Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.22757 del 12/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7766-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F.P. DE’

CALBOLI, 60, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE D’APOLLONIO, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO GERARDO RAUZZINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6838/2017 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il 25/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2021 dal Consigliere Dott. RAFFAELE MARTORELLI;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha chiesto il rigetto del primo motivo e l’accoglimento del secondo.

FATTI DI CAUSA

M.V., proponeva appello avverso la sentenza n. 1307/2016 sez. 1, emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Avellino, in data *****/, relativa al ricorso proposto contro l’avviso di intimazione con il quale l’Agente della riscossione aveva richiesto il pagamento dell’importo di Euro 66.632,00, con riferimento a 6 cartelle esattoriali Con il predetto ricorso, la M. aveva impugnato l’avviso di intimazione, deducendone la nullità per intervenuta prescrizione dei crediti tributari, attesa la mancata notifica delle cartelle e/o di atti interruttivi entro il termine di prescrizione; nullità dell’avviso per omessa notifica delle cartelle esattoriali.

I giudici di primo grado in parziale accoglimento del ricorso avevano dichiarato dovuto l’importo di Euro 51.348,43, recato da due delle sei cartelle di pagamento oggetto di causa. Per le restanti cartelle, Equitalia non aveva provato la rituale notifica.

Premesso, infatti, che l’atto impugnato faceva riferimento a n. ***** cartelle esattoriali, notificate dall’Ufficio nel periodo intercorrente tra il ***** ed il *****, la CTP rilevava:

– con riferimento alla prima cartella, notificata il *****, che si era verificata la prescrizione del credito, atteso il decorso del termine di prescrizione di 10 anni decorrente dalla data di notifica della cartella e la mancata prova da parte della resistente dell’intervenuta notifica di atti interruttivi della prescrizione;

– per le cartelle notificate in data ***** (n. *****) e in data ***** (n. *****), la resistente Equitalia aveva provato la rituale notifica alla ricorrente.

Nell’atto di appello, innanzi alla CTR Campania la M. contestava, con unico motivo, la decisione relativa alla pretesa tributaria sottesa alle cartelle n. ***** e n. *****, pari ad Euro 51.348,43, sostenendo, da un lato, la mancata prova della loro notifica, dall’altro, che il termine di prescrizione era quinquennale e non decennale come ritenuto in primo grado.

La CTR adita accoglieva l’appello rilevando che in base alle copie degli avvisi di ricevimento prodotti dalla società di riscossione emergeva che, per la cartella di pagamento n. *****, emessa per l’importo di Euro 26.690,52, notificata in data *****, non era leggibile la sottoscrizione del soggetto che avrebbe ricevuto la notifica, né risultavano allegate copie di documenti identificativi. Pertanto, non poteva ritenersi provata l’avvenuta notifica.

In merito alla cartella di pagamento n. *****, emessa per l’importo di Euro 24.657,91, notificata il 26.07.2007, a parte gli estratti ruolo, non si rinvenivano documenti comprovanti l’avvenuta notifica. Pertanto, secondo la CTR, l’unica cartella regolarmente notificata era la n. *****, emessa per l’importo di Euro 1.137,46, notificata il *****, in quanto era presente agli atti copia dell’avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario con firma leggibile, ma non avendo l’Ente riscossione proposto appello incidentale doveva ritenersi, sul punto, passata in giudicato la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto non provata la regolare notifica.

Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Fissato all’udienza pubblica del 4 giugno 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla L. di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte nel senso del rigetto del primo motivo e dell’accoglimento degli altri motivi e del difensore della M., che ha depositato memoria, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

Con il ricorso l’Agenzia deduceva:

1. Nullità della pronuncia per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) (vizio di ultrapetizione con riferimento al proposto motivo d’appello della contribuente volto unicamente a eccepire la prescrizione del credito di cui alla cartella di pagamento n. *****).

Secondo il ricorrente la pronuncia della CTR aveva violato il disposto dell’art. 112 c.p.c.. Infatti, nonostante l’appello della contribuente fosse stato proposto al solo scopo del riconoscimento dell’intervenuta prescrizione quinquennale anziché decennale del credito di cui alla cartella di pagamento n. ***** (e, quindi non era contestata, da parte dell’appellante, della validità della notifica della cartella effettuata nel 2006), il Collegio aveva dichiarato non provata la notifica della predetta cartella (ciò che il contribuente aveva specificamente eccepito in merito all’altra cartella oggetto dell’appello).

Riportava, testualmente il contenuto della censura mossa nell’atto di appello ed eccepiva pertanto il vizio di ultrapetizione che comportava, in parte qua, la nullità della sentenza.

2. Violazione e /o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, seconda parte, e dell’art. 2697 c.c., anche nel relativo combinato disposto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Sempre secondo la ricorrente Agenzia, fermo il precedente motivo di ricorso, in ogni caso, la declaratoria di nullità della notifica postale cartella n. ***** per illeggibilità della sottoscrizione del percipiente, come contenuta nella sentenza detta CTR, si poneva in contrasto con i principi più volte affermati dalla S.C. Infatti, in sede di notifica postale, l’illeggibilità della sottoscrizione apposta sul tagliando di ricevimento non era qualificabile come vizio decisivo. La dichiarazione resa dal postino o dall’ufficiale sulla qualità della persona che riceve l’atto facevano, infatti, piena prova, anche se la sottoscrizione apposta era illeggibile: era, infatti, onere del destinatario dimostrare la non autenticità delta sottoscrizione o l’insussistenza del potere del soggetto che aveva preso in consegna il plico, dovendosi ritenere che, in mancanza di tale prova, la notifica doveva ritenersi valida.

