Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22898 del 13/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7938-2020 R.G. proposto da:

V.F., rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dagli avv. Francesco FALCONE e Giuseppe FALCONE, ed elettivamente domiciliata in Roma al corso Vittorio Emanuele II, n. 287, presso lo studio legale dell’avv. Antonio IORIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2659/01/2019 della Commissione tributaria regionale della CALABRIA, depositata il 12/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

RILEVATO

che:

1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IRPEF per l’anno d’imposta 2008 con cui l’amministrazione finanziaria recuperava a tassazione nei confronti di V.F. i canoni di locazione dallo stesso percepiti e non dichiarati con riferimento a sette immobili di cui risultava proprietario, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che l’Agenzia delle entrate aveva prodotto in giudizio l’ordine di servizio del 15/01/2013 contenente valida delega di firma in capo al soggetto ( A.S.) che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento; che la notifica dell’avviso di accertamento era stata effettuata mediante invio diretto a mezzo raccomandata postale sicché non era necessaria la redazione di una relata per attestare la ricezione regolarmente effettuata al destinatario; che il contribuente aveva “omesso di dichiarare i redditi fondiari che era tenuto ad assoggettare a tassazione, né ha dimostrato la sussistenza di condizioni derogatorie all’obbligo di legge”.

3. Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replica l’intimata con controricorso.

4. Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la “nullità della sentenza o del procedimento (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17-bis, artt. 24 e 111 Cost.)” lamentando la mancata conferma da parte della CTR della nullità dell’accertamento in quanto sottoscritto da soggetto privo di valida delega, non allegata né all’atto impositivo, né prodotta in sede di reclamo/mediazione, né in sede di costituzione in giudizio davanti alla Commissione di primo grado, ma per la prima volta, e quindi inammissibilmente, all’atto di appello.

2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, deduce la “violazione e/o errata applicazione” del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, sostenendo che aveva errato la CTR a ritenere valida la delega alla sottoscrizione dell’atto impositivo nonostante la stessa non fosse stata allegata allo stesso e non contenesse alcuna motivazione delle ragioni del suo conferimento né l’indicazione di un periodo di validità.

3. I motivi, da esaminarsi congiuntamente essendo tra loro strettamente connessi, sono infondati e vanno rigettati.

4. Va preliminarmente esaminata la censura relativa all’inammissibilità della produzione documentale in grado di appello, che è manifestamente infondata in quanto si pone in evidente contrapposizione con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “In materia di produzione documentale in grado di appello nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2 – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima – non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3 (nel testo introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69), essendo la materia regolata dal citato D.Lgs., art. 58, comma 2, che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado” (Cass. n. 18907/2011, n. 23616/2011, 3661/2015, n. 27774/2017, n. 8927/2018, ord. 22776/2015, 655/2014, 20109/2012, 25449/2017, 27774/2017, 6382/2018, 8927/2018, nonché Sez. U., n. 1518/2016 e Corte Cost. 199/2017).

5. Anche la censura incentrata sulla validità della delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento impugnato è manifestamente infondata.

6. In tale prima pronuncia si è precisato che “Con la delega di firma il delegato non esercita alcun potere o competenza riservata al delegante, trovando titolo il suo agire nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al dirigente preposto all’ufficio (Statuto Agenzia delle entrate, approvato con Delib. n. 6 del 2000, art. 11, comma 1, lett. c e d; reg. amm. n. 4 del 2000, art. 14, comma 2) nell’ambito dello schema organizzativo della subordinazione gerarchica tra persone appartenenti al medesimo ufficio” e che “La delega, pertanto, non deve indicare le cause che ne hanno resa necessaria l’adozione (quali la carenza di personale, l’assenza per malattia, una vacanza d’organico, ecc.), il termine di validità e, neanche, il nominativo del soggetto delegato”.

7. E ciò sulla scia di Cass., Sez. 5, sentenza n. 8814 del 29/03/2019 (Rv. 653352), secondo cui, dalla medesima premessa che la delega in questione è una delega di firma e non di funzioni, “deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto”.

8. Va inoltre ricordato che “In tema di accertamento tributario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 24, convertito dalla L. n. 44 del 2012" (Cass. n. 5177 del 2020).

10. Ciò posto, rileva il Collegio che, peraltro, nella specie l’atto di delega, riprodotto per autosufficienza nel ricorso (pag. 7), riporta l’indicazione del nominativo del soggetto e le ragioni del conferimento della stessa.

11. Con il terzo motivo di ricorso la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2010, art. 29, convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010, della L. n. 890 del 1982, art. 14, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, nonché degli artt. 156 e 160 c.p.c. censurando la sentenza impugnata in punto di rilevata validità della notifica dell’atto impositivo nonostante la stessa fosse stata effettuata a mezzo di messo notificatore che non aveva redatto alcuna relata, sicché doveva ritenersi inesistente con conseguente inapplicabilità dell’istituto della sanatoria.

12. Il motivo è infondato e va rigettato.

13. Al riguardo deve osservarsi che proprio dal documento riprodotto fotograficamente nel ricorso (busta di spedizione) risulta che la notifica è stata effettuata tramite raccomandata con avviso di ricevimento il cui numero è riportato sulla predetta busta. Trattasi di quindi di notifica diretta effettuata a mezzo raccomandata postale con avviso di ricevimento.

14. Pertanto, richiamando i principi enucleati da Cass. n. 34260 del 2019 (in motivazione), quando l’ufficio finanziario si sia avvalso di tale facoltà di notificazione semplificata, la notificazione avviene senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (Cass. n. 14501 del 15/07/2016), alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982” (Cass. n. 17598 del 2010; cfr. anche Cass. n. 9240 del 2019), “non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione” (Cass. n. 15315 del 04/07/2014).

15. Ma anche ove, per mera ipotesi, volesse ritenersi che la notifica nella specie sia stata effettuata a mezzo messo notificatore che si sia avvalso del servizio postale, deve ricordarsi che, in tal caso, secondo questa Corte “la fase essenziale del procedimento è costituita dall’attività dell’agente postale, mentre quella dell’ufficiale giudiziario (o di colui che sia autorizzato ad avvalersi di tale mezzo di notificazione) ha il solo scopo di fornire al richiedente la prova dell’avvenuta spedizione e l’indicazione dell’ufficio postale al quale è stato consegnato il plico: pertanto, qualora all’atto sia allegato l’avviso di ricevimento ritualmente compilato, la mancata apposizione sull’originale o sulla copia consegnata al destinatario della relazione prevista dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 3, non comporta l’inesistenza della notifica, ma una mera irregolarità, che non può essere fatta valere dal destinatario, trattandosi di un adempimento che non è previsto nel suo interesse” (Cass. n. 21762 del 2009).

16. In ogni caso, anche in relazione al recente arresto delle Sezioni Unite (Cass. n. 14916 del 20/07/2016), giammai potrebbe ritenersi che quella prospettata dal ricorrente configuri un’ipotesi di inesistenza della notificazione, ma al limite la sua nullità, sanata dalla tempestiva proposizione del ricorso da parte della società contribuente (cfr., ex multis, Cass. n. 1238 del 2014; n. 21071 del 2018).

17. Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame da parte die giudici di appello dell’esito della procedura di mediazione, nel corso della quale l’amministrazione finanziaria aveva riconosciuto che il contribuente era proprietario di tre degli immobili oggetto di accertamento per la sola quota di un terzo, nonché dell’avvenuta risoluzione anticipata del contratto di locazione di uno degli immobili.

18. Il motivo è fondato e va accolto.

19. Premesso preliminarmente che nella specie non sussiste l’inammissibilità del motivo per violazione dell’art. 348-ter c.p.c. in quanto la questione non è stata trattata dai giudici di primo grado che avevano annullato l’atto impositivo per difetto di delega al funzionario che l’aveva sottoscritto, osserva il Collegio che la CTR, nell’affermare che il contribuente aveva “omesso di dichiarare i redditi fondiari che era tenuto ad assoggettare a tassazione” e di dimostrare “la sussistenza di condizioni derogatorie all’obbligo di legge”, confermando quindi integralmente l’avviso di accertamento impugnato, ha chiaramente mostrato di non aver esaminato le questioni dedotte nel ricorso, ovvero che il V. era proprietario di sette immobili per la sola quota di un terzo mentre nell’avviso di accertamento, con riferimento a tre di tali unità immobiliari, gli era stata attribuita la proprietà dell’intero nonostante l’amministrazione finanziaria in sede di procedura di mediazione (come risultante dalla comunicazione emessa dall’Agenzia delle entrate e riprodotta per autosufficienza nel ricorso) aveva riconosciuto l’errore in cui era incorsa, e che per uno dei contratti di locazione (quello registrato in data 01/08/2005 al n. 004233) era intervenuta, in data 30/11/2006, la risoluzione anticipata, come risultante dal documento rilasciato dalla stessa amministrazione finanziaria e riprodotto nel ricorso.

20. Diversamente da quanto sostiene la controricorrente, quelle dedotte dal ricorrente sono circostanze di fatto chiaramente decisive ai fini della corretta imputazione delle imposte dovute.

21. Conclusivamente, quindi, va accolto il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla CTR territorialmente competente che provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021

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