LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30621-2019 proposto da:
P.S., D.L.A., P.D., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIOVANNI BEITOLO 6, presso lo studio dell’Avvocato ROBERTO CHIARI, rappresentati e difesi dall’Avvocato ANGELO PETRACCA;
– ricorrenti –
contro
INTESA SAN PAOLO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI, N. 15, presso lo studio dell’Avvocato BENEDETTO GARGANI, rappresentata e difesa dall’Avvocato WALTER U. LIACI;
– controricorrente –
contro
NEPRIX SRL” nella sua qualità di procuratrice e mandataria di APORTI SRL” in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PAGANO 68, presso lo studio dell’Avvocato ELISABETTA DE LUCA RAPONI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
BANCO DI NAPOLI SPA, UNICREDIT SPA;
– intimate –
avverso la sentenza n. 710/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 02/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.
RITENUTO IN FATTO
– che P.D., P.S. e D.L.A. ricorrono, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 710/19, del 2 luglio 2019, della Corte di Appello di Lecce, che -rigettando il gravame dagli stessi esperito contro la sentenza n. 3761/16, del 5 settembre 2016, del Tribunale di Lecce – ha accolto l’azione revocatoria esperita, nei confronti degli odierni ricorrenti, dalle società Banco di Napoli S.p.a. (oggi divenuta, attraverso varie vicende societarie, Intesa San Paolo S.p.a.) e Unicredit S.p.a.;
– che, in punto di fatto, i ricorrenti premettono “la conoscenza dei fatti così come verificatosi richiamando tutti gli atti a difesa”, ai quali “per brevità” essi si sono riportati “integralmente”;
– che avverso la sentenza della Corte salentina i P. e il D. ricorrono per cassazione, sulla base – come detto – di cinque motivi;
– che il primo motivo denuncia “nullità della fideiussione” e “inesistenza obbligazioni in testa al fideiussore”;
– che il secondo motivo denuncia “erronea, contraddittoria e carente motivazione della sentenza in ordine alla valutazione circa l’eccezione di nullità della fideiussione e inesistenza del credito in testa a Unicredit S.p.a. e Banco di Napoli S.p.a. e conseguente carenza di legittimazione attiva dei predetti istituti di credito”;
– che il terzo motivo denuncia “erronea, contraddittoria e carente motivazione della sentenza sia in ordine alla eccezione di decadenza della fideiussione per decorrenza del termine previsto ex art. 1957 c.c., sia in ordine alla conseguente eccezione di difetto assoluto di legittimazione attiva in testa a Unicredit S.p.a. e Banco di Napoli S.p.a.”;
– che il quarto motivo denuncia “erronea, contraddittoria e carente motivazione della sentenza in ordine al rigetto dell’eccezione di inammissibilità della domanda revocatoria dell’atto costitutivo di Trust”;
– il quinto motivo denuncia “assoluta erroneità della sentenza nella parte in cui dispone la revoca dell’atto istitutivo di Trust”;
– che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, la società Neprix S.r.l. (nella sua qualità di mandataria e procuratrice della società Aparti S.r.l., cessionaria del credito di Unicredit), chiedendo che la stessa venga dichiarato inammissibile, per difetto di autosufficienza e carenza di specificità dei motivi, o comunque rigettata;
che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, anche la società Intesa San Paolo, chiedendo che lo stesso venga rigettato;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 26 novembre 2020.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso è inammissibile, a norma dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3);
– che esso non reca alcuna esposizione dei fatti oggetto del giudizio, tanto che per “la conoscenza dei fatti così come verificatosi” i ricorrenti richiamano “tutti gli atti a difesa”, ai quali “per brevità” essi si sono riportati “integralmente”;
– che come affermato, a più riprese, da questa Corte, quello della esposizione sommaria dei fatti di causa, ponendosi quale specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una narrazione idonea a garantire al giudice di legittimità “di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia ed oggetto di impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata” (Cass. Sez. Un., sent. 18 maggio 2006, n. 11653, Rv. 588760-01);
– che la prescrizione di tale requisito “risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato” (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2003 n. 2602, Rv. 560622-01);
che, di conseguenza, perché possa ritenersi soddisfatto il requisito “de quo” occorre che il ricorso per cassazione rechi “l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito” (Cass. Sez. 6-3, ord. 3 febbraio 2015, n. 1926, Rv. 634266-01; in senso analogo pure Cass. Sez. 3, ord. 9 marzo 2018, n. 5640, Rv. 648290-01);
che resta, infine, inteso che detto requisito “deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato da altri atti, quali la sentenza impugnata o il controricorso, perché la causa di inammissibilità non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo, peraltro, riferibile ad un unico atto” (Cass. Sez. 6-3, ord. 22 settembre 2016, n. 18623, Rv. 642617-01);
– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
– che in ragione della declaratoria di inammissibilità del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile, condannando P.D., P.S. e D.L.A. a rifondere, alle società Intesa san Paolo S.p.a. e Neprix S.r.l., le spese del presente giudizio, che liquida, per ciascuna di esse, in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché 15% per spese generali più accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2021