LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30838-2019 proposto da:
N.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERI della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE MARIA FRUNZI, ANTONIO FRUNZI;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, ANTONIETTA CORETTI;
– resistente –
avverso la sentenza n. 981/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. la Corte d’appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’appello proposto da N.L. e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha compensato per metà le spese del giudizio di primo grado ed ha condannato l’INPS al pagamento della residua parte, liquidata in Euro 850,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge; ha compensato integralmente tra le parti le spese del secondo grado di giudizio;
2. la Corte territoriale ha dato atto che il N. aveva proposto ricorso avverso l’avviso di addebito (di Euro 8.515,22) relativo a contributi da versare alla gestione commercianti per gli anni dal 2005 al 2012; che il Tribunale, accogliendo le difese del ricorrente, aveva dichiarato illegittimo l’avviso di addebito in ragione della accertata cessazione dell’attività aziendale dal 1999; che pertanto il ricorrente in primo grado era risultato completamente vittorioso nel merito;
3. la sentenza d’appello ha valorizzato il fatto, posto dal Tribunale a base della decisione di compensazione delle spese, che l’opponente non aveva in alcun modo dato notizia all’INPS della cessazione dell’attività, elemento che, unito alla permanente iscrizione della società al registro delle imprese, aveva indotto l’Istituto a ritenere ancora attiva l’azienda; ha ritenuto che tale circostanza fattuale mitigasse i profili di soccombenza dell’INPS, giustificando la riforma solo parziale della sentenza del tribunale, con compensazione per metà delle spese del giudizio di primo grado;
4. in ragione dell’accoglimento solo parziale dell’appello e del modesto valore della controversia, i giudici di appello hanno compensato integralmente le spese del grado;
5. avverso tale sentenza N.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; con successiva memoria ha rinunciato al secondo motivo di ricorso; l’INPS, anche quale procuratore speciale do SCCI spa, ha depositato procura speciale;
6. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
7. con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2033 c.c., e del D.M. n. 55 del 2014, per avere la Corte d’appello liquidato le spese del primo grado di giudizio in misura inferiore ai limiti minimi di cui al decreto ministeriale cit.;
8. col secondo motivo si censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte disposto la compensazione delle spese del giudizio di appello in assenza dei presupposti di legge e in contrasto col principio di causalità;
9. si assume che la compensazione integrale delle spese del giudizio di appello determini l’elisione del valore economico del bene della vita conseguito mediante l’accoglimento del ricorso e si risolve nella sostanziale negazione della facoltà di agire in giudizio, tutelata dall’art. 24 Cost.;
10. il primo motivo di ricorso è fondato, avendo la Corte liquidato le spese del giudizio di primo grado in misura inferiore ai minimi tariffari;
11. tenuto conto che la controversia è inquadrabile nella tab. 4 – cause di previdenza – e che rientra per valore nello scaglione tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, applicati i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, l’ammontare delle spese processuali risulta pari ad Euro 2.251,00 (risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,50 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del citato D.M. n. 55 del 2014, art. 4); con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70% all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede una riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase (Cass. ord. 20/6/2019, n. 16652); la somma di Euro 2.251,00 deve essere ridotta di un ulteriore 50% in ragione della disposta compensazione parziale, giungendosi al risultato di Euro 1.125,00, superiore all’importo liquidato di Euro 850,00;
12. la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza è inferiore ai minimi come sopra calcolati, né risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali;
13. il secondo motivo di ricorso è stato oggetto di rinuncia; deve quindi dichiararsi inammissibile lo stesso per sopravvenuta carenza di interesse;
14. per le considerazioni svolte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza va cassata in relazione alla censura accolta e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese del giudizio di primo grado in complessivi 1.125,00 per compensi professionali, e condannando l’INPS al relativo pagamento, secondo quanto già statuito in sentenza, con distrazione in favore del procuratore antistatario; data la rinuncia al secondo motivo, resta ferma la compensazione delle spese disposta nel giudizio di appello;
15. le spese del presente giudizio di legittimità si compensano in ragione del parziale accoglimento del ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di primo grado, a carico dell’INPS, in Euro 1.125,00 per compensi professionali (da cui va detratta la somma già liquidata), con distrazione in favore dell’avv. N.M..
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021