Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.23887 del 03/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12599-2015 prcposto da:

AZIENDA OSPEDALIERA DI REGGIO CALABRIA “BIANCHI-MELACRINO-MORELLI”, persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 28, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE MARINO, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO ANTONIO PLUTINO;

– ricorrente – principale –

contro

I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato NATALE CARBONE, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonché contro S.M.S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PETRACCA, (Studio Piacci-De Vivo-Petracca) che lo rappresenta e difende;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

nonché contro AZIENDA OSPEDALIERA DI REGGIO CALABRIA “BIANCHI-MELACRINO-MORELLI”;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

nonché contro C.M.T., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n..213/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 03/03/2015 R.G.N. 23/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/02/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza n. 213 del 2015, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale della stessa sede dell’11.12.2012, ha condannato l’Azienda Ospedaliera “Bianchi – Melacrino Morelli” al pagamento, in favore di S.M.S.M., della somma di Euro 210.000,00 a titolo di risarcimento ex art. 1338 c.c. per essergli stato revocato, nel novembre del 2008, l’incarico quinquennale di Direttore dell’Unità Operativa Complessa di ***** degli *****, unitamente al relativo contratto individuale di lavoro sottoscritto il 12.5.2008, a seguito dell’annullamento delle operazioni di procedura selettiva disposto in sede giudiziaria per un vizio nella pubblicazione del bando.

2. In particolare la Corte di appello, ritenuta per varie argomentazioni l’inevitabilità della risoluzione del contratto intercorso tra S. e l’AOP, ha tuttavia ritenuto sussistente il diritto del ricorrente al risarcimento dei danni secondo il disposto dell’art. 1338 c.c. perché l’Amministrazione avrebbe dovuto conoscere la superficialità con cui aveva gestito la fase successiva della procedura concorsuale in violazione dei principi di buon andamento ed efficienza e perché il vizio della procedura stessa non poteva essere percepita dallo S. in quanto riguardante problematiche teoriche tutt’altro che scontate e oggetto di approfondito dibattito fra gli specialisti del diritto amministrativo e civile.

3. Avendo riguardo al fatto che il risarcimento del danno dovesse essere ragguagliato al lucro cessante o al danno emergente determinati dalla violazione della controparte e al comportamento di questa in modo rigorosamente consequenziale e diretto, la Corte territoriale ha liquidato i suddetti importi: Euro 5.520,28 per spese documentate per la permanenza in *****; Euro 10.000,00 (arrotondati) per la perdita dell’abbandono dell’attività libero-professionale in *****; Euro 199.000,00 per danno professionale e all’immagine: il tutto ridotto ad Euro 210.00,00 per la compensatio lucri cum damno, a seguito del vantaggio consistito nell’avere avuto l’opportunità di esercitare un primariato.

4. La Corte di merito ha, poi, ritenuto che lo S. avesse diritto al pagamento delle retribuzioni maturate durante il periodo di servizio effettivo cioè dal 12 maggio al 6 novembre 2008 ex art. 2126 c.c.. Ha, infine, ritenuto assorbite le domande formulate da I.G., quale controinteressato, perché subordinate all’accoglimento dell’appello dello S. diretto alla reintegrazione nel posto di lavoro, che non era stato giudizialmente riconosciuto.

5. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabria “Bianchi – Melacrino Morelli” affidato a tre motivi.

6. S.M.S.M. ha resistito con controricorso, formulando ricorso incidentale sulla base di quattro motivi, cui ha resistito a sua volta l’Azienda Ospedaliera sopra indicata.

7. I.G. ha resistito con controricorso al ricorso della ricorrente principale.

8. C.M.T., + ALTRI OMESSI non hanno svolto attività difensiva.

9. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

10. S.M.S.M. e I.G. hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1338 c.c., per avere errato la Corte di merito nel ritenere la responsabilità ex art. 1338 c.c., in capo ad essa Azienda, in una ipotesi in cui l’invalidità della procedura era percepibile da entrambi i contraenti in quanto la riapertura dei termini per la partecipazione alla selezione e, dunque, il successivo contratto stipulato con lo S. erano stati posti in palese violazione di legge e, addirittura, in violazione degli elementari principi costituzionali, rilevabili da entrambi i contraenti.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 1338,1226 e 2697 c.c. per l’erronea quantificazione, da parte della Corte territoriale, del risarcimento del danno pari a 199.000,00 Euro per l’abbandono dell’attività professionale in *****, non potendosi considerare prova, ai sensi del codice civile, la produzione di dichiarazione dei redditi di anni pregressi così riconoscendo allo S. il diritto di ottenere a titolo di risarcimento del danno un importo di misura pari all’integrale guadagno che lo stesso aveva percepito negli anni 2006-07 per lo svolgimento dell’attività libero-professionale, presumendo che il dirigente medico avrebbe certamente replicato il predetto guadagno nella medesima ed integrale misura.