RAGIONI DELLA DECISIONE.

Il primo motivo è inammissibile e, in ogni caso, non fondato. Infatti, va evidenziato il difetto di autosufficienza dello stesso, non risultando una chiara trascrizione dell’atto di appello (riportato per stralci), che consenta una valutazione complessiva della portata devolutiva.

In ogni caso, per quanto si può ricavare dagli atti, dal controricorso si deduce che l’atto di appello, richiamando il contenuto del ricorso di primo grado, ripropone le censure che la CTP non ha accolto e che non risultano essere state abbandonate. Sul punto, in tema di impugnazione nei giudizi di merito, questa Corte ha avuto modo di precisare che “in tema di poteri doveri del giudice d’appello, quando dal complesso delle deduzioni e delle conclusioni contenute nell’atto di appello risulti la volontà di sottoporre l’intera controversia al giudice dell’impugnazione, questi è tenuto a riesaminare anche quelle parti della sentenza di primo grado che non abbiano, a differenza di altre, formato oggetto di specifica trattazione nel suddetto atto, in quanto comunque coinvolte nell’integrale impugnazione della prima pronuncia”. (Cass. n. 17013/2010).

Nel caso esaminato, la Martinetti, “richiamando tutte te deduzioni ed eccezioni formulate nel corso del giudizio di primo grado (quivi da intendersi integralmente riportate e trascritte)”, aveva inteso devolvere al giudice del gravame le plurime doglienze contenute nel ricorso introduttivo riguardo alla sottesa cartella di cui sopra, ossia non soltanto quelle concernenti la prescrizione, ma anche quelle relative alla omessa/irregolare notifica.

Nello stesso senso, si richiama anche Cass. n. 32838 del 2018, che ha ritenuto che, nel processo tributario, stante il carattere devolutivo pieno dell’appello volto ad ottenere il riesame della causa nel merito, l’onere di impugnazione specifica richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, non impone all’appellante di porre nuovi argomenti giuridici a sostegno dell’impugnazione rispetto a quelli già respinti dal giudice di primo grado, specie ove le questioni che formano oggetto del giudizio siano di mero diritto.

Conclusivamente, dal momento che risultano riproposte le censure che la CTP non ha accolto (e che non risultano abbandonate) il motivo va respinto.

Va accolto, invece, il secondo motivo.

L’Agenzia contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26, comma 1, seconda parte, e dell’art. 2697 c.c., il convincimento della CTR, secondo il quale la notifica della cartella in esame sarebbe stata nulla, poiché non era leggibile la sottoscrizione del destinatario e non risultavano allegate le copie dei documenti giustificativi.

Sul punto, si rileva che, come statuito dalle che le S.U. (Cass. n. 9962 del 2010), quando l’atto risulti consegnato all’indirizzo del destinatario a persona che abbia sottoscritto l’avviso di ricevimento, con grafia illeggibile, nello spazio relativo alla “firma del destinatario o di persona delegata”, e non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2, la consegna deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del destinatario, fino a querela di falso, a nulla rilevando che, nell’avviso, non sia stata sbarrata la relativa casella e non sia altrimenti indicata la qualità del consegnatario, non essendo integrata alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 160 c.p.c. (più di recente Cass. n. 4556 del 2020).

Peraltro, non risulta contestato il luogo ove è stata consegnata la raccomandata all’indirizzo del contribuente. Sul punto, sotto altro profilo, va confermato l’orientamento oramai maggioritario, relativo alla presunzione di conoscenza dell’atto.

Infatti, (Cass. n. 29532/20) dal momento che l’atto risulta pervenuto all’indirizzo del destinatario, questo deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo in forza della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se lo stesso destinatario dia prova di essersi incolpevolmente trovato nell’impossibilità di prenderne cognizione (così, da ultimo, Cass., Sez. 3, n. 12883 del 26/06/2020; Cass., Sez. 5, n. 33563 del 28/12/2018; Cass., Sez. 3, n. 15795 del 29/07/2016).

Pertanto, la prova dell’arrivo della raccomandata fa presumere l’invio e la conoscenza dell’atto, mentre l’onere di provare eventualmente che il plico non contenesse l’atto (ipotesi invero nemmeno specificamente dedotta), spetta non già al mittente, ma al destinatario.

Va, quindi, rigettato il primo motivo di ricorso ed accolto il secondo. Conseguentemente, va cassata la sentenza impugnata e ferma la decisione di primo grado relativamente alle cartelle ritenute correttamente notificate rispettivamente il 4/10/2006 ed il 26/7/2007, l’originario ricorso della contribuente va accolto limitatamente ai crediti recati dalle rimanenti cartelle di pagamento.

In ragione dell’evoluzione della vicenda processuale e della parziale soccombenza vanno compensate le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente nei limiti di cui in motivazione.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 4 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021

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