Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22423 del 06/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26465-2019 proposto da:

PAM PANORAMA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA MATTEO FORMICA;

– ricorrente –

contro

O.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIETRO MEROLLI 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO ROSATI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza non definitiva n. 778/2018 depositata il 16/03/2018 e la sentenza n. 1879/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 14/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 3/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

FATTI DI CAUSA

O.L. propose appello avverso la sentenza n. 21149/2016, con la quale il Tribunale di Bologna aveva rigettato la domanda, dalla medesima proposta – ex art. 2051 c.c. o, in subordine, ex art. 2049 c.c. – nei confronti di PAM Panorama S.p.a., di risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro verificatosi in data 9 agosto 2014, allorché l’attrice, mentre si trovava nel reparto “frutta e verdura” del supermercato PAM di via *****, a Bologna, era scivolata a causa della presenza di foglie di verdura bagnate sul pavimento ed aveva riportato lesioni.

L’appellata, costituendosi anche in secondo grado, chiese il rigetto del gravame.

La Corte di appello di Bologna, con sentenza non definitiva del 16 marzo 2018, n. 778/2018, accertò e dichiarò PAM Panorama S.p.a. responsabile del sinistro in questione e rimise la causa in istruttoria, come da separata ordinanza; con successiva sentenza definitiva n. 1879/2019, pubblicata il 14 giugno 2019, condannò l’appellata al pagamento, in favore dell’appellante, della somma di Euro 30.556,59, oltre rivalutazione monetaria e interessi come precisato nel dispositivo di quella sentenza, nonché alle spese del doppio grado del giudizio di merito.

Avverso le sentenze della Corte di appello PAM Panorama S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo, cui ha resistito O.L. con controricorso.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

La società ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso “per inesistenza, o in subordine nullità, della notifica eseguita ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis dall’avvocato mittente in difetto di valida e tempestiva procura alle liti”, sollevata dalla parte controricorrente, risultando dagli atti che detta procura, con sottoscrizione autografa della parte ricorrente e del suo difensore, scansionata, inviata unitamente al ricorso e firmata digitalmente dal medesimo difensore (pdf.pm7) – come riconosciuto dalla stessa controricorrente (v. 9 del controricorso)-, è stata depositata in originale con firme autografe; è stata pure depositata dalla parte ricorrente attestazione di conformità relativa all’esemplare analogico degli atti (ricorso, procura ad litem e relata di notificazione) notificati, in data 17 settembre 2019, in formato digitale a mezzo pec e sottoscritti digitalmente dal notificante, nonché al messaggio pec di invio e alle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna (v. per quanto utile, Cass., sez. un., 27/04/2018, n. 10266; Cass. 29/1/2018, n. 30927; Cass., ord., 18/07/2019, n. 19434).

2. Con l’unico motivo si deduce “Violazione o fa/sa applicazione del principio di cui all’art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c. e art. 111 Cost., con conseguente vizio e/o difetto di motivazione delle sentenze gravate ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. con modifiche dalla L. n. 134 del 2012) per avere ritenuto provato un fatto in difetto di contestazione specifica di parte convenuta nonostante questa non vi avesse assistito”.

1. Il motivo va disatteso.

Ed invero sono infondate le censure motivazionali, essendo la sentenza impugnata supportata da motivazione che non risulta – contrariamente all’assunto della ricorrente – “illogica, incomprensibile e contraddittoria”.

Sono altresì inammissibili le ulteriori censure proposte per difetto di specificità, con conseguente violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non avendo la parte ricorrente riportato testualmente e compiutamente, per la parte che rileva in questa sede, gli atti in base ai quali la Corte di merito ha ritenuto integrata nella specie la non contestazione e in particolare l’atto di citazione (espressamente richiamato dai giudici di merito), al fine di consentire la verifica della specificità dei fatti allegati ex adverso, cui relazionare la specificità della contestazione; neppure sono stati indicati e riportati gli atti dell’attuale ricorrente – sempre per la parte rilevante in questa sede – in cui la PAM Panorama S.p.a.” nei gradi di merito, ha eventualmente tempestivamente sollevato le contestazioni riportate in ricorso ed in particolare quella relativa alla mancata presenza dei dipendenti al fatto (Cass., 13/10/2016, n. 20637), tanto più che la presenza di questi ultimi al verificarsi della caduta in questione risulta essere stata già indicata nell’atto di citazione e in specie nella prova ivi articolata e testualmente riportata nel controricorso (v. anche sentenza non definitiva p. 3). Ne’ a tanto può porsi rimedio con la memoria.

Infine, neppure risulta essere stata compiutamente e specificamente censurata la ratio decidendi della sentenza non definitiva, impugnata unitamente a quella definitiva, nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto non contestata specificamente in secondo grado dall’appellata (ma, anzi, da questa fatta propria) la ricostruzione dell’incidente descritta nella sentenza del Tribunale.

Neppure risulta sussistente la dedotta inversione dell’onere della prova ad opera della Corte territoriale.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per ìl versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021

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