Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23681 del 31/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubalda – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 20595/2016) proposto da:

DIAGNOSTICA DI LABORATORIO Dott. A. P. & Dott. M. V. L.

s.r.l. (P.I.: *****), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti Daniela Mazzuca e Guido Cammarella ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Annita Cammarella, in Roma, v. Monteverde n. 4 (int. 15);

– ricorrente –

contro

AVV. L.M.C. (C.F.: *****), rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato allegato al controricorso, dall’Avv. Romano Vaccarella ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, C.so V. Emanuele II, n. 269;

– controricorrente-

avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce Sez. dist. di Taranto n. 220/2016 (pubblicata il 21 aprile 2016);

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 maggio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Carrato Aldo;

letta la memoria depositata dalla difesa della ricorrente ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c., comma 1.

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione del 2007 la s.r.l. Diagnostica di Laboratorio dei dottori P. – e L. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Taranto in favore dell’avv. Lenoci Maria Grazia con riferimento all’asserito credito di Euro 3.875,72 a titolo di competenze professionali per l’esercizio di un’attività difensiva relativa alla proposizione di un ricorso dinanzi al TAR Calabria nell’interesse, tra le altre, della stessa società.

Nella costituzione dell’opposta, l’adito Tribunale, con sentenza n. 776/2013, accoglieva parzialmente la formulata opposizione e, previa revoca del decreto monitorio, condannava la citata società al pagamento, in favore della predetta professionista, della ridotta somma di Euro 736,52 (sul presupposto del valore indeterminabile elevato della causa patrocinata, con aumento percentuale per la presenza di più parti – nello specifico diciannove – e divisione dell’onorario complessivo tra le medesime parti rappresentate), con compensazione delle spese giudiziali.

2. Decidendo sull’appello avanzato dalla suddetta società (già opponente in primo grado), a cui resisteva l’avv. Lenoci, la Corte di appello di Lecce-sez. dist. di Taranto, con sentenza n. 220/2016 (pubblicata il 21 aprile 2016), rigettava il gravame e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

A fondamento dell’adottata decisione la Corte tarantina, rilevata preliminarmente l’ammissibilità dell’appello, lo riteneva tuttavia privo di fondamento sulla base dell’insussistenza della dedotta erroneità dell’applicazione dell’aumento percentuale ai sensi del D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 4, della non contestazione dello svolgimento dell’attività professionale da parte dell’avv. Lenoci e della correttezza dei calcoli compiuti dal primo giudice per giungere alla determinazione del residuo compenso ancora dovuto in favore del citato avvocato da parte dell’appellante.

3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la s.r.l. Diagnostica di Laboratorio dei Dott. P. e L..

L’avv. Maria Cristina Lenoci si è costituita con controricorso.

La difesa della ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 645 c.p.c., sul presupposto che con l’impugnata sentenza, malgrado la totale e tempestiva contestazione dell’avverso credito, era stata ritenuta la sua sussistenza nonostante l’appellata non avesse assolto all’onere probatorio relativo all’inerente fatto costitutivo, sulla stessa incombente.

2. Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 c.c., prospettando l’erroneità della sentenza della Corte tarantina nella parte in cui aveva ritenuto di confermare la decisione di prime cure sulla determinazione dell’onorario con riferimento ai massimi della tariffa, ancorché tra le parti fosse stato concluso un accordo preventivo sulla quantificazione del compenso sulla scorta dei minimi tariffari (ponendosi riferimento all’art. 5 della convenzione stipulata con l’A.S.A.).

3. Con la terza doglianza la ricorrente ha prospettato – sempre con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 4, contestando la legittimità dell’impugnata sentenza laddove aveva riconosciuto l’aumento percentuale previsto dall’anzidetta disposizione normativa, nonostante l’attività professionale dell’avv. Lenoci avesse riguardato l’impugnativa di atti amministrativi di carattere generale.

4. Con il quarto ed ultimo motivo la ricorrente ha denunciato – ancora una volta con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 1292 c.c., rilevando che, con l’impugnata sentenza, l’obbligazione degli assistiti da parte dell’avv. Lenoci non era stata considerata di natura solidale, ragion per cui, essendo unica la prestazione effettuata dalla suddetta professionista, quest’ultima non avrebbe potuto pretendere ulteriori pagamenti, neanche “pro-quota”, dai condebitori solidali, allorché fosse risultata già soddisfatta interamente per la sua pretesa.

5. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato perché non si è venuta a configurare alcuna inversione dell’onere probatorio tra la posizione dell’opponente e quella dell’opposta, avendo la Corte di appello rilevato che, in effetti, sulla scorta della documentazione allegata in dipendenza del rilasciato parere di congruità da parte del COA e del comportamento assunto in sede giudiziale dall’opponente implicante la mancata contestazione specifica dell’attività professionale espletata dall’avv. Lenoci nel giudizio amministrativo presupposto, la stessa professionista aveva assolto sufficientemente il suo onere probatorio circa la sussistenza del suo credito professionale, senza che in questa sede sia ammissibile la rivalutazione dell’apprezzamento degli esiti probatori già compiuto dalla Corte di appello.

6. Il secondo motivo si profila inammissibile perché con esso si pone generico riferimento ad un asserito accordo sulla determinazione dell’onorario in base all’art. 5 della convenzione stipulata con l’A.S.A., che non risulta specificamente richiamato né trascritto, donde per tale aspetto la censura difetta di specificità; peraltro, essa investe anche una questione che non risulta riprodotta nel ricorso in esame tra i motivi di appello come formulati dalla stessa società ricorrente e, a tal proposito, si evidenzia come dallo stesso contenuto della sentenza di secondo grado non emerge che questa specifica doglianza fosse stata sottoposta al controllo della Corte territoriale. Infatti, dalla decisione assunta da quest’ultima ed oggetto del ricorso in questa sede si evince che i motivi di appello riguardavano solo la contestazione sulla prova dell’esercizio dell’attività professionale da parte dell’Avv. Lenoci, l’asserita erronea applicazione dell’aumento percentuale di cui al D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 4, e il supposto errore nel calcolo aritmetico dell’ammontare del credito riconosciuto alla predetta professionista con la sentenza del Tribunale di prime cure.

7. Il terzo motivo è privo di fondamento e va anch’esso respinto. Ciò perché la Corte di appello ha, nell’impugnata sentenza, con valutazione di merito insindacabile in questa sede per effetto dell’esercizio di una facoltà riconosciutale per legge (cfr. Cass. n. 16040/2011), considerato come legittimamente applicabile l’aumento previsto dalla norma denunciata per effetto della necessità di esaminare, comunque e partitamente, le varie posizioni dei singoli patrocinati in funzione della tutela dei relativi e distinti interessi, ancorché lo studio della controversia era stato effettuato globalmente e si era, poi, concretato nella proposizione di un unico, cumulativo, ricorso dinanzi al TAR.

8. Anche il quarto ed ultimo motivo non coglie nel segno e deve essere rigettato.

Invero, nell’impugnata sentenza non è stata affatto esclusa la natura solidale del debito derivante dalla prestazione professionale in favore di più parti contestualmente e ciò è dimostrato dalla rilevata mancata prova – incombente alla società appellante, ora ricorrente – che la somma ricevuta dall’avv. Lenoci prima della proposizione dei ricorsi monitori fosse totalmente satisfattoria di ogni e qualsiasi suo credito per detta prestazione. Questo insindacabile apprezzamento di merito è stato fondato dalla Corte territoriale sull’assunto che dalla prodotta documentazione non era rimasta riscontrata tale circostanza e che difettava la specifica deduzione delle necessarie corrette imputazioni di somme versate anche dagli altri patrocinati, da far ritenere la possibile configurazione della già avvenuta pregressa estinzione del totale del credito professionale.

9. In definitiva, sulla scorta delle ragioni complessivamente esposte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i corrispondenti ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021

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