Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24823 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38063-2019 proposto da:

INTERPORTO SUD EUROPA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO BIZZARRO;

– ricorrente –

avverso la sentenza n. 4361/13/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 21/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

RILEVATO

Che:

1. Interporto Sud Europa spa, proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta avverso l’avviso di pagamento Tari relativo all’anno di imposta 2017.

2. La CTP rigettava il ricorso.

3. La sentenza veniva impugnata dal Comune di Maddaloni e la Commissione Tributaria della Regione Campania accoglieva l’appello osservando: a) che il Comune di Maddaloni aveva documentato il regolare svolgimento del servizio di raccolta di rifiuti nell’anno di imposta 2017 all’interno dell’area interportuale e, quindi, anche presso gli spazi adiacenti all’immobile della società appellante; b)che non poteva riconoscersi alcuna esenzione e/o riduzione dell’imposta in carenza di specifica denuncia; c) che era irrilevante la circostanza dell’affidamento da parte della società della raccolta dei rifiuti a ditta terza.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione la società contribuente affidandosi tre motivi. L’ente comunale non si è costituito.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112,113,115 e 116 c.p.c., dell’art. 118 dis att. c.p.c., della L. n. 147 del 2013, art. 1, commi 642, 656 e 657, del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 58,59 e 62, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si sostiene che il servizio di raccolta dei rifiuti nella zona interportuale non è mai stato istituito ed attivato dal Comune essendo la gestione di tale servizio assunta dall’interporto a mezzo di ditte all’uopo autorizzate.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione degli artt. 112 e 132 c.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR reso una motivazione del tutto apparente.

1.2 Con il terzo motivo lamenta del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 58, 59 e 62, dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, per avere la CTR erroneamente ritenuto provato l’istituzione del servizio di raccolta dei rifiuti sulla base di una semplice dichiarazione di una società consortile di smaltimento dei rifiuti non tenendo conto degli elementi di prova forniti dal contribuente e costituti dalla relazione giurata del tecnico di parte.

2. Il primo e il terzo motivo, da scrutinarsi congiuntamente, stante la loro intima connessione, sono inammissibili.

2.1 La CTR ha affermato che l’Ente comunale attraverso la produzione documentale ha fornito la prova dell’effettivo espletamento del servizio di raccolta dei rifiuti all’interno dell’area interportuale. E’ di tutta evidenza che l’accertato concreto e regolare svolgimento del servizio presuppone la sua istituzione.

2.2 Le censure mosse dalla contribuente alla sentenza mirano inammissibilmente a criticare la valutazione delle prove documentali svolta dal giudice di merito ed a sovrapporre al giudizio valutativo della Commissione il proprio apprezzamento.

3 Il secondo motivo è infondato.

3.1 Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. In particolare, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E così, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

3.1 Nella fattispecie la motivazione della sentenza non è connotata da tali deficienze e reca il minimo costituzionale in quanto i giudici di seconde cure, sia pur in modo estremamente sintetico, hanno sufficientemente dato conto dell’iter logico seguito per la decisione affermando che il regolare svolgimento del servizio di raccolta è stato documentalmente provato dall’Ente comunale.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

4 Nulla è da statuire sulle spese del presente giudizio non essendosi l’Ente Comunale costituito.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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