4. Con il terzo motivo si obietta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1338 c.c., dell’art. 1226c.c., dell’art. 1223c.c. e dell’art. 1243 c.c., per non avere applicato la Corte territoriale correttamente il principio della compensatio lucrum cum damno: in particolare per non essere stato valutato il vantaggio conseguito dallo S., con la percezione delle retribuzioni per l’incarico illegittimamente svolto di Direttore dell’UOC, rispetto al danno patito per la illegittima riapertura dei termini della procedura a seguito della quale era stato illegittimamente ammesso a partecipare alla selezione e a stipulare, successivamente, in data 12.5.2008, un contratto dichiarato conseguentemente illegittimo.

5. Con il primo motivo del ricorso incidentale lo S. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1338, dell’art. 2056, dell’art. 2043 e dell’art. 2697 c.c., per non avere la Corte territoriale liquidato il danno da perdita di chances, costituito dalla mancata partecipazione ad altre procedure selettive perché aveva confidato nella validità e durata del contratto stipulato con l’AOP di Reggio Calabria, sull’errato presupposto di non avere dimostrato di possedere i titoli per partecipare ad altre selezioni per posizioni previste da altri bandi, quando invece, si trattava di incarichi omologhi per i quali era già in possesso dei relativi requisiti.

6. Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1338, dell’art. 2043, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., per non essere state riconosciute, a titolo di risarcimento dei danni, le spese per il mantenimento dello studio professionale *****.

7. Con il terzo motivo si obietta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1338, dell’art. 2043, dell’art. 2056 c.c., dell’art. 437c.p.c., dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per non avere la Corte di appello riconosciuto, quali voci risarcitorie, gli importi dovuti a perdita di ferie, permessi e crediti non goduti presso la Amministrazione di appartenenza.

8. Con il quarto motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 15 e 17 del CCN Dirigenza medica del SSN anni 2002/2005, dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., perché erroneamente, dalla Corte territoriale, non gli erano stati riconosciuti i trattamenti retributivi non erogati dall’Azienda Ospedaliera sul presupposto di una assenza della domanda subordinata di risarcimento danni derivati dalle caratteristiche usuranti della prestazione svolta, senza però considerare le allegazioni svolte: in particolare, in ordine alla circostanza che non era stata chiesta la remunerazione di ore di straordinario, ma il pagamento di attività svolte per l’attivazione del piano delle emergenze; il tutto in un contesto di grave carenza del personale medico dei reparti.

9. Il primo motivo del ricorso principale è fondato e va, pertanto, accolto.

10. La dottrina ha precisato che, ai fini di ravvisare la responsabilità ex art. 1338 c.c., è necessaria, nel contesto della stipulazione del contratto invalido o inefficace, la induzione dolosa o colposa per un contraente e, per l’altro, l’affidamento senza colpa nella validità del contratto.

11. Invero, la norma di cui all’art. 1338 c.c., letta in combinato disposto con l’art. 1337 c.c., da un lato, tutela la libertà negoziale delle parti nella fase antecedente la stipulazione del contratto, dall’altro, esige che le stesse tengano un comportamento improntato alla correttezza e alla buona fede.

12. Il rispetto dei suddetti principi si concretizza anche nel dovere di cooperazione e di informazione reciproca tra le parti. Solo qualora una parte venga meno a tali doveri, danneggiando l’altra, si può profilare la violazione dell’art. 1338 c.c.

13. Il concorso di colpa del presunto danneggiato, che negligentemente abbia ignorato una causa di invalidità del contratto, esclude pertanto automaticamente la responsabilità di cui all’art. 1338 c.c. in capo al danneggiante.

14. In tal caso, viene meno il legittimo affidamento maturato nella validità del contratto concluso, poiché esso può essere riconosciuto e tutelato soltanto nella misura in cui non derivi da un atteggiamento colpevole del soggetto che lo invoca.

15. Più specificamente in relazione alla fattispecie in esame, questa Corte ha affermato, con un indirizzo cui si intende dare seguito (Cass. n. 2316/2020) che, nel pubblico impiego privatizzato, qualora il contratto di lavoro sia nullo per violazione di norma imperativa, il dipendente non può fare valere l’affidamento riposto sulla legittimità dell’assunzione per fondare una domanda di reintegrazione nel posto di lavoro, ma può esercitare l’azione risarcitoria ex art. 1338 c.c., con onere della prova a suo carico del pregiudizio subito, al fine di ottenere il risarcimento del danno rappresentato dalle spese sostenute e dal mancato guadagno derivante dalla perdita di altra occupazione o di altre occasioni di lavoro; in tal caso, si è precisato in sede di legittimità, la responsabilità della pubblica amministrazione è esclusa laddove la nullità del contratto di impiego dipenda dalla violazione di norme imperative concernenti i requisiti di validità delle assunzioni, che si presumano conosciute dalla generalità dei cittadini, purché le circostanze di fatto dalle quali dipende l’invalidità dell’assunzione fossero conosciute o conoscibili mediante l’uso della normale diligenza (Cass. n. 2327/2016; Cass. n. 20415/2019).

16. Configura, pertanto, orientamento consolidato quello secondo cui il contraente non può invocare la responsabilità ex art. 1338 c.c. tutte le volte in cui l’invalidità del contratto derivi dalla violazione di norme imperative (Cass. n. 4635/2006; Cass. n. 11135/2009; Cass. n. 2316/2020) delle quali può presumersi la conoscenza e la cui ignoranza avrebbe potuto essere superata attraverso l’uso della normale diligenza.

17. Occorre rammentare al riguardo, prima di valutare il merito della censura, che il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 7394/2010; Cass. n. 195/2016; Cass. n. 24155/2017; Cass. n. 24054/2017).

18. Sviluppando il richiamato principio è stato evidenziato che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 comprende anche la falsa applicazione della norma, ossia il vizio di sussunzione del fatto, che “consiste o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma in relazione alla fattispecie concreta conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione” (Cass. 26.9.2005 n. 18782 e Cass. 23.9.2016 n. 18715); in tal caso la Corte di legittimità non è chiamata ad esprimere un giudizio di fatto ed a sostituire la propria valutazione delle risultanze processuali a quella effettuata dal giudice del merito, perché ciò che le si chiede è un giudizio di valore sulla correttezza o meno della sussunzione della fattispecie concreta, così come accertata nella sentenza gravata, nella norma giuridica della quale si contesta l’applicazione;

19. Orbene, osserva il Collegio che il primo dato da tenere in considerazione, nell’analisi della censura, è quello secondo cui, nel caso in esame, la Corte territoriale ha espressamente dichiarato che il contratto intercorso tra lo S. e la Azienda Ospedaliera datrice di lavoro, proprio per la natura pubblica di questa, che non veniva meno per il fatto che operasse con gli strumenti del diritto civile, era nullo perché posto in essere in contrasto con il vincolo di organico della PA che, oltre a nascere da norma imperativa, apparteneva ai principi di ordine pubblico e discendeva in via diretta dalla Costituzione.

20. Invero, i giudici di seconde cure hanno precisato che, proprio con riferimento a tale vincolo organico, l’Azienda ospedaliera mai avrebbe potuto continuare a tenere lo S. nella posizione di primariato a fronte dell’inesistenza di un suo diritto a ricoprirlo e, invece, in presenza di un ordine giudiziale di ripetere le operazioni di scelta.

21. Tale statuizione è giuridicamente corretta e non risulta essere stata specificamente impugnata.

22. Il secondo dato da vagliare e’, poi, rappresentato dal fatto che le circostanze in concreto che avevano indotto la PA a riaprire i termini erano conosciute dallo S. che si era avvalso, per partecipare alla procedura concorsuale, proprio di tale facoltà.

23. L’ordinaria diligenza che, in questo caso, incombeva sul contraente privato non era quella di conoscere le problematiche giuridiche sottese all’error iuris della Pubblica Amministrazione, in particolare delle cause di nullità in senso tecnico del contratto, ma quella consistente in un dovere di informazione sulla regolarità della procedura concorsuale che aveva avuto certamente un palese andamento anomalo, rispetto alla fisiologia del sistema, nella disposta riapertura dei termini.

24. L’ordinaria diligenza può essere intesa, infatti, oltre che quale fonte di integrazione del contenuto dell’obbligazione (cd. diligenza-dovere, con funzione determinativa), anche come parametro del giudizio di responsabilità (cd. diligenza-criterio, con funzione di controllo).

25. Entrambi gli aspetti avrebbero dovuto essere tenuti in considerazione proprio perché la stessa gravata sentenza riporta che già nel 2006, da tale dottoressa A., era stata prospettata la possibilità della presentazione di ricorsi in sede amministrativa per le irregolarità sulla pubblicazione del bando.

26. A fronte, pertanto, di una procedura non lineare nel suo espletamento, i cui dubbi di regolarità erano conosciuti da entrambi i contraenti, l’accertamento che si sarebbe dovuto svolgere, in ordine alla condotta dei contraenti, era quello di verificare se la sottoscrizione del contratto fosse avvenuta nella consapevolezza di un possibile annullamento del concorso e nella conseguente eventuale accettazione del rischio, da parte dello S., sul fatto che la Delib. 14 aprile 2008, la quale lo aveva individuato quale destinatario della nomina, potesse essere revocata.

27. Il parametro cui bisognava avere riguardo, per valutare la ordinaria diligenza, non era quello tecnico-giuridico dell’interpretazione della norma e dei precetti ivi contenuti, ma quello comportamentale rispetto alle circostanze di fatto da cui desumere la invalidità del contratto stipulato in contrasto con norme imperative.

28. E’ tale condotta a rilevare, in questa ipotesi, ai fini della responsabilità ex art. 1338 c.c. e che andava indagata ai fini della corretta sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta prevista dalla legge.

29. Alla stregua di quanto esposto, il primo motivo del ricorso principale va, quindi accolto, con assorbimento della trattazione degli altri nonché del ricorso incidentale ad esso connessi.

30. La gravata sentenza deve essere pertanto, cassata in relazione a tale motivo e la causa va rinviata alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame avendo riguardo ai principi sopra esposti e provvederà altresì alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri nonché il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

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