parte di IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L., oggi ricorrente, anche per il vizio di extrapetizione in riferimento al contenuto stesso della domanda riconvenzionale che sarebbe stata articolata come domanda di annullamento per vizio essenziale ex art. 1429 c.c., n. 3, come domanda di risoluzione per eccesiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c. e solo in via gradata e subordinata come domanda di risoluzione per inadempimento nella ipotesi in cui fosse stata accolta la domanda revocatoria ex art. 2901 c.c., u.c., avanzata da parte della banca nei confronti della M.M.G., quale terza promissaria acquirente del bene immobile già colpito efficacemente dalla domanda revocatoria avanzata in riferimento al primo atto dispositivo intervenuto tra P., debitore (quale fideiussore della Immobiliare ***** s.r.l.) dell’istituito di credito, e IMMOBILIARE ACERO ROSSO S.R.L. (poi promittente alienante del medesimo bene).
6.3 Orbene, risulta circostanza non contestabile quella secondo cui la domanda di estensione della revocatoria ex art. 2901 c.c., u.c., avanzata nei confronti della M.M.G., in relazione al più volte ricordato contratto preliminare, era stata rigettata dal primo giudice per la mancata dimostrazione della mala fede della terza acquirente (rectius, della terza promissaria acquirente) e perché, in relazione all’impugnato contratto preliminare, non era rintracciabile un atto dispositivo suscettibile di essere sottoposto a revocatoria da parte dei creditori. Ne consegue che la domanda di risoluzione del contratto preliminare, avanzata espressamente dalla M.M.G. solo in via gradata e subordinatamente all’accoglimento della diversa domanda ex art. 2901 c.c., u.c., avrebbe dovuto essere esaminata funditus dalla corte di appello solo dopo l’eventuale accoglimento della domanda revocatoria (ovvero di simulazione) avanzata anche nei confronti della M., domanda in relazione alla quale la Banca Popolare di Sondrio aveva proposto appello incidentale tardivo, ritenuto invece assorbito dal preliminare esame ed accoglimento della domanda di risoluzione del contratto preliminare.
Ne consegue che il pregiudiziale esame ed accoglimento da parte della corte di merito della domanda di risoluzione, già avanzata in via riconvenzionale trasversale (e subordinatamente all’eventuale accoglimento della domanda revocatoria ex art. 2901 c.c., u.c., ovvero di simulazione), in mancanza del predetto accoglimento e dell’esame del motivo di appello incidentale tardivo avanzato dalla banca creditrice, integra il denunziato vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c.
6.4 Il quinto motivo è invece infondato.
Sul punto, occorre ricordare la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte (e alla quale si è adeguato anche il decisum della Corte territoriale qui impugnata) secondo cui l’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la semplice esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità, con la conseguenza che, concessa fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse all’apertura di credito regolata in conto corrente, gli atti dispositivi del fideiussore successivi alla detta apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al mero requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (“scientia damni”) ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento, giacché l’insorgenza del credito deve essere apprezzata con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell’effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione (cfr. Sez. 6-3, Ordinanza n. 10522 del 03/06/2020).
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio giurisprudenziale ora ricordato secondo cui, in tema di azione revocatoria, la relazione cronologica fra il credito tutelato`’-dzillatto impugnato per revocazione va apprezzata con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, del tempo dell’effettivo prelievo da parte dell’accreditato. Come affermato da questa Corte Sez. 3, Sentenza n. 9349 del 27/06/2002, l’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità, con la conseguenza che, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse all’apertura di credito regolata in conto corrente, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all’apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, (Sez. 3, Sentenza n. 762 del 19/01/2016 Sez. 3, Sentenza n. 8680 del 09/04/2009 Sez. 3, Sentenza n. 9349 del 27/06/2002).
7. Il ricorso incidentale propone due motivi di censura.
7.1 Con il primo si deduce la nullità della sentenza per difetto del requisito di forma indispensabile ex art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perché vi sarebbe un contrasto insanabile tra la motivazione della sentenza (ove si afferma che i motivi di censura di cui all’appello incidentale tardivo erano da considerarsi assorbiti) ed il dispositivo (ove invece l’appello incidentale della banca veniva invece rigettato).
7.2 Con il secondo si deduce la nullità della sentenza per difetto di requisito di forma indispensabile ex art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c.ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, , in relazione alla censura sollevata nell’appello incidentale tardivo presentato dalla BPS riguardo alla doglianza di violazione degli artt. 112 e 276 c.p.c. ed in ordine al rilievo della pregiudizialità logica della necessità di affrontare da parte del giudice di prime cure per prima la domanda di risoluzione del contratto preliminare avanzata dalla M. con la domanda riconvenzionale trasversale e di dichiarare l’assorbimento delle ulteriori domande avanzate dalla Banca dirette alla revocatoria ex art. 2901 c.c. ovvero alla dichiarazione di simulazione del contratto preliminare anziché, come avvenuto, il rigetto delle domande stesse. Si evidenzia che anche su quest’ultima censura – oggetto di motivo di appello incidentale – la Corte di appello aveva dichiarato l’assorbimento, con ciò incorrendo nel vizio di omissione radicale di motivazione, posto che il predetto motivo di gravame non era dipendente né legato da un nesso logico inscindibile con l’appello di Immobiliare Acero Rosso e conseguenzialmente la dichiarazione di assorbimento rappresentava statuizione censurabile.
7.3 La BPS propone inoltre – come ricorso incidentale tardivo condizionato tutti i motivi di appello incidentale già proposti innanzi alla Corte di appello e ritenuti da quest’ultima assorbiti.
7.4 Il primo motivo di ricorso incidentale è fondato, in quanto dalla lettura incrociata della motivazione e del dispositivo della sentenza impugnata emerge l’insanabile contrasto tra quanto affermato nella motivazione (ove l’appello incidentale tardivo della banca era stato dichiarato assorbito) e quanto indicato nel dispositivo (ove, in relazione al medesimo appello, era stata riportata una decisione di rigetto).
7.5 Il secondo motivo del ricorso incidentale è invece anch’esso assorbito dall’accoglimento del ricorso principale.
7.6 Il ricorso incidentale tardivo condizionato va invece dichiarato inammissibile per carenza di interesse, riguardando questioni che potranno essere riproposte innanzi al giudice del rinvio (cfr. Cass. 8817/2012), che deciderà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo del ricorso principale; rigetta il quinto motivo e dichiara assorbiti i restanti motivi sempre del ricorso principale; accoglie altresì il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo motivo e inammissibile il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021
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