LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27163-2019 proposto da:
B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ENRICO MANGO, NICOLA CANTARELLI;
– ricorrente –
contro
SAN FELICE 1883 – BANCA POPOLARE SOC. COOP. PA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato STEFANO D’ACUNTI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIORGIO GIUSTI;
– controricorrente –
contro
AZZURRA 1888 SRL, ITALFONDIARIO SPA, MB CREDIT SOLUTIONS SPA;
– intimate –
avverso la sentenza n. 1807/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 10/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 02/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.
RILEVATO
– che con sentenza del 10 giugno 2019, n. 1807, la Corte d’appello di Bologna ha respinto, per quanto ora rileva, l’appello proposto da B.A. avverso la decisione del Tribunale di Modena del 14 luglio 2015, che aveva accolto la domanda revocatoria ex art. 2901 c.c., proposta dalla San Felice 1893 Banca Popolare Soc. coop. p.a. contro il medesimo, con riguardo al conferimento in società di beni immobili;
– che avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione il soccombente, sulla base di tre motivi;
– che resiste con controricorso la predetta banca, mentre non svolgono difese gli altri intimati;
– che la controricorrente ha depositato la memoria di cui all’art. 380-bis c.p.c..
RITENUTO
– che i motivi di ricorso vanno come di seguito riassunti:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 24 Cost., in quanto i giudici del merito hanno interpretato la domanda della banca nel senso dell’azione revocatoria, mentre, dato il contenuto dell’atto di citazione, il convenuto si era difeso solo sull’azione di simulazione;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per essere in tal modo la sentenza impugnata incorsa nel vizio di ultrapetizione, dal momento che la banca aveva solo chiesto l’inefficacia dell’atto, e, dunque, la declaratoria della sua simulazione;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2901 c.c., per avere la corte del merito ritenuto provati gli elementi oggettivo e soggettivo della fattispecie, invece carenti, dal momento che egli aveva conferito immobili in una società di cui era socio unico, dunque palesandosi l’insussistenza di qualsiasi danno per il creditore, né egli aveva avuto intenzione di diminuire le proprie garanzie patrimoniali e l’amministratore della società conferitaria era un terzo estraneo;
– che la corte d’appello, per quanto qui rileva, ha ritenuto come: a) l’esame dell’atto di citazione palesa che la banca, pur non avendo richiamato l’art. 2901 c.c., abbia proposto l’azione revocatoria di cui a tale disposizione, avendone richiamato tutti i requisiti della fattispecie, ossia l’eventus damni, la scientia damni del debitore e la partecipatio fraudis del terzo, formulando nelle conclusioni una domanda di accertamento della inefficacia dell’atto, posto che appartiene al giudice il potere di qualificazione della domanda; b) sussistono gli elementi oggettivo e soggettivo della fattispecie, atteso, da un lato, il mutamento qualitativo del patrimonio del disponente, in ragione della assai superiore volatilità e commerciabilità della quota sociale, e, dall’altro lato, l’esistenza di ipoteche sull’intero valore dei beni e la conoscenza in capo al terzo del pregiudizio così arrecato al creditore, risultante da elementi presuntivi;
– che, ciò posto, i primi due motivi, che possono essere congiuntamente trattati in quanto attengono al medesimo vizio denunciato con riguardo alla interpretazione della domanda proposta dalla banca, sono manifestamente infondati: avendo, invero, il giudice territoriale ampiamente motivato la ragione della interpretazione della domanda introduttiva, la quale conteneva per intero la deduzione degli elementi dell’azione revocatoria; onde non è fondata la censura di ultrapetizione, che si verifica soltanto quando il giudice sovrappone una propria domanda a quella di parte;
– che, secondo principio consolidato, il giudice ha, appunto, il potere-dovere di qualificare giuridicamente i fatti posti a base della domanda o delle eccezioni e di individuare le norme di diritto conseguentemente applicabili, anche in difformità rispetto alle indicazioni delle parti, incorrendo nella violazione del divieto di ultrapetizione soltanto ove sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio dalle parti (Cass. n. 5153/2019; Cass. n. 13945/2012; Cass. n. 15925/2007, fra le altre);
– che il terzo motivo è inammissibile, intendendosi con esso in pieno ripetere un giudizio sul fatto;
– che, inoltre, quando alla dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., il motivo non coglie parimenti nel segno, posto che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (e multis, Cass. n. 7919/2020; Cass. n. 13395/2018; Cass. n. 15107/2013);
– che le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 6.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori, come per legge.
Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021