Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.25503 del 21/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28367-2018 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 6, presso le studio dell’avvocato DANTE PICCA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALBERTO STAGNO D’ALCONTRES, LINA CAROLA TRINCIA;

– ricorrenti –

contro

POSTEL SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. NICOLA DA TOLENTINO 67, presso lo studio dell’avvocato SILVIA COSSU, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO PARLATORE;

– controricorrenti –

nonché contro GLOBALSERVICE SRL, G.S., F.P., M.G., A.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3385/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

FATTI DI CAUSA

La Postel S.p.a., con citazione notificata il 23 aprile 2012, convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la Globalservice S.r.l. nonché C.L., G.S., M.G., A.D. e F.P..

Espose l’attrice che tra le predette società, negli anni 2003 – 2006, furono conclusi cinque contratti con i quali, tramite il proprio Amministratore delegato dell’epoca, aveva affidato a Globalservice i seguenti incarichi, nelle date per ciascun contratto indicate: a) progettazione, pianificazione e gestione del IV Forum Postel (4 giugno 2003); b) consulenza di management, di assistenza gestionale e di comunicazione, sviluppo del business e ricerche di mercato per gli anni, rispettivamente, 2004 e 2005 (nelle date 4 febbraio e 20 dicembre 2004); c) agente per la promozione di abbonamenti ai servizi Postel, in relazione agli anni 2005 (2 febbraio 2005) e 2006.

L’attrice dedusse di avere pagato integralmente il corrispettivo previsto in tali accordi – pari a complessivi Euro 1.961.144,54 – a seguito delle fatture emesse da Globalservice, pur non essendo state eseguite le prestazioni contrattualmente a carico di quest’ultima; rappresentò che l’Agenzia delle Entrate, a seguito delle indagini eseguite dalla Guardia di Finanza, dalle quali era emersa l’oggettiva inesistenza delle prestazioni fatturate, aveva emesso nei suoi confronti avvisi di accertamento concernenti le maggiori imposte dovute ed i relativi interessi e sanzioni, ai quali era seguito il pagamento dell’importo complessivo di Euro 1.301.724,80.

Postel S.p.a., assumendo la simulazione assoluta dei contratti, chiese che, previa declaratoria di nullità di questi ultimi, la società convenuta fosse condannata a pagare, a titolo di risarcimento del danno, la somma tra i corrispettivi indebitamente percepiti e quanto corrisposto da Postel S.p.a. all’Agenzia delle Entrate; in subordine, propose la medesima pretesa risarcitoria in conseguenza dell’inadempimento di Globalservice S.r.l..

L’attrice avanzò la medesima domanda di condanna nei confronti delle altre parti convenute a titolo di responsabilità extracontrattuale, alla stregua del comportamento tenuto nella vicenda e del ruolo di amministratori di diritto o di fatto rivestito, all’epoca, nella società.

Restarono contumaci Globalservice S.r.l. e F.P..

Gli altri convenuti si costituirono formulando varie eccezioni preliminari e contestando le domande proposte nei loro confronti.

Con sentenza 830/2016, pubblicata il 29 gennaio 2016, il Tribunale di Roma rigettò la domanda di nullità; accertò l’inadempimento di Globalservice S.r.l. in relazione a tutte le obbligazioni previste nei diversi contratti; condannò le parti convenute a pagare, in solido, a titolo di risarcimento del danno, in favore dell’attrice, l’importo complessivo di Euro 3.262.879,34, oltre interessi nella misura legale dalla domanda, nonché alle spese di lite.

Per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale dichiarò inammissibile – attesa la mancata indicazione, da parte dell’eccipiente, del termine iniziale – e, comunque, infondata nel merito l’eccezione di prescrizione formulata dal predetto convenuto, affermando che il dies a quo poteva ritenersi iniziato a decorrere solo quando, nel giugno 2010, l’ex amministratore di Postel, Ca.Ri., aveva informato quest’ultima delle indagini in corso da parte della Guardia di Finanza di Ravenna.

Esaminando il merito della domanda risarcitoria, il Giudice di primo grado affermò che la mancanza di qualsivoglia prestazione da parte di Globalservice risultava comprovata dalle indagini seguite dalla Guardia di Finanza, alle quali era seguito un processo penale in cui tutte le parti convenute erano state imputate del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 (per avere utilizzato fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti al fine di evadere il pagamento delle imposte) nonché, con l’eccezione di A., di truffa in danno di Postel S.p.a. (imputazione estesa a Ca.Ri., ex A.D. di Postel, e di R.R., all’epoca Direttore commerciale della stessa società).

Ritenne il primo giudice che le “Annotazioni riepilogative” predisposte dai militari operanti, ritualmente depositate nel giudizio, trovassero conforto nelle sommarie informazioni rese alla GdF e dimostrassero che Globalservice non solo non aveva svolto alcuna delle prestazioni poste a suo carico dai contratti, ma neppure era mai stata coinvolta in alcuna delle relative attività, restando di fatto totalmente sconosciuta agli uffici di Postel S.p.a. incaricati dei relativi progetti.

Ulteriore conferma della insussistenza delle prestazioni risultava dal Processo verbale di contestazione (PVC) redatto a carico di Postel e dai successivi avvisi di accertamento emessi dalla Agenzia delle Entrate; l’onere probatorio di dimostrare il proprio adempimento gravava su Globalservