Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23885 del 03/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22004-2016 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in Taranto, via Duca degli Abruzzi n. 90, presso lo studio dell’avv.to GIOVANNI PINTO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e difeso dagli avvocati GIOVANNI CIGLIOLA, ANDREA MAGNO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 364/2016 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO, depositata il 18/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/04/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

FATTI DI CAUSA

1. P.L. citava in giudizio S.G., chiedendo accertarsi la nullità ex art. 1355 c.c. della condizione sospensiva apposta nella scrittura privata del 13 gennaio 2004 e per l’effetto la condanna del convenuto al pagamento in suo favore della somma di Euro 8000 o di altra ritenuta dovuta. In via subordinata, il P. chiedeva di dichiarare, ai sensi dell’art. 1359 c.c., che la condizione era da considerarsi avvenuta e per l’effetto di condannare il convenuto al pagamento in suo favore della medesima somma di Euro 8000. Sempre in via subordinata di condannare il convenuto al risarcimento del danno ex art. 1358 c.c. nella medesima misura sopra indicata e, in via ulteriormente gradata, anche ai sensi dell’art. 2041 c.c.

2. Il Tribunale di Taranto esaurita l’istruttoria condannava il convenuto al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 7064 oltre interessi legali dal 2 maggio 2006.

3. S.G. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

3.1 P.L. proponeva a sua volta appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello principale.

4. La Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava la sentenza impugnata, salvo il capo relativo alle spese del primo grado. In particolare, il giudice del gravame evidenziava che l’ingegner P. non aveva effettuato l’indagine geognostica e rispetto a tale attività non aveva diritto al compenso ma aveva posto in essere le attività successive rappresentate dalla relazione illustrativa di calcolo analitico, dagli elaborati grafici, dai calcoli costruttivi, dalla predisposizione della denuncia al genio civile di Taranto.

Infatti, la relazione geologica o geotecnica agli atti del fascicolo, pur essendo a firma di altro professionista, geologo A.C., si riferiva al progetto di edificio in ***** ove era prevista la costruzione di un fabbricato a cinque piani fuori terra da adibire a locali commerciali, uffici e civili abitazioni. Dalla relazione emergeva che l’area ricadeva in un ambito nel quale si disponeva di una vasta documentazione geognostica, pertanto, lo studio era stato limitato alla conduzione di sopralluoghi, nonché all’acquisizione di dati sufficienti a definire le tematiche progettuali connesse alle caratteristiche del sottosuolo locale. Secondo la Corte d’Appello, poiché l’estensore della relazione aveva dichiarato sotto giuramento di non conoscere e di non aver avuto alcun contatto con l’ingegner P., doveva presumersi che fosse stato lo stesso geometra S. a consegnare la suddetta relazione al P., in funzione dell’ulteriore attività professionale da compiersi. Pertanto, il possesso di tale relazione da parte del P. era fortemente significativo del fatto che, ai fini dell’indagine geologica, era stata ritenuta sufficiente da parte dello stesso S. la pregressa attività che era espressamente riferita all’intervento edilizio da realizzare in *****. Il piano strutturale era stato successivamente redatto dal P., salvo quello relativo alle attività geognostiche che, dunque, non potevano essere ricomprese nelle attività svolte. Peraltro, non poteva confondersi il progetto dell’ingegner B. con quello dell’ingegner P. essendo emerso dall’attività istruttoria espletata che quella dell’ingegner B. era attività di massima di natura architettonica propedeutica all’ottenimento del parere favorevole per il successivo permesso di costruire mentre l’attività svolta dal P. era una relazione tecnica illustrativa di calcolo con i relativi grafici e con il progetto strutturale attinente all’esecuzione dell’opera. Altrettanto chiaramente emergeva dagli atti processuali che il progetto in variante depositato dal S. era stato preso in considerazione dal Tribunale di Taranto al solo fine di considerare l’ulteriore suo comportamento che nonostante avesse ottenuto parere favorevole da parte dell’amministrazione comunale anche in relazione al progetto in variante non aveva proceduto agli adempimenti richiesti dal Comune, ovvero alla produzione dell’atto di asservimento di area a parcheggio e delle aree libere, né tantomeno al versamento degli oneri di urbanizzazione e costruzione indispensabili per ottenere il permesso a costruire. Infine, per quanto concerneva l’impugnazione della sentenza nella parte in cui la stessa non aveva dato il giusto rilievo alla circostanza dedotta dal S. di erroneità e inutilizzabilità del progetto strutturale del P. in quanto redatto non in base alla nuova normativa antisismica pubblicata l’8 maggio 2003 con cui era stata recepita l’ordinanza O.P.C.M. n. 3274 del 2003 doveva osservarsi che si trattava di una deduzione tardiva effettuata per la prima volta nella comparsa conclusionale, oltre il termine di definizione dell’oggetto del giudizio ex art. 183 c.p.c. e dunque da considerarsi tardiva anche in relazione al giudizio di appello ex art. 345 c.p.c. In ogni caso l’aggettivo nuova che precedeva le parole normativa antisismica nella lettera di incarico del 13 gennaio del 2004 era talmente generico da non potersi ritenere riferito alla parte delle disposizioni che prescrivevano nuove regole al riguardo piuttosto che alla disposizione altrettanto nuova per la quale sarebbe stato possibile per i progetti di massima già approvati utilizzare la normativa preesistente sempre che gli elaborati relativi fossero stati depositati dal committente presso il genio civile di Taranto entro il termine dell’8 novembre 2004 poi prorogato all’8 ottobre 2005, secondo il tempestivo invito espresso in tal senso dal P. al S. con due raccomandate. Peraltro, a seguito delle lettere di invito del P., nessuna contestazione era stata fatta dal S. circa l’omessa applicazione della nuova normativa antisismica. Doveva condividersi, pertanto, alla stregua delle emergenze probatorie acquisite, la decisione del Tribunale di ritenere intervenuto il recesso del committente nella pendenza della condizione sospensiva, prima ancora di conoscere l’esito del progetto redatto dall’attore. Peraltro, in assenza di prova circa l’esistenza di colpa del professionista o di altra causa non imputabile a colpa del committente, doveva ritenersi che l’avveramento della condizione non si era verificato per fatto del debitore ex art. 1218 c.c. e ciò legittimava l’attore a chiedere l’adempimento del contratto e, quindi, il pagamento del compenso pattuito in forza della finzione di avveramento della condizione di cui all’art. 1359 c.c.

5. S.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.

6. P.L. ha resistito con controricorso e in prossimità dell’udienza ha depositato memoria con la quale ha insistito nella richiesta di rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 1362,1363,2226 c.c., motivazione insufficiente e inadeguata.

La censura attiene al dedotto inadempimento del P. circa l’omesso utilizzo nell’elaborazione e redazione dei calcoli strutturali delle nuove normative come dedotto nel giudizio di merito con contestazione ritenuta tardiva dalla Corte d’Appello. Nella scrittura privata del 13 febbraio 2004, intervenuta dopo il terremoto che aveva colpito i territori al confine tra il Molise e la Puglia, la protezione civile aveva adottato l’ordinanza n. 3274 del 2003 con la quale aveva fornito una risposta immediata alla necessità di aggiornamento della classificazione sismica delle norme antisismiche. Si era prevista la possibilità, per le nuove costruzioni, di continuare ad applicare le norme tecniche previgenti per non oltre 18 mesi. La Regione Puglia in attuazione della L.R. n. 20 del 2000, art. 3 che demandava alla Regione l’individuazione delle zone sismiche e la formazione e l’aggiornamento dei relativi elenchi, aveva recepito il contenuto della suddetta ordinanza, prevedendo che per un periodo temporale di 18 mesi i committenti potessero esercitare la facoltà discrezionale di autorizzare la redazione dei relativi progetti sulla base delle previgenti norme tecniche ovvero delle nuove norme tecniche antisismiche approvate. Dunque, il committente o l’esecutore del progetto potevano decidere di applicare anche la normativa nuova oltre a quella previgente. Per questo motivo sarebbe erronea l’affermazione della Corte d’Appello circa la genericità dell’espressione della clausola contenuta nella scrittura del 13 febbraio 2004. Risulterebbero violati i canoni interpretativi mediante un’interpretazione frazionata della singola clausola e non nel contesto globalmente considerato. Infatti la clausola relativa alla relazione di calcolo analitico per gli interventi strutturali a servizio del complesso secondo le nuove vigenti normative doveva essere collegata al contenuto di quella successiva di redazione della pratica per il genio civile di Taranto, in quanto nessuna redazione di calcolo analitico poteva essere depositata presso il genio civile se eseguita secondo la previgente normativa, atteggiandosi la suddetta autorizzazione a requisito di inammissibilità o improcedibilità del procedimento amministrativo. Non sarebbero conferenti i rilievi della Corte d’Appello circa la mancata contestazione da parte del S. a seguito dell’invito ricevuto dal P..

1.2 Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non ha censurato la sentenza della Corte d’Appello di Taranto nella parte in cui ha ritenuto tardiva la deduzione di inutilizzabilità ed erroneità dell’elaborato tecnico in quanto redatto in base alla precedente normativa antisismica. A pag. 6 della sentenza si legge, infatti, che la suddetta deduzione era stata effettuata per la prima volta nella comparsa conclusionale del primo grado, oltre il termine di definizione del thema decidendum ex art. 183 c.p.c. e, dunque, tardiva anche in appello ex art. 345 c.p.c.

In proposito deve richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo cui: E’ inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam, e pertanto non costituente una ratio decidendi della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse (Sez. 1, Ord. n. 8755 del 2018).

Con il motivo in esame, il ricorrente censure l’interpretazione del contratto effettuata dalla Corte d’Appello solo ad abundantiam, avendo invece statuito che la contestazione era tardiva ex art. 345 c.p.c.

Peraltro, il motivo difetta anche di specificità, come evidenziato dal controricorrente, in quanto non è riportato il testo con il quale il S. aveva affidato l’incarico professionale al P.. Infatti, l’interpretazione del contratto è attività propria del giudice di merito e quando con il ricorso per cassazione tale interpretazione sia contestata le relative censure, per essere esaminabili, non possono risolversi nella mera contrapposizione tra la volontà dei contraenti così come ritenuta dal ricorrente e quella invece accertata dalla sentenza impugnata, ma debbono essere proposte o sotto il profilo della mancata osservanza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, delle norme che fissano i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. c.c. ovvero, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo in vigore ratione temporis, del vizio di motivazione consistito nell’omesso esame di un fatto decisivo, a condizione, però, che, in ossequio al principio dell’onere di specificità del motivo, tali censure siano accompagnate dalla trascrizione, nel corpo del ricorso, almeno nella stesura che ne consenta la piena comprensione, delle clausole asseritamente individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla Corte di cassazione di valutarne la fondatezza senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte: ciò che, nel caso di specie, come si è detto non è accaduto.

L’interpretazione di un atto negoziale, del resto, è un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, normalmente incensurabile in sede di legittimità, salvo che, come accennato, nelle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, alla stregua del c.d. “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nella formulazione attualmente vigente, ovvero, ancora, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, previsti dall’art. 1362 c.c. e ss. (Cass. n. 14355 del 2016, in motiv.). Pertanto, al fine di riscontrare l’esistenza dei denunciati errori di diritto o vizi di ragionamento, non basta che il ricorrente faccia, com’e’ accaduto nel caso di specie, un astratto richiamo alle regole di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., occorrendo, invece, che specifichi, per un verso, i canoni in concreto inosservati e, per altro verso, il punto e il modo in cui il giudice di merito si sia da essi discostato (Cass. n. 7472 del 2011; più di recente, Cass. n. 27136 del 2017). Ne consegue l’inammissibilità del motivo di ricorso che, come quelli in esame, pur denunciando la violazione delle norme ermeneutiche o il vizio di motivazione, sì risolva, in realtà, nella mera proposta di una interpretazione diversa rispetto a quella adottata dal giudice di merito (Cass. n. 24539 del 2009). In effetti, per sottrarsi al sindacato di legittimità sotto i profili di censura dell’ermeneutica contrattuale, quella data dal giudice al contratto non dev’essere l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 16254 del 2012; conf., più di recente, Cass. 27136 del 2017).

