LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11199/2017 R.G. proposto da BLUE S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., e B.U., rappresentati e difesi dall’Avv. Monica Volpato, elettivamente domiciliati in Roma, alla Via Cicerone n. 28, presso l’avv. Generoso Petrillo;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI VENEZIA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Maurizio Ballarin, Antonio Iannotta, Nicoletta Ongaro, e Nicolò Paoletti, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Barnaba Tortolini 34;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2209/2016, depositata il 3.11.2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.4.2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giacalone Giovanni, che ha chiesto di respingere il ricorso.
FATTI DI CAUSA
B.U. e dalla Blue s.r.l. hanno proposto opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 9340/2014" con cui il Comune di Venezia ha ordinato il pagamento della sanzione pecuniaria di Euro 371,20 e disposto la confisca dell’imbarcazione, in applicazione della L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 43, comma 1, lett. a) e art. 44 contestando agli opponenti lo svolgimento dell’attività di noleggio con conducente nel territorio di Venezia senza la prescritta autorizzazione comunale. Gli ingiunti, oltre ad eccepire la nullità della notifica del provvedimento, avevano sostenuto di non affatto aver svolto, così come contestato, l’attività di taxi acqueo, ma, del tutto legittimamente, il trasporto di persone con conducente in base all’autorizzazione rilasciata dal Comune di Jesolo, avendo prelevato taluni utenti presso l’Hotel ***** per condurli all’aeroporto *****. Detta condotta poteva al più integrare lo svolgimento del noleggio in violazione di legge o del regolamento (art. 43, lett. c) L.R.), ma non la diversa e più grave ipotesi di cui alla lett. a) della citata disposizione, conseguendone anche l’illegittimità della confisca del natante.
Il tribunale ha respinto l’opposizione, regolando le spese, con sentenza confermata in appello.
La Corte distrettuale di Venezia ha escluso la violazione del principio di legalità ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 1 ritenendo irrilevante che fosse stato inizialmente contestato lo svolgimento del servizio taxi in assenza di autorizzazione, poiché la violazione, già riqualificata in sede di emissione dell’ordinanza-ingiunzione come infrazione delle disposizioni che disciplinano il noleggio con conducente, era chiaramente individuata e consisteva nell’esercizio del servizio all’interno del Comune di Venezia, in carenza di autorizzazione.
Ha difatti osservato che, a norma della L.R., art. 5 e della L. n. 21 del 1992, art. 11 il noleggio doveva iniziare ed esser interamente svolto nel territorio del Comune di Jesolo (che aveva rilasciato l’autorizzazione), non potendo detta autorizzazione valere anche per il territorio di un diverso Comune, reputando irrilevante che l’imbarcazione fosse – eventualmente – partita dalla rimessa degli opponenti.
Secondo la Corte territoriale, il principio di efficacia territoriale dell’autorizzazione comunale non violerebbe il D.L. n. 138 del 2011, art. 3 (in tema di abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle attività economiche), né la Direttiva comunitaria 123/2006, essendo i servizi di trasporto esclusi dalla regime di liberalizzazione, giustificandosi comunque le restrizioni del regime di libera concorrenza dall’esigenza di tutelare il delicato equilibrio ambientale della laguna di Venezia.
La sentenza ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 44 L.R. Veneto, ove dispone la confisca obbligatoria dei natanti in caso di esercizio del noleggio in assenza di autorizzazione, per l’impossibilità di ravvisare un’irragionevole disparità rispetto al diverso e meno gravoso trattamento del trasporto su gomma, la cui disciplina non prevede nella medesima ipotesi – la confisca del veicolo.
La Blue s.r.l. e B.U. hanno proposto ricorso in sei motivi, illustrati con memoria.
Il Comune di Venezia ha proposto controricorso e memorie illustrative.
Con ordinanza interlocutoria n. 597/2020 la causa è stata rimessa alla pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo censura la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 1,L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 43, comma 1, lett. a) e art. 44, art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Sostengono i ricorrenti, che essendo stati autorizzati dal Comune di Jesolo ad esercitare il noleggio con conducente ed avendo effettuato il prelevamento e lo sbarco dei clienti nel Comune di Venezia, poteva al più essergli contestata l’ipotesi regolata dall’art. 43, comma 1, lett. c), che punisce l’esercizio del NCC in violazione delle prescrizioni di legge o di regolamento.
L’ordinanza sarebbe stata emessa in violazione del principio di tipicità delle fattispecie sanzionatorie o in applicazione analogica dell’ipotesi regolata dall’art. 43, lett. a), pur in assenza di un vuoto normativo. Detta norma si applicherebbe – invece – solo a chi eserciti in noleggio senza essere in possesso di alcuna autorizzazione, come confermato da taluni progetti di legge in corso di approvazione dalla Regione Veneto.
Infine, sull’eccepita violazione del principio di tipicità dell’illecito amministrativo, sollevata con i motivi di appello, la Corte di merito non avrebbe assunto alcuna decisione.
Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione della L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 5 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando alla Corte di merito di aver erroneamente ritenuto che il servizio dovesse interamente svolgersi nel territorio del Comune di Jesolo e che l’autorizzazione rilasciata da detto Comune non potesse valere per l’intero territorio, trascurando che l’art. 5 L.R. nulla prescrive circa il punto di partenza e di arrivo del trasporto e che la L. n. 21 del 1992, art. 11, comma 4, prevede espressamente che il prelevamento e l’arrivo degli utenti possono avvenire anche nel territorio di Comuni diversi da quello che abbia rilasciato l’autorizzazione.
Inoltre l’art. 15, comma 4 e art. 31, comma 1, punto 4 Regolamento di attuazione della L.R. n. 153 del 1993, adottato dal Comune di Venezia, disciplinano espressamente le modalità con cui deve essere svolto il noleggio ad opera dei natanti autorizzati da altri Comuni, a conferma del fatto che l’autorizzazione non ha un’efficacia territorialmente limitata.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver la sentenza ritenuto irrilevante accertare se il trasporto fosse iniziato con partenza dal Comune di Jesolo, pur essendo tale condizione, la cui prova competeva all’amministrazione, decisiva per il legittimo esercizio della potestà sanzionatoria.
1.1. I tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati nei termini che seguono.
Nell’esaminare il primo motivo di appello, la sentenza ha posto in rilievo che, proprio in ottemperanza al principio di tipicità dell’illecito, era stato correttamente contestato lo svolgimento del noleggio con conducente in assenza di autorizzazione, rilevando inoltre che la configurabilità dell’ipotesi regolata dalla L.R. n. 63 del 1933, art. 43, lett. a) (esercizio del servizio in carenza di autorizzazione) discendeva dalla dimensione territoriale dell’autorizzazione.
Secondo la sentenza, la possibilità di svolgere il servizio solo nell’ambito del comune autorizzante sarebbe sancita anche dalle disposizioni della L.R. n. 63 del 1993, che prevedono che lo stazionamento dei natanti deve avvenire presso pontili situati nel territorio dell’ente locale autorizzante (pontili che devono essere diversi da quelli impiegati per il servizio di taxi acqueo).
Non sussiste – per quanto osservato – la denunciata omissione di pronuncia, avendo la sentenza esplicitamente escluso, per le ragioni di cui si è detto, la violazione del principio di tipicità dell’illecito ad opera dell’autorità procedente.
1.2. La Corte distrettuale ha ritenuto che il prelevamento dei clienti effettuato nel territorio Comunale di Venezia, da parte della Blue s.r.l., titolare di un’autorizzazione rilasciata dal Comune di Jesolo, integrerebbe l’esercizio del servizio in carenza di autorizzazione, poiché dalla L.R. Veneto n. 63 del 1933, art. 5 dovrebbe trarsi il principio secondo cui il noleggio deve iniziare e svolgersi per intero nel Comune autorizzante.
Tanto confermerebbe anche la L. n. 21 del 1992, art. 11 ove dispone che il prelevamento degli utenti e l’inizio del servizio devono essere effettuati con partenza dal territorio del Comune che abbia rilasciato la licenza, non avendo rilievo che l’imbarcazione fosse partita dal territorio di Jesolo.
Tale assunto non può essere condiviso.
La L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 3 riproducendo la corrispondente previsione della L. quadro n. 21 del 1992, qualifica il noleggio con conducente con natante a motore come servizio non di linea, per il quale, ai sensi del successivo art. 5, comma 5, è necessario il rilascio di un’autorizzazione comunale, alle condizioni e con le modalità previste da apposito regolamento locale.
