Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23533 del 27/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DI PAOLOANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30969-2019 proposto da:

C.E.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO AIELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI MAZZI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO SFERRAZZA, VINCENZO STUMPO, ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 763/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 12/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’08/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa PONTERIO CARLA.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Milano ha accolto l’appello dell’INPS ed ha dichiarato prescritto il diritto azionato da C.E.L. nei confronti dell’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia, al fine di ottenere il pagamento delle ultime tre mensilità di retribuzione maturate nei confronti della datrice di lavoro Opera 21 spa;

2. la Corte territoriale, per quanto rileva in questa sede, ha dato atto che la società Opera 21 spa è stata dichiarata in stato di insolvenza e posta in amministrazione straordinaria con sentenza del 16.7.2013; che la domanda di ammissione al passivo del credito retributivo è stata presentata il 3.4.2014 e lo stato passivo è stato reso esecutivo con provvedimento del 4.6.2014; che la domanda amministrativa di intervento del Fondo di garanzia è stata presentata dall’appellato il 12.10.2015 e respinta con provvedimento comunicato all’interessato l’8.6.2016;

3. la Corte di merito ha ritenuto che da quest’ultima data decorresse il termine oggetto dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’INPS e concernente il decorso del termine annuale dall’8.6.2016 fino alla presentazione, in data 26.7.2017, del ricorso al Comitato provinciale;

4. avverso tale sentenza C.E.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo; l’INPS ha resistito con controricorso e successiva memoria;

5. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

6. con il motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1982, art. 2, comma 5 e del D.L. n. 384 del 1992, art. 4, conv. dalla L. n. 438 del 1992, per non avere la sentenza d’appello considerato che il termine annuale di prescrizione resta sospeso per la durata del procedimento amministrativo che deve concludersi entro 300 giorni dalla domanda;

7. l’INPS ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza e comunque l’infondatezza del ricorso, rilevando l’intervenuto decorso del termine annuale di prescrizione tra la data in cui è stato dichiarato esecutivo lo stato passivo e la domanda amministrativa;

8. il ricorso è infondato;

9. questa Corte ha affermato (v. Cass. 16852 del 2020; n. 32 del 2020 n. 26819 del 2016, n. 16617 del 2011, n. 8265 del 2010) che il diritto del lavoratore di ottenere dall’INPS, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione dei crediti (sia a titolo di TFR e sia dei crediti inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro) a carico dello speciale Fondo di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2 ha natura di diritto di credito previdenziale, ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro;

10. tale diritto si perfeziona, non con la cessazione del rapporto di lavoro, ma al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva);

11. per ottenere la prestazione è necessaria una domanda amministrativa, domanda che può essere presentata solo dopo la verifica dell’esistenza e della misura del credito, in sede di ammissione al passivo fallimentare o della liquidazione coatta amministrativa, ovvero, in caso di datore di lavoro non assoggettato a procedure concorsuali, dopo la formazione di un titolo esecutivo e l’esperimento infruttuoso, in tutto o in parte, dell’esecuzione forzata;

12. la prescrizione del diritto alla prestazione decorre, ai sensi dell’art. 2935 c.c., dal perfezionarsi della fattispecie attributiva, che condiziona la proponibilità della domanda all’INPS;

13. la natura previdenziale dell’obbligazione assunta dal Fondo rende inapplicabile la disciplina delle obbligazioni in solido e dunque il termine di prescrizione di un anno non resta interrotto nei confronti del Fondo durante la procedura fallimentare a carico del datore di lavoro (cfr. al riguardo Cass. 10.5.2016 n. 9495, 13 ottobre 2015, nn. 20547 e 20548, 9 giugno 2014 n. 12971, 9 settembre 2013, n. 20675, 8 maggio 2013, a 10875, 23 luglio 2012, n. 12852);

14. deve inoltre osservarsi che,, in tema di prescrizione estintiva, l’elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della volontà di profittare dell’effetto ad essa ricollegato dall’ordinamento, mentre la determinazione della durata di questa configura una “quaestio iuris” sulla identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale applicabile, che, previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione, compete al giudice, che non è vincolato dalle allegazioni di parte (v. Cass. n. 15631 del 2016; n. 21752 del 2010; n. 11843 del 2007; 16573 del 2004; S.U. n. 10955 del 2002);

15. nel caso di specie, e in base ai dati riportati nella sentenza impugnata, risulta che l’odierno ricorrente, a fronte di uno stato passivo dichiarato esecutivo in data 4.6.2014, ha presentato la domanda amministrativa il 12.10.2015, quindi dopo che era decorso il termine annuale di prescrizione.

16. il ricorso va quindi rigettato;

17. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

18. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2021

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