L’interpretazione data dalla Corte d’Appello alla scrittura del 13 febbraio 2004 circa la volontà di presentare il progetto in base alla normativa previgente è plausibile e ben motivata. Il S. nonostante avesse ottenuto parere favorevole da parte dell’amministrazione comunale anche in relazione al progetto in variante non aveva proceduto agli adempimenti richiesti dal Comune, ovvero alla produzione dell’atto di asservimento di area parcheggio delle delibere, né tantomeno al versamento degli oneri di urbanizzazione e costruzione indispensabili per ottenere il permesso a costruire. Inoltre, come evidenziato dalla Corte d’Appello, per i progetti di massima già approvati si poteva utilizzare la normativa preesistente sempre che gli elaborati relativi fossero stati depositati dal committente presso il genio civile di Taranto entro il termine dell’8 novembre 2004 poi prorogato all’8 ottobre 2005. In tal senso il P. con due raccomandate aveva invitato il S. a provvedere.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 2230,2237,1176,1197,1359,1724 c.c. erronea valutazione degli atti e dei documenti prodotti in giudizio, motivazione illogica e contraddittoria.

La censura attiene all’eccezione di inadempimento alla clausola del contratto che prevedeva una campagna di sondaggi geognostici valida. Tale compito professionale non era stato eseguito dal P. circostanza tempestivamente rilevata dal S. dinanzi al Tribunale e riproposta in appello. Dunque, oltre a non competere alcun compenso al P. per tale attività, doveva riconoscersi che la stessa era propedeutica al calcolo analitico strutturale come riferito dallo stesso P. in sede di interrogatorio formale e tale relazione geologica e geotecnica non era stata eseguita neanche dall’architetto A. ma dallo stesso S.. Pertanto, in mancanza di tale relazione, il S. non avrebbe potuto compiere calcoli analitici per gli interventi strutturali e tale assunto non sarebbe stato valorizzato dalla Corte d’Appello.

Risulterebbe evidente, inoltre, l’inadempimento del P. per non aver redatto i calcoli anche in base alla nuova normativa di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri e per aver elaborato i predetti calcoli senza il presupposto indispensabile della relazione geognostica e geologica. Tale inadempimento si riverbererebbe di conseguenza sulla condotta del S. che, non potendo utilizzare gli elaborati realizzati, avrebbe adottato un comportamento inerte consistito nel non depositare l’atto di asservimento a parcheggio che erroneamente sarebbe stato valutato come condizione verificata per colpa del committente ex art. 1359 c.c.

2.1 Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Il motivo si articola in due distinte censure, la prima delle quali sotto il profilo dell’inadempimento contrattuale è ripetitiva di quella sollevata con il primo motivo, relativa alla necessità di predisporre il progetto tenendo conto della nuova disciplina antisismica di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, e ne segue, pertanto, la medesima sorte di inammissibilità per le ragioni già esposte.

La restante censura riguarda il presunto inadempimento del P. per non aver posto in essere l’attività propedeutica consistente nella relazione geognostica e geologica.

Sul punto la Corte d’Appello ha evidenziato che tale aspetto non poteva valere come inadempimento perché le parti si erano accordate nel senso di utilizzare la precedente relazione già esistente che secondo la Corte d’Appello lo stesso S. aveva consegnato al P.. Il motivo, pertanto, si risolve in una richiesta di rivalutazione in fatto della vicenda non consentita nel giudizio di legittimità. Infatti, il ricorrente, lungi dall’evidenziare deficienze intrinseche delle argomentazioni che sorreggono il decisum, tende, in realtà, ad una non consentita rivalutazione delle emergenze processuali al fine di conseguirne una lettura a lui favorevole, ma diversa da quella fornita dal giudice di merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova. Nel giudizio di cassazione non è consentito ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.

3. Il ricorso è rigettato.

4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1500, più Euro 200 per esborsi;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

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