Il servizio è rivolto all’utenza specifica che avanza apposita richiesta presso la sede del vettore, per una determinata prestazione a tempo e/o a viaggio. Lo stazionamento dei natanti adibiti al noleggio deve avvenire negli specchi d’acqua e presso i pontili di attracco situati nel Comune che abbia concesso l’autorizzazione (art. 5, comma 2).
Da tali pontili deve obbligatoriamente avere inizio il servizio (art. 18, comma 6).
Analoghe disposizioni sono contenute negli artt. 3, commi 2 e 3 e art. 8, comma 3 dalla legge quadro per il trasporto di persone mediante servizi non di linea (L. n. 21 del 1992), come modificata dal D.L. n. 207 del 2008, art. 29, comma 1-quater.
La L.R. n. 63 del 1933, art. 43 prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria da Lire 500 mila a Lire 2 milioni in caso di esercizio di servizi pubblici non di linea per via d’acqua, in assenza della prescritta autorizzazione o licenza; b) da Lire 100 mila a Lire 400 mila in caso di inottemperanza agli obblighi stabiliti nel provvedimento di autorizzazione o di licenza; c) da Lire 200 a Lire 800 mila, in caso di violazione di disposizioni di legge o regolamenti.
Ai sensi dell’art. 44, comma 1 la sanzione accessoria della confisca del natante è applicabile solo alla violazione dell’art. 43, comma 1, lett. a).
1.3. La disciplina del NCC è contenuta inoltre nella legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi non di linea (L. n. 21 del 1992).
Per quanto qui rileva, il testo originario dell’art. 11, comma 2, nel disciplinare gli obblighi dei titolari di licenza per l’esercizio del servizio di taxi, disponeva che il prelevamento dell’utente e l’inizio del servizio dovevano essere effettuati con partenza dal territorio del Comune che aveva rilasciato la licenza per qualunque destinazione, previo assenso del conducente per le destinazioni oltre il limite comunale o comprensoriale, fatto salvo quanto previsto dall’art. 4, comma 5.
Fino alle modifiche introdotte dal D.L. n. 207 del 2008, art. 29, comma 1-quater, la L. n. 21 del 1992 non conteneva – invece – una specifica regolazione delle modalità di svolgimento dei servizi esercitati su autorizzazione comunale (atteso che, come detto, l’art. 11, comma 2, si riferiva testualmente solo ai trasporti effettuati dai titolari di licenza, quale il servizio taxi) e tuttavia il comma 2 della disposizione è stato correttamente ritenuto applicabile anche al noleggio con conducente, in mancanza di una previsione ad hoc e alla luce della portata generale della rubrica (Consiglio di Stato 1665/1996; Tar Aosta 18/2014; Tar Milano 1849/2015).
Di conseguenza, già nell’originario disegno della L. n. 21 del 1992 tale servizio era legittimamente esercitabile in presenza di almeno una delle seguente condizioni: a) se l’inizio del noleggio, inteso come messa a disposizione del natante, avesse avuto luogo con partenza dal territorio del Comune autorizzante, sempre che il tratto di strada, dalla rimessa al punto di prelevamento dell’utente, fosse stato percorso nell’interesse esclusivo di quest’ultimo e a titolo oneroso per l’intero tragitto (fino al punto di imbarco dell’utente stesso: in tal senso, Cass. 22296/2010, con specifico riferimento alla disciplina del taxi acqueo, ma in applicazione dell’art. 11, comma 2 citato); b) se il prelevamento dell’utente fosse avvenuto nel territorio del Comune autorizzante.
Quindi, ove la chiamata del cliente fosse giunta alla rimessa e da tale punto avesse avuto inizio il servizio, era consentito (salvo eventuali prescrizioni locali più restrittive) il prelevamento dei passeggeri – o comunque l’esercizio del trasporto – anche nel territorio di un Comune diverso da quello che avesse concesso l’autorizzazione.
Il principio di afferenza territoriale delle singole autorizzazioni andava – difatti – inteso non quale proiezione di un divieto assoluto di esercitare il noleggio fuori dall’ambito comunale di riferimento, ma nel senso che in detto territorio doveva essere collocata la rimessa e presso di essa doveva effettuarsi lo stazionamento dei natanti e dovevano pervenire le chiamate.
Solo entro tali limiti andava dunque preservata “la dimensione locale del servizio, finalizzato in primo luogo a soddisfare le esigenze della comunità locale e di coloro che si fossero trovati sul territorio comunale, anche se, ovviamente, in modo non esclusivo, potendo essere effettuato senza limiti territoriali, sia pure a date condizioni (Consiglio di Stato 2808/2016; Tar Lazio 5148/2015; Tar Pescara 137/2016).
