LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. CHIESI Gian Andre – Consigliere –
Dott. D’AURIA G. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28179-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
G.U.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 605/2014 della COMM. TRIB. REG. VENETO, depositata il 07/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/09/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.
FATTI DI CAUSA
La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento (n. *****) con il quale l’Agenzia delle Entrate, in relazione all’anno di imposta 2003, a seguito della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, accertava induttivamente un reddito di impresa pari ad Euro 40476,00, e ai fini iva un imponibile di 409.413,00, provvedendo quindi a calcolare la maggiore imposta dovuta.
A seguito del ricorso del contribuente, la commissione provinciale di Vicenza confermava l’accertamento ai fini irpef, mentre riteneva che ai fini iva il dovuto doveva essere calcolato tenendo conto del cd regime del margine, in quanto l’attività svolta dal contribuente riguardava la compravendita di autovetture usate.
A seguito dell’appello proposto dalla Agenzia dell’Entrate, la CTR di Venezia-Mestre, confermava la decisione di primo grado, in quanto si poteva determinare l’iva dovuta secondo il regime del margine avendo l’ufficio individuato tutti gli acquisti e le vendite.
Propone ricorso in Cassazione l’agenzia delle Entrate, con riferimento alla parte dell’accertamento inerente all’iva, affidandosi ad un unico motivo:
art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e o falsa applicazione del D.L. n. 41 del 1995, art. 36, conv. nella L. n. 85 del 1995.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Premesso quanto sopra, si rileva che la parte ricorrente ha omesso di produrre l’avviso di ricevimento comprovante il positivo esito della notifica del ricorso.
La mancata prova della notifica comporta l’inammissibilità del ricorso, come ritenuto costantemente a partire da S.U. n. 627/08, così massimata: “La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente fino all’adunanza della corte in Camera di consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c.”.
Pertanto, in caso di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito. Il Collegio dichiara pertanto inammissibile il ricorso. Non vi è necessità di provvedere sulle spese.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio riconvocata, il 15 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021