Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.2314 del 02/02/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5670-2019 proposto da:

QUADRIFOLIO IMMOBILIARE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ n. 20, presso lo studio dell’avvocato COEN STEFANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALMINI FEDERICO;

– ricorrente –

e contro

P.E. e F.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE n. 106, presso lo studio dell’avvocato VALORI GUIDO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAMBELLINI ORESTE;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1909/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 10/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/12/2020 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 18.7.2012 Quadrifoglio Immobiliare S.r.l. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Bergamo P.E. e F.P., deducendo di aver acquistato dai medesimi, con contratto del 23.2.2011, il 100% del capitale sociale della società Signum S.r.l., attiva nel settore della stampa di materiali pubblicitari e di comunicazione. L’attrice deduceva che nel contratto di cessione era previsto l’impegno dei cedenti a farsi carico di eventuali sopravvenienze passive o insussistenze di attivo che potessero causare una riduzione del valore del patrimonio netto della società ceduta al di sotto dei valori risultanti al bilancio al 31.12.2009. Deduceva ancora che le parti, con scrittura dell’11.7.2011, avevano convenuto una riduzione del corrispettivo inizialmente stabilito per la cessione, a fronte di alcune perdite e sopravvenienze passive riconosciute dai cedenti; i quali, con il medesimo accordo, si erano impegnati a far fronte anche al debito accumulato dalla Signum S.r.l. nei confronti di Enel per la fornitura di energia elettrica fino a tutto l’anno 2010 compreso. Esponeva infine che la società ceduta aveva ricevuto la disdetta dei suoi principali clienti ed aveva quindi perduto gran parte del suo valore di avviamento e della capacità di produrre reddito. Su tali basi, invocava la condanna dei convenuti al pagamento di un indennizzo pari alla differenza di fatturato derivante dalle disdette di cui anzidetto e del costo della fornitura di energia elettrica per l’anno 2010.

Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda e spiegando a loro volta domanda riconvenzionale per la condanna di Quadrifoglio Immobiliare S.r.l. al pagamento del saldo prezzo ancora dovuto.

Con sentenza n. 292/2016 il Tribunale di Bergamo rigettava le domande di parte attrice, accogliendo invece la riconvenzionale e condannando Quadrifoglio Immobiliare S.r.l. al pagamento dell’importo di Euro 68.321,44 in favore di P.E. e dell’importo di Euro 13.667,53 in favore di F.P., oltre accessori e spese del grado.

Interponeva appello la società originaria attrice e si costituivano gli appellati, resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 1909/2018, la Corte di Appello di Brescia rigettava l’impugnazione condannando l’appellante alle spese del secondo grado.

Ricorre per la cassazione di detta decisione Quadrifoglio Immobiliare S.r.l. affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso P.E. e F.P., spiegando a loro volta ricorso incidentale affidato ad un motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione ed errata applicazione degli artt. 1362 c.c. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello di Brescia avrebbe erroneamente interpretato il contenuto degli accordi intercorsi tra le parti. In particolare, la società ricorrente si duole del fatto che la Corte lombarda: (1) da un lato, non abbia ritenuto certo il debito dei cedenti verso Quadrifoglio Immobiliare S.r.l., avente ad oggetto i costi relativi alla fornitura di energia elettrica per l’anno 2010, nonostante l’espresso riconoscimento che di detti costi i cedenti avevano fatto con la sottoscrizione dell’accordo integrativo dell’11.7.2011; (2) dall’altro lato, abbia ritenuto insufficienti, ai fini della prova del credito predetto, le fatture emesse dall’Enel per l’anno 2010, depositate in atti del giudizio di merito dall’odierna ricorrente.

Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione dell’art. 1223 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte bresciana avrebbe erroneamente ritenuto che le fatture emesse dall’Enel non fossero sufficienti a dimostrare la responsabilità dei cessionari per la somma esposta in detti documenti, anche a prescindere dalla prova del pagamento delle fatture predette. Ad avviso della Quadrifogli Immobiliare S.r.l., infatti, comunque l’importo indicato nelle fatture emesse dall’Enel sarebbe stato dovuto e avrebbe quindi dovuto essere saldato alla società erogatrice della fornitura.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte territoriale avrebbe erroneamente gravato l’attore non soltanto di fornire la prova del credito, e quindi dell’inadempimento del debitore, ma anche quella dell’effettivo esborso.