1.3. La L. n. 21 del 1992 è stata successivamente modificata dal D.L. n. 207 del 2008, art. 29, comma 1-quater, convertito con L. n. 14 del 2009, prevedendo, all’art. 3, comma 2, che la sede del vettore e la rimessa devono essere situate, esclusivamente, nel territorio del comune che ha rilasciato l’autorizzazione.
E’ stato inoltre introdotto l’art. 5 bis, a mente del quale per il servizio di noleggio con conducente, i Comuni possono prevedere la regolamentazione dell’accesso nel loro territorio o, specificamente, all’interno delle aree a traffico limitato da parte dei titolari di autorizzazioni rilasciate da altri comuni, mediante la preventiva comunicazione contenente, con autocertificazione, l’osservanza e la titolarità dei requisiti di operatività della legge e dei dati relativi al singolo servizio per cui si inoltra la comunicazione e/o il pagamento di un importo di accesso.
L’art. 8, comma 3, richiede la disponibilità, in base a valido titolo giuridico, di una sede, di una rimessa o di un pontile di attracco situati nel territorio del comune interessato, quale condizione indispensabile non solo per ottenere ma anche per aver titolo a conservare l’autorizzazione.
L’art. 11, comma 2 è rimasto immutato, mentre è stato integralmente riscritto il comma 4 che, con previsione specificamente rivolta a regolare i servizi svolti previa autorizzazione comunale (- e quindi proprio il noleggio con conducente -) dispone che le prenotazioni sono effettuate presso la rimessa e che l’inizio ed il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono avvenire alla rimessa situata nel Comune di appartenenza, con ritorno alla stessa, mentre il prelevamento e l’arrivo a destinazione dell’utente possono avvenire anche nel territorio di altri Comuni (rendendo ancor più chiaro che, a differenza del servizio di taxi, il noleggio non inizia, di regola, con il prelevamento dell’utente, ma con la partenza dalla rimessa per dirigersi alla volta dell’utente da prelevare: Consiglio di Stato n. 6990/2009 e Tar Milano n. 1849/2015).
Le disposizioni innovative introdotte dal citato art. 29 – attualmente confluite, in parte qua, nel D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, art. 10-bis, comma 1, lett. b), – hanno sostanzialmente ribadito la previsione di un ambito territoriale di specifica operatività del NCC, frutto di “discrezionalità normativa nella individuazione di una dimensione organizzativa ottimale del servizio, tenendo conto della sua vocazione locale che giustifica la correlata introduzione di limiti al libero esercizio dell’attività di trasporto, con la precisazione che però tale servizio può svolgersi – a date condizioni – senza vincoli territoriali di prelevamento e di arrivo a destinazione dell’utente (cfr. Corte costituzionale 56/2020, specificamente par. 5.4, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme di cui all’art. 10 bis citato, limitatamente alla previsione, già contenuta nel D.L. n. 207 del 2008, art. 29, comma 1-quater, lett. d), che obbligava il vettore ad iniziare e terminare ogni singolo servizio di NCC presso le rimesse e a rientrare alla sede al termine di ciascun viaggio).
1.4. il D.L. n. 5 del 2009, art. 7-bis, comma 1, aveva sospeso l’entrata in vigore dell’art. 29, comma 1-quater fino al 30.6.2009, termine poi ulteriormente prorogato.
Successivamente il D.L. n. 40 del 2010, art. 2 aveva disposto che “ai fini della rideterminazione dei principi fondamentali della disciplina di cui alla L. 15 gennaio 1992, n. 21, secondo quanto previsto dal D.L. n. 10 febbraio 2009, n. 5, art. 7-bis, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 aprile 2009, n. 33, e allo scopo di assicurare omogeneità di applicazione di tale disciplina in ambito nazionale, con Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata di cui al D.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate”, entro e non oltre il termine di sessanta giorni (poi differito al 31 dicembre 2010), urgenti disposizioni attuative, tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia. Con il suddetto decreto sono, altresì, definiti gli indirizzi generali per l’attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi”.
