Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.22874 del 13/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22257-2015 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA GIUSEPPE MAZZINI 8 presso lo studio dell’avvocato SIMONA BIANCHI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO MONACELLI;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati ANDREA ROSSI, FRANCESCA SALVATORI che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 402/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 04/07/2014 R.G.N. 165/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/03/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

RILEVATO

che:

con sentenza n. 401 del 2014, la Corte d’appello di Perugia, ha rigettato l’impugnazione proposta da F.A. avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda di surrogazione ex art. 1916 c.c. proposta dall’INAIL nei confronti dello stesso F.A. ed originariamente anche nei confronti degli eredi di F.D. e di INA Assicurazioni s.p.a., in relazione a quanto corrisposto a M.M. in seguito alle lesioni gravissime subite dal medesimo in occasione del sinistro stradale occorso tra la sua autovettura, un trattore ed un rimorchio di proprietà di A. e F.D., rispettivamente conducente e proprietario del mezzo, posto in circolazione senza luci posteriori e supplementari di emergenza;

la Corte d’appello, premesso in fatto che il Tribunale aveva dichiarato estinto il giudizio nei riguardi degli eredi di F.D. e di INA Assicurazioni, ha ritenuto non prescritta l’azione proposta dall’INAIL dovendosi applicare, ai sensi dell’art. 2947 c.c., u.c. il termine di prescrizione previsto per il reato di lesioni gravissime e non quello biennale previsto dall’art. 2947 c.c., comma 2; ciò anche se l’azione penale era stata promossa nei confronti del solo F.D. ed il relativo procedimento si era concluso con la declaratoria di estinzione per morte del reo;

inoltre, la prescrizione era stata interrotta dall’INAIL con plurimi atti di messa in mora posti in essere prima della scadenza del termine quinquennale (e non di sei anni in applicazione del principio del tempus regit actum e non del favor rei), rivolti sia ad F.A. che a F.D. ed ai suoi eredi, debitori solidali; non rilevava, poi, l’eventuale concorso di colpa del danneggiato se non ai fini della limitazione della rivalsa e non certo per decurtare in percentuale il dovuto;

avverso tale sentenza ricorre per cassazione F.A. sulla base di due motivi, successivamente illustrati da memoria;

l’INAIL resiste con controricorso e successiva memoria.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia la violazione e o erronea applicazione dell’art. 2947 c.c., commi 2 e 3, in quanto era stato applicato il più lungo termine di prescrizione previsto per il reato di lesioni gravissime senza considerare che, per principio espresso da Cass. SS.UU. n. 27337 del 2008 in ragione dell’autonomia e della separazione delle giurisdizioni civili e penali, in mancanza di accertamento del reato in sede penale (come nel caso di specie ove mai si era proceduto nei confronti di F.A.), a tale accertamento deve provvedere incidenter tantum il giudice civile, fermo restando che anche in presenza di un fatto -reato, secondo Cass. n. 7995 del 2010, nel caso in cui il reato sia estinto per cause diverse dalla prescrizione (come nel caso di specie), il diritto al risarcimento del danno si prescrive comunque nei termini indicati dall’art. 2947 c.c., commi 1 e 2;

con il secondo motivo, si deduce la violazione e o l’erronea applicazione dell’art. 2943 c.c., u.c., dell’art. 1334 e dell’art. 1335 c.c., L. n. 890 del 1982, art. 7 e dell’art. 2947 c.c. in ragione del fatto che né la missiva dell’INAIL del 13 giugno 1996 che quella del 6 maggio 1998 avevano efficacia interruttiva della prescrizione in quanto non conoscibili dai destinatari; ciò perché la prima era diretta a F.D., già deceduto a quel momento, mentre la seconda era stata rifiutata da soggetto diverso dal destinatario senza che fosse specificato il rapporto esistente tra tale soggetto ed i destinatari;

e’ da respingersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dall’INAIL nel controricorso e reiterata nella memoria, in ragione del fatto che nello stesso atto è stata trascritta per intero sia la sentenza di primo grado che quella impugnata;

tale modalità di redazione dell’atto, certamente non ispirata ad una tecnica espositiva essenziale e quindi funzionale alla celere individuazione delle effettive ragioni di impugnazione, appesantisce la disamina del ricorso ma non lo priva dei requisiti di ammissibilità;

i motivi, connessi e quindi da trattare congiuntamente, sono infondati;

la fattispecie in esame, ad avviso del ricorrente, sarebbe soggetta al termine di prescrizione di due anni, previsto dall’art. 2947 c.c., comma 2 per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e ciò in ragione del fatto che il reato si era estinto per morte del reo, per cui tale evento segnerebbe inevitabilmente il dies a quo della decorrenza del più breve termine biennale, trattandosi di estinzione per motivi diversi dalla prescrizione; allo stesso tempo, il motivo afferma che sarebbe mancato in sede civile l’accertamento incidentale del fatto di reato nei confronti di F.A., con la conseguenza che anche per tale via il termine di prescrizione non potrebbe che essere quello biennale;

questa Corte di cassazione (Cass. SS.UU. nn. 1641 del 2017; 16481/2017), nell’interpretare l’art. 2947 c.c., ha avuto modo di affermare che in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito costituente reato, la previsione dell’art. 2947 c.c., comma 3, (secondo il quale, se per il reato stesso è prevista una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile) si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti passivi della conseguente pretesa risarcitoria, sicché è invocabile non solo per l’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile (nel caso di specie il conducente del veicolo) ma anche per quella esercitabile contro coloro che siano tenuti al risarcimento a titolo di responsabilità indiretta (comproprietario del medesimo veicolo e responsabile civile ai sensi dell’art. 2054 c.c.); da ciò deriva l’irrilevanza della carenza di accertamento del fatto di reato in sede penale a carico di F.A., responsabile indiretto in quanto comproprietario del trattore, ai fini dell’applicazione del più lungo termine di prescrizione;

ciò premesso, considerato anche che la sentenza impugnata ha comunque accertato che l’illecito “(…) in astratto costituisce il reato di lesioni colpose ed anche in concreto, è stato oggetto di un procedimento penale (…)” e tale accertamento non ha formato oggetto di alcun specifico motivo di ricorso per cassazione, risulta corretta l’applicazione del termine di prescrizione previsto per il reato di lesioni gravissime;

risultano dunque tempestivi, essendo il fatto accaduto il *****, sia la richiesta di rimborso del 28 luglio 1995 indicata dallo stesso ricorrente alla pagina 23 del ricorso, cui è seguita l’ulteriore richiesta del 27 febbraio 1999, che la stessa notifica (11 maggio 1999) dell’atto di citazione che introdusse il giudizio;

in definitiva, il ricorso va rigettato;

le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021

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