Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24971 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29277-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

FENICE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE, 5, presso lo studio dell’avvocato DENTONS EUROPE STUDIO LEGALE TRIBUTARIO, rappresentata e difesa dall’avvocato GAETANO CHIANURA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 412/5/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA, depositata il 17/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 15/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

RILEVATO

che:

1. La soc Fenice srl impugnava l’avviso di accertamento, notificato in data 4/11/2016, con il quale l’Agenzia delle Entrate imputava alla società i ricavi fatturati dalla Cooperativa Sociale Progetto Assistenza sul presupposto che la società aveva fittiziamente interposto la seconda nello svolgimento della propria attività al fine di conseguire indebiti vantaggi ai fini delle imposte dirette e dell’Iva (applicazione dell’aliquota agevolata del 4% invece che quella del 10%) 2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso ritenendo provata, sulla scorta degli elementi indiziari forniti dall’Ufficio, l’interposizione fittizia, ma riducendo la base imponibile in considerazione dei costi sostenuti dalla cooperativa.

3. Sull’impugnazione del contribuente e dell’Ufficio la Commissione Tributaria Regionale della Toscana accoglieva l’appello principale escludendo l’utilizzabilità delle dichiarazioni dei terzi menzionate nell’avviso di accertamento ma non riprodotte ed acquisite senza contraddittorio. La CTR riteneva insufficienti per la dimostrazione dell’interposizione fittizia gli elementi presuntivi costituiti dalla veste grafica delle fatture emesse dalla Cooperativa Sociale Progetto ed Assistenza e la coincidente identità dei soci fondatori della società Fenice srl con i soci della Cooperativa.

4. Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi. La contribuente si è costituita depositando controricorso.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. c), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la CTR erroneamente preso in considerazione, quali elementi indiziari della contestata interposizione, le plurime dichiarazione di terzi riportate in maniera riassuntiva nel pvc notificato alla contribuente.

1.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R., art. 37, comma 3, e degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere i giudici di secondo grado valutato correttamente gli elementi indiziari forniti dall’Ufficio a dimostrazione della interposizione fittizia.

2. Il primo motivo è fondato con assorbimento del secondo.

2.1 Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dalla resistente per avere la ricorrente erroneamente indicato, nella censura di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, le norme asseritamente violate.

2.2 Sul punto questa Corte ha affermato che “l’indicazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti della impugnazione, sicché la mancata od erronea indicazione delle disposizioni di legge non comporta l’inammissibilità del gravame ove gli argomenti addotti dal ricorrente, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme o i principi di diritto che si assumono violati e rendano possibile la delimitazione del “quid disputandum”” (cfr Cass. nr. 12929/2007).

2.2 Venendo all’esame della censura, in tema di motivazione per relationem degli atti tributari questa Corte, con la stessa pronuncia richiamata nelle impugnata sentenza ha avuto modo di precisare che ” è principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, in base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, ed al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, se la motivazione dell’avviso di accertamento fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale ovvero l’atto richiamato dall’avviso di accertamento sia stato sottoscritto e consegnato al contribuente (come accade nella generalità dei casi per i processo verbale di constatazione redatti dai funzionari dell’amministrazione finanziaria o della G.d.F.). Tale interpretazione della norma è coerente allo Statuto dei diritti del contribuente. Come affermato da questa Corte, infatti, in tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non intende certo riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione; infatti, un’interpretazione puramente formalistica si porrebbe in contrasto con il criterio ermeneutico che impone di dare alle norme procedurali una lettura che, nell’interesse generale, faccia bensì salva la funzione di garanzia loro propria, limitando al massimo le cause d’invalidità o d’inammissibilità chiaramente irragionevoli (cfr., ex multis, Cass. 5418 del 2017, n. 407 del 2015, n. 18073 del 2008). In tale ottica si è affermato che “l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso (ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, citato art. 7) va inteso in necessaria correlazione con la finalità integrativa delle ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 3: il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore narrativo), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell’avviso sotto tale profilo, non basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione” (Cass. n. 26683 del 2009; conf. n. 22118 del 2010, n. 7654 del 2012, n. 2614 del 2016).(cfr. Cass. 21768/2017 e, più recentemente, Cass.22510/2019).

2.3 Con riferimento al valore probatorio delle dichiarazioni dei terzi questa Corte in più di una occasione ha affermato il principio secondo il quale ” il divieto di prova testimoniale posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice” (Cass. civ., 16 maggio 2019, n. 13174; Cass. civ., 7 aprile 2017, n. 9080)…..come rilevato da questa Corte, “nel pieno rispetto della “parità di armi” tra fisco e contribuente, il diritto vivente ammette l’introduzione indiziaria nel processo tributario di dichiarazioni rese da terzi in sede extra processuale (Corte Cost. 18 del 2000; Cass. n. 20028 del 30/9/2011), sebbene esse non siano assunte o verbalizzate in contraddittorio da nessuna norma richiesto” (Cass. civ., 5 dicembre 2012, n. 21812)” (cfr. Cass. nr. 24531/2019) ed ancora “le dichiarazioni, invece, dei terzi raccolte da verificatori o finanzieri e inserite, anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di convincimento (cfr. Cass. 20032/2011, Cass. 21812/2012)” (cfr. Cass. 1047/2016).

2.4 Nella fattispecie in esame, come si desume dalla lettura dell’estratto del pvc riprodotto nel ricorso, la Guardia di Finanza ha assunto informazioni da ventisei lavoratori che hanno svolto la propria attività per la società Fenice srl e delle quali sono state indicate le generalità anagrafiche; il contenuto delle dichiarazioni in forma riassuntiva è stato riportato nel pvc che è stato consegnato a mani del legale rappresentante della società in data 15/7/2014.

2.5 E’ di tutta evidenza l’errore in cui sono incorsi i giudici di seconde cure i quali, discostandosi dai principi sopra riportati, hanno ritenuto di non prendere in considerazione le dichiarazioni di soggetti terzi in quanto non allegate nella loro completezza nel processo verbale di constatazione e nell’avviso di accertamento ed acquisite senza il contraddittorio e le dovute garanzie.

3. Il ricorso va, quindi, accolto con cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio alla Commissione Tributaria della Toscana, in diversa composizione, affinché esami e valuti anche le dichiarazioni dei terzi assunte dalla Guardia di Finanza e provveda in ordina alle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvio alla Commissione Tributaria della Toscana, in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente procedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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