Le tre censure, che meritano di essere esaminate congiuntamente, sono inammissibili. La Corte brianzola ha infatti ritenuto che le quattro fatture emesse dall’Enel che Quadrifoglio Immobiliare S.r.l. aveva depositato in uno alla memoria ex art. 183, comma 6, n. 3, c.p.c., allo scopo di contestare la debenza del credito dei cedenti derivante dal saldo del corrispettivo delle quote di partecipazione al capitale sociale di Signum S.r.l. oggetto del trasferimento, pur essendo ammissibili in quanto documenti depositati a controprova, in resistenza alla domanda riconvenzionale proposta dal P. e dalla F., non dimostrassero in effetti alcun credito di Quadrifoglio Immobiliare S.r.l. nei confronti di tali soggetti, posto che la società cessionaria non aveva fornito la dimostrazione di aver saldato le predette fatture. La Corte territoriale è pervenuta a tale conclusione sulla base di una interpretazione del significato della clausola contenuta al punto 2 della scrittura dell’11.7.2011, il cui testo viene -peraltro-riportato sia dal ricorrente principale (cfr. pag. 6 del ricorso) che dai controricorrenti e ricorrenti incidentali (cfr. pag. 5 del controricorso). Tale clausola, che fa riferimento al “costo della fornitura di energia elettrica fino all’anno 2010 compreso, in corso di quantificazione da parte dell’Enel” è stata ricostruita dalla Corte bresciana sub specie di pattuizione prevedente un diritto della parte cessionaria ad essere indennizzata dalle perdite e sopravvenienze passive previste dai paciscenti.

La società ricorrente non contesta in modo specifico l’inquadramento giuridico della clausola in esame individuato dalla Corte territoriale, ma soltanto il punto della motivazione con cui ii giudice di merito ha ritenuto l’insufficienza, ai fini della prova del credito rivendicato da Quadrifoglio Immobiliare S.r.l., della semplice produzione in atti del giudizio delle fatture emesse dall’Enel, e non anche del relativo pagamento. In tal modo la società ricorrente non ha tenuto conto del principio pacificamente affermato da questa Corte, secondo cui “In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti- è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente- risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto cosi come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv.646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006, Rv. 586972). Il ricorrente, infatti, attinge soltanto la prima parte del ragionamento condotto dal giudice di merito, e non anche la seconda, ed in tal modo la censura risulta inammissibile perchè si ferma alla mera confutazione del giudizio di fatto operato dalla Corte territoriale.

Inoltre, va osservato che l’interpretazione della Corte lombarda appare del tutto coerente con l’insegnamento di questa Corte, posto che le clausole inserite nel contratto di compravendita di partecipazioni societarie, aventi ad oggetto le passività del patrimonio sociale e costituenti le cd. “business warranties” non attengono all’oggetto immediato del negozio di cessione, che rimane la partecipazione al capitale sociale, bensì al suo oggetto mediato, rappresentato dal valore della partecipazione stessa, ovvero dalla quota parte del patrimonio della società ceduta che essa rappresenta idealmente. Ne deriva che tali clausole integrano obbligazioni di garanzia, che danno diritto al cessionario di conseguire un indennizzo, al verificarsi della sopravvenienza, o della minusvalenza, prevista dai contraenti (in tal senso, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7183 del 13/03/2019, Rv. 653631 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16031 del 19/07/2007, Rv. 598889). La riprova della natura accessoria di tali clausole risiede nel fatto che, al verificarsi del fatto in esse dedotto, il cessionario non ha, oltre al diritto all’indennizzo, anche la possibilità di ottenere la risoluzione del contratto di acquisto delle partecipazioni sociali a causa del difetto di qualità della cosa venduta, secondo la disciplina di cui agli artt. 1495 e 1497 c.c. (cfr. ancora Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7183 del 13/03/2019, Rv. 653631, cit.), a meno che il cedente abbia fornito specifica garanzia contrattuale in tal senso, ovvero qualora il cessionario riesca a dimostrare il dolo del cedente, quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società siano accompagnate da malizie ed astuzie volte a realizzare l’inganno ed idonee, in concreto, a sorprendere una persona di normale diligenza (cfr. ancora Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16031 del 19/07/2007, Rv. 598889, cit.). Tanto è vero che, anche con riferimento al regime della prescrizione, il diritto del cessionario all’indennizzo derivante dalla sottoscrizione di una business warranty soggiace al termine decennale ordinario, e non è invece soggetta allo specifico regime previsto per la garanzia dei vizi della cosa venduta (così Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16963 del 24/07/2014, Rv. 631856).

Da quanto precede deriva la correttezza dell’interpretazione offerta dalla Corte di Appello di Brescia e l’inammissibilità del ricorso principale. Di conseguenza, va dichiarato assorbito l’unico motivo del ricorso incidentale, con il quale il P. e la F. lamentano la tardività del deposito delle fatture emesse dall’Enel, che -come detto- la difesa di Quadrifoglio Immobiliare S.r.l. aveva prodotto soltanto in allegato alla memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 3.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate coma da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione principale, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito quello incidentale. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021

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