Si è però escluso che l’entrata in vigore del D.L. n. 207 del 2008, art. 29 abbia subito un differimento in blocco per effetto del D.L. n. 40 del 2010, art. 2 (Cass. 12679/2017; nel senso della generale entrata in vigore della norma anche Cass. pen. 53184/2016), essendo entrate immediatamente in vigore le disposizioni non richiedenti l’adozione di norme attuative o di dettaglio, tra cui il menzionato L. n. 21 del 1992, art. 11, comma 4 (cfr., Consiglio di Stato nn. 5154/2017 e 863/2016).
Ciò in quanto le disposizioni di proroga di cui al D.L. n. 40 del 2010 avevano una formulazione diversa dal D.L. n. 5 del 2009, art. 7 bis poiché “evocavano l’esigenza di ridefinire la disciplina ed elaborare indirizzi generali per l’attività di programmazione e pianificazione delle Regioni e per l’attività dei Comuni nel rilascio delle autorizzazioni, senza con ciò privare di portata immediatamente precettiva e di immediata applicabilità le norme della legge quadro statale che disciplinavano, nella versione modificata, l’attività di esercizio dell’attività di noleggio con conducente (cfr., letteralmente, Tar Abruzzo-Pescara 3/2018; Tar Lazio 5148/2015; Cass. 12679/2017).
Successivamente, con l’adozione del D.L. n. 244 del 2016, art. 9, comma 3, convertito con L. n. 19 del 2017, e della L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 1136, lett. b) si è disposto che “al D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 2, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2010, n. 73, le parole: “31 dicembre 2016” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2017” e che quindi la sospensione dell’efficacia disposta dal D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art. 7-bis, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 aprile 2009, n. 33, si intende prorogata fino al 31 dicembre 2017 e poi fino al 31.12.2018.
Va da ultimo ricordato come il D.L. n. 135 del 2018, art. 10-bis abbia abrogato, a decorrere dal 1 gennaio 2019, sia il comma 3 del D.L. n. 40 del 2010, art. 2, che l’art. 7-bis del D.L. n. 5 del 2009, che avevano sospeso l’efficacia della disciplina dettata dal D.L. n. 207 del 2018, art. 29, comma 1-quater. Di conseguenza, dal 1 gennaio 2019 hanno acquistato efficacia le disposizioni modificative della L. n. 21 del 1992 introdotte dal D.L. n. 207 del 2008, art. 29, comma 1-quater, come ulteriormente modificate dal D.L. n. 135 del 2018, art. 10-bis del mentre è venuta meno la previsione di “urgenti disposizioni attuative” dirette a contrastare il fenomeno dell’abusivismo, da adottare con decreto ministeriale (cfr. testualmente, Corte Cost. 56/2020, par. 3.1.) 1.5. Tirando le somme, tenuto conto della data di consumazione dell’infrazione contestata (risalente al 2014), deve concludersi che, sia alla luce dell’originaria formulazione della L. n. 21 del 1992, art. 11, comma 2, che delle modifiche successivamente adottate con D.L. n. 207 del 2008 (art. 11, comma 4), ed infine in base alle disposizioni della L.R. Veneto n. 63 del 1993, che non contiene – in proposito prescrizioni più restrittive, gli esercenti comunque muniti di una data autorizzazione comunale possono – a date condizioni – effettuare il trasporto nel territorio di un Comune, senza incorrere nella sanzione di cui alla L.R. n. 63 del 1993, art. 43, lett. a) fatta salva l’eventuale violazione degli obblighi previsti dall’autorizzazione o delle specifiche disposizioni di legge o di regolamento (art. 43, lett. b e c).
L’efficacia dell’autorizzazione anche al di fuori dell’ambito comunale di riferimento è esplicitamente riconosciuta dall’art. 15, comma 4, del Regolamento in attuazione della L.R. n. 63 del 1993 – Norme per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di servizi di trasporto non di linea nelle acque di navigazione interna nella città di Venezia – ove prescrive che “i natanti autorizzati al NCC in virtù di autorizzazioni rilasciate da amministrazioni comunali diverse da quella di Venezia, devono utilizzare esclusivamente gli appositi approdi allestiti nel Comune di Venezia solo per le operazioni di sbarco e successivo reimbarco, funzionali alla visita della città”.
Peraltro, ai sensi della L.R. n. 63 del 1993, art. 6, u.c., il solo NCC svolto a remi deve essere esercitato esclusivamente all’interno dell’area comunale.
In definitiva, ove il servizio – autorizzato da altro Comune ma svolto nel territorio di Venezia – si sia tradotto in attività diverse da quelle consentite dal regolamento (che ammette solo lo sbarco e il reimbarco dei passeggeri per finalità di visita della città), si configura l’ipotesi sanzionatoria dell’art. 43, lett. c) L.R., ma resta esclusa la confisca obbligatoria del natante.
Posta invero la distinzione normativà tra noleggio esercitato in assenza di autorizzazione (art. 43, lett. a) L.R.) e servizio esercitato in difformità dall’autorizzazione o di legge (art. 43, lett. b e c), il discrimine non va ricondotto ad un preteso limite territoriale dell’autorizzazione nell’ambito di un singolo Comune, ma nel fatto che, nel primo caso, il trasporto è effettuato in modo totalmente abusivo e in radicale carenza di titolo, giustificando in tal caso – sul piano della ragionevolezza e della proporzionalità delle conseguenze afflittive, rispetto alla gravità della violazione – anche l’applicazione obbligatoria della confisca.
La sentenza impugnata – avendo sostenuto il contrario – è incorsa nell’errore denunciato.
A sostegno della tesi del Comune non soccorrono – infine – né il precedente di questa Corte di cui alla sentenza n. 13285/2006, riguardante un caso in cui l’esercente, che aveva esercitato il noleggio nel territorio lagunare, non era in possesso di alcuna autorizzazione, né, per quanto osservato, la sentenza n. 20402/2006, citata nella memoria del Comune, che peraltro riguarda la disciplina del servizio di taxi acqueo (L.R. n. 63 del 1993, art. 4).
2. Il quarto motivo denuncia la violazione del D.L. n. 138 del 2011, art. 3 e degli artt. 49, 96, e 106 TFUE, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte distrettuale escluso che l’efficacia territoriale dell’autorizzazione comunale per l’esercizio del noleggio violi i principi di libera concorrenza e di libero esercizio dell’attività economica, cui anche le amministrazioni locali sono tenute a conformarsi. Per contro, l’esclusione dal regime di liberalizzazione prevista dalla normativa interna riguarderebbe solo i servizi di taxi e noleggio svolti con mezzi di categoria M1 e non anche mediante natanti ed inoltre, anche a ritenere che la Direttiva Bolkestein contenga una deroga per i servizi di trasporto non di linea, il regime autorizzatorio sarebbe in contrasto con i principi di libera concorrenza stabiliti dal Trattato fondativo dell’Unione Europea. Secondo i ricorrenti, per escludere uno specifico settore dalla liberalizzazione occorrerebbe un apposito D.P.C.M., anche in presenza di ragioni di tutela della salute, delle specie animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale. Infine, ai sensi del Regolamento CE 3577/1992 in tema di liberalizzazione del cabotaggio marittimo, la giurisprudenza comunitaria (sentenze della Corte di Giustizia 9.3.2003, in causa C-323/2003, e 27.3.2004 in causa C-17/13), chiarendo la nozione dei concetti di porto e di mare e rendendoli di fatto estensibili anche ai ponteggi e al territorio lagunare, ha esteso alla materia il divieto di vincoli al libero esercizio dell’attività d’impresa.
Il quinto motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la Corte considerato che, nel 2010, con riferimento alle medesime violazioni contestate ai ricorrenti, il Comune di Venezia aveva disposto il dissequestro di talune imbarcazioni, escludendo l’efficacia territoriale delle autorizzazioni, sicché l’ordinanza impugnata ricorrenti sarebbe affetta da eccesso di potere per evidente contraddittorietà.
Il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione della L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 44 e art. 3 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sollevando la questione di legittimità costituzionale della disposizione della legge regionale che prevede la confisca obbligatoria in caso di esercizio del noleggio con conducente senza autorizzazione, contemplando un trattamento irragionevolmente più penalizzante rispetto all’ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 85 che, in tema di noleggio con conducente esercitato su strada, non commina la medesima sanzione accessoria.
I tre motivi sono assorbiti, poiché la ritenuta illegittimità del provvedimento impugnato e l’assenza di un vincolo territoriale per l’esercizio del trasporto, nei limiti di cui si è discusso, rendono superfluo scrutinare la fondatezza di ogni altra ragione di doglianza. Sono accolti i primi tre motivi di ricorso, con assorbimento di tutte le altre censure.
La sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i primi tre motivi di ricorso nei limiti di cui in motivazione, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 28 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021