LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11722-2020 proposto da:
D.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Giammarino;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato per legge in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– intimato –
avverso l’ordinanza N. CRONOL. 2703/2020 del Tribunale di Napoli, depositata il 26/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 15/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. SCALIA LAURA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. D.A., cittadino del Mali, ricorre per la cassazione dell’ordinanza in epigrafe indicata con cui il Tribunale di Napoli, nel pronunciare ex art. 702-bis c.p.c., ha rigettato il ricorso dal primo proposto avverso il parere negativo al rinnovo del permesso di soggiorno per protezione speciale che la competente commissione territoriale di Caserta aveva espresso il 21 maggio 2019 e che la Questura gli aveva notificato il successivo 3 giugno 2019.
2. Il tribunale ha ritenuto che avendo assunto l’iniziativa di procedere, nei confronti del richiedente, alla notificazione del parere della competente commissione territoriale, la Questura di Avellino, organo legittimato a pronunciare sull’istanza di rinnovo del precedente permesso conseguito dal ricorrente per ragioni umanitarie D.P.R. n. 394 del 1999 ex art. 9, avesse fatto proprio il provvedimento consultivo endo-procedimentale previsto dal D.L. n. 113 del 2018, art. 1, comma 8, attribuendogli natura decisoria e rendendolo, come tale, contestabile dinanzi al giudice ordinario.
Sull’indicata premessa è stata ritenuta la ricorribilità del provvedimento D.Lgs. n. 150 del 2011 ex art. 19-ter.
Nel resto il tribunale ha apprezzato l’infondatezza della domanda nelle stimate condizioni del Paese di provenienza del richiedente e, anche, nella rilevata carenza di deduzioni dell’istante.
3. Nel proposto mezzo il ricorrente solleva due questioni di legittimità costituzionale ed articola tre motivi di ricorso.
3.1. I dubbi di costituzionalità del ricorrente investono, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, dell’art. 24Cost., commi 1 e 2, e dell’art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7: a) nella parte in cui si stabilisce che il termine per proporre ricorso per cassazione sia di giorni trenta (e non, quanto meno, di sessanta) e decorre dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado; b) nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato.
3.2. Le questioni sollevate sono irrilevanti; la ragione è duplice.
Il rito osservato non è quello segnato dalle previsioni della cui legittimità costituzionale si dubita (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis); in ogni caso, il ricorso è stato introdotto tempestivamente nell’osservanza delle previsioni della norma elevata a sospetto (trenta giorni dalla comunicazione); la procura alle liti contiene l’attestazione della data della procura speciale.
4. Ciò posto, venendo ai motivi.
5. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 7, 2 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 8, e art. 2, dell’art. 10 Cost., della direttiva n. 2004/83/CE, dell’art. 8 della direttiva n. 2001/95/UE, dell’art. 3 CEDU.
Il Paese di origine del richiedente, il Mali, era, secondo i reports elaborati dalle organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani e dalla Farnesina, fortemente caratterizzato da un pregiudizio alle libertà democratiche riconosciute dal nostro ordinamento.
Il motivo è inammissibile perché generico e non si confronta con la motivazione impugnata e con le rationes decidendi esposte, secondo le quali il tribunale: da una parte valorizza la mancata indicazione ad opera del richiedente il permesso per ragioni umanitarie della zona di provenienza – nella esposta diversificata situazione in cui versa il Mali nelle sue articolazioni territoriali – e, ancora, la mancata indicazione dell’epoca in cui il richiedente ha esercitato il diritto al rinnovo del permesso di soggiorno e quindi, anche, delle evidenze che sarebbero valse ad individuare il precedente titolo, premessa della nuova domanda.
6. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione ed errata interpretazione del D.L. n. 113 del 2018, in vigore dal 5 ottobre 2018 e dell’art. 11 preleggi e dell’art. 2 Cost. e dell’art. 10 Cost., comma 3, e della Convenzione di Ginevra e denuncia l’eccesso di potere in cui era incorso il provvedimento impugnato e la violazione del principio di non respingimento.
La Commissione territoriale, il cui provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno era stata impugnato, aveva ritenuto erroneamente l’applicazione del D.L. n. 113 del 2018 in violazione del principio di “non respingimento”, senza valutare che il richiedente era da tempo in Italia, Paese in cui aveva intrapreso un percorso di integrazione. Il giudice avrebbe dovuto procedere anche d’ufficio agli atti di istruzione necessari.
Il motivo è inammissibile perché, generico, non aggredisce direttamente la ratio del provvedimento impugnato, se non per un non meglio definito richiamo all’esercizio in via ufficiosa del potere di istruzione da valere in capo al giudice del merito, e neppure individua del provvedimento amministrativo oggetto della precedente fase, negli effetti le illegittime ricadute. Manca ogni confronto con la giurisprudenza di questa Corte diretta, poi, a segnare i contenuti di quella disciplina ed i suoi termini di efficacia ratione temporis (Cass. SU n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 01).
7. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. f) e g), e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g) e h), e art. 14, e ancora del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.
Il Tribunale aveva rigettato la domanda svolgendo una valutazione parziale ed ipotetica mancando di approfondire la situazione del richiedente e, secondo fonti aggiornate, quella generale esistente nel Paese di provenienza.
Il motivo è ancora generico perché non deduce sulla situazione del richiedente evidenziando quali specifici e personali profili siano mancati nella valutazione del primo giudice ed altrettanto non deduce con riguardo alla situazione esistente nel Paese di origine in relazione alle lesioni dello statuto della dignità della persona, sul cui presupposto riconoscere l’invocata protezione.
La protezione reclamata non risulta peraltro neppure individuata, richiamando il richiedente, nel motivo, la protezione internazionale nelle forme maggiori che, come tale, non risulta essere stata neppure oggetto di domanda nelle precedenti fasi del giudizio.
8. In via conclusiva il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese nella irritualità della costituzione del Ministero intimato.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021