Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23313 del 23/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10116/2020 R.G. proposto da:

B.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Russi, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

Avv. P.V., in qualità di curatrice speciale del minore B.M.G., da sé medesima rappresentata e difesa, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– controricorrente –

e R.M., e B.L., rappresentati e difesi dall’Avv. Simona Fiorenza, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– controricorrenti –

e C.A.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 5/20, depositata il 10 febbraio 2020;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 maggio 2021 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 10 febbraio 2020, la Corte d’appello di L’Aquila ha dichiarato inammissibile il gravame interposto da B.G. avverso la sentenza emessa il 12 giugno 2019, con cui il Tribunale per i minorenni di L’Aquila aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore B.M.G., nato da una relazione extraconiugale tra l’appellante ed C.A., affidando il minore al ***** e confermando la sospensione dei genitori dalla responsabilità genitoriale, con divieto di qualsiasi contatto con il minore.

Premesso di aver ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti della C., in qualità di litisconsorte necessaria, la Corte ha rilevato che nessuna parte aveva provato di avervi provveduto nel termine all’uopo fissato, osservando che il difensore dell’appellante aveva depositato un plico spedito per raccomandata, recante la dichiarazione d’irreperibilità del destinatario redatta dall’ufficiale postale, ma non aveva dimostrato, pur essendo stato invitato a farlo, che la consegna del plico all’ufficiale giudiziario avesse avuto luogo tempestivamente.

3. Avverso la predetta sentenza il B. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. Hanno resistito con controricorsi, anch’essi illustrati con memorie, l’Avv. P.V., in qualità di curatrice speciale del minore, e M.R. e L.B., in qualità di affidatari del minore. La C. non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli artt. 291 e 331 c.p.c., sostenendo che la notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio, non perfezionatasi per irreperibilità della destinataria, doveva ritenersi superata per effetto dell’ordine di rinnovazione con il rito degli irreperibili, impartito dalla Corte d’appello all’udienza successiva, e della successiva effettuazione della notifica presso il domicilio eletto dalla C. per il giudizio di primo grado. Aggiunge che nei giudizi camerali introdotti con ricorso, l’omessa notifica dello stesso e del decreto di fissazione dell’udienza non comporta l’inammissibilità dell’impugnazione, ma solo la necessità di assegnare un nuovo termine per la notifica, a meno che la parte resistente non si sia costituita.

1.1. Il ricorso è infondato.

La natura processuale del vizio lamentato consente di procedere all’esame diretto degli atti, dal quale risulta che all’udienza del 1 ottobre 2019, fissata per la comparizione delle parti, la Corte d’appello, rilevato che l’atto d’impugnazione non risultava notificato alla C., dispose l’integrazione del contraddittorio nei confronti della stessa, fissando all’uopo il termine del 14 ottobre 2019. Alla successiva udienza del 3 dicembre 2019, il difensore del ricorrente fornì la prova della notifica, ma non quella dell’osservanza del termine, limitandosi a produrre un plico spedito per raccomandata, dal quale risultava che la consegna dell’atto, tentata il 23 ottobre 2019 presso il domicilio della destinataria, non aveva avuto luogo per irreperibilità di quest’ultima. Rilevato che la C. era comparsa personalmente, ma non si era costituita in giudizio, la Corte d’appello dispose quindi un ulteriore rinvio per la rinotifica, anche con il rito degl’irreperibili, esigendo tuttavia la dimostrazione della tempestiva effettuazione del primo tentativo, attraverso la produzione della richiesta a tal fine presentata all’ufficiale giudiziario. All’udienza del 4 febbraio 2020, fissata per tali adempimenti, la difesa del ricorrente fornì infine la prova della rinotifica, effettuata presso il procuratore costituito nel giudizio di primo grado, ma non quella della data in cui era stata presentata la prima richiesta, la cui dimostrazione è stata invece offerta soltanto in questa sede.

Tanto premesso, deve escludersi la condivisibilità della tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui l’ordine di rinnovazione della notifica, impartito all’udienza del 3 dicembre 2019, avrebbe comportato il superamento di quello emesso nell’udienza precedente, la cui inosservanza dovrebbe considerarsi pertanto ininfluente, avuto riguardo all’intervenuto perfezionamento della nuova notifica. In tema d’integrazione del contraddittorio, questa Corte ha infatti affermato costantemente che il termine per la notificazione del relativo atto, fissato dal giudice ai sensi dell’art. 331 c.p.c., ha carattere perentorio, non è prorogabile neppure sull’accordo delle parti, e la sua inosservanza, non sanabile neppure dalla tardiva costituzione della parte nei cui confronti avrebbe dovuto aver luogo l’integrazione, è rilevabile anche d’ufficio e determina, per ragioni di ordine pubblico processuale, l’inammissibilità della impugnazione (cfr. Cass., Sez. II, 4/12/2018, n. 31316; 14/01/2009, n. 749; 27/03/2007, n. 7528). Qualora pertanto, come nella specie, sia stata ordinata l’integrazione del contraddittorio e la parte onerata non vi abbia provveduto o vi abbia provveduto soltanto parzialmente, il giudice non può assegnare un nuovo termine, poiché ciò equivarrebbe alla concessione di una proroga del termine perentorio originariamente fissato, non consentita dall’art. 153 c.p.c., a meno che la richiesta di assegnazione del nuovo termine non si fondi sull’esistenza, idoneamente comprovata, di un fatto non imputabile alla parte onerata che ne abbia impedito l’osservanza, ovvero non risulti che la parte ignorava incolpevolmente il domicilio del soggetto nei cui confronti il contraddittorio doveva essere integrato (cfr. Cass., Sez. III, 11/04/2016, n. 6982; 5/07/2001, n. 9090; Cass., Sez. II, 22/06/2006, n. 14428).

I predetti principi, enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in riferimento al giudizio ordinario di cognizione, devono ritenersi applicabili anche ai procedimenti in camera di consiglio, in ossequio al canone costituzionale del giusto processo ed a garanzia del diritto di difesa, i quali impongono, indipendentemente dalla semplicità delle forme e dalla snellezza che contraddistinguono il procedimento camerale, che il provvedimento conclusivo sia adottato previa instaurazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti interessati, soprattutto quando il rito in questione si applichi a procedimenti come quello in esame, aventi ad oggetto la tutela di diritti soggettivi. Non può condividersi, in contrario, il richiamo della difesa del ricorrente all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nei giudizi camerali che anche in grado di appello si introducono con ricorso, l’omessa notifica di quest’ultimo e del decreto di fissazione dell’udienza, entro il termine assegnato dal giudice, non comporta l’improcedibilità della domanda o dell’impugnazione, ma, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., solo la necessità dell’assegnazione di un nuovo termine, avente carattere perentorio, a meno che la parte resistente o appellata non si sia costituita, così sanando (con effetto ex tunc) il vizio della notificazione (cfr. Cass., Sez. I, 4/08/2016, n. 16335; 11/09/2014, n. 19203; Cass., Sez. VI, 19/07/2016, n. 14731): tale principio trova infatti giustificazione nella mancanza di una disposizione che qualifichi espressamente come perentorio il termine assegnato per la notificazione del ricorso e del decreto, e nel conseguente riconoscimento del carattere ordinatorio dello stesso, che, consentendone la proroga, esclude la possibilità di ricollegare alla sua inosservanza l’improcedibilità della domanda o dell’impugnazione, a meno di non voler indulgere ad un’interpretazione formalistica contrastante con il diritto di accedere alla tutela giurisdizionale. Esso non può quindi essere esteso al termine assegnato per l’integrazione del contraddittorio, il quale, pur non essendo espressamente qualificato come perentorio dall’art. 331 c.p.c., deve necessariamente considerarsi tale, avuto riguardo alle conseguenze della sua inosservanza, specificamente individuate dall’art. 331, comma 2 nell’inammissibilità dell’impugnazione.

Nella specie, dunque, la mancata dimostrazione dell’avvenuta esecuzione dell’ordine d’integrazione del contraddittorio entro il termine all’uopo fissato doveva ritenersi sufficiente a giustificare la dichiarazione d’inammissibilità del gravame, indipendentemente sia dall’esito positivo della rinnovazione, che la Corte d’appello non avrebbe potuto disporre, che dalla comparizione personale della C. in udienza, inidonea a sanare la decadenza, non solo perché la donna non si era formalmente costituita in giudizio, ma anche perché la comparizione aveva avuto luogo dopo la scadenza del termine assegnato per l’integrazione. Peraltro, anche a voler ritenere che la fissazione del nuovo termine fosse giustificata dalla nullità della prima notifica, in quanto effettuata alla parte personalmente, anziché presso il procuratore costituito in primo grado, oppure, come sostiene la difesa del ricorrente, dalla non imputabilità dell’esito negativo della prima notifica, in quanto, come dichiarato dalla C. in udienza, effettuata presso un indirizzo corrispondente proprio a quello del proprio domicilio, l’idoneità della rinnovazione ad evitare la dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione doveva considerarsi pur sempre subordinata alla dimostrazione dell’avvenuto rispetto del termine originariamente assegnato, in mancanza della quale l’appello doveva considerarsi inammissibile: tale dimostrazione, pacificamente non offerta nel giudizio di merito, non può certamente aver luogo in questa sede, in quanto, sebbene l’art. 331 c.p.c. non stabilisca un termine perentorio per il deposito dell’atto d’integrazione del contraddittorio, a differenza di quanto previsto dall’art. 371-bis c.p.c. per il giudizio di cassazione, la prova dell’avvenuta esecuzione dell’ordine deve necessariamente essere fornita prima della chiusura della discussione dinanzi al Collegio, in modo tale da consentire a quest’ultimo di controllare la ritualità e la tempestività della notifica (cfr. Cass., Sez. I, 9/07/2003, n. 10779; 10/04/1979, n. 2069).

2. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuno dei controricorrenti in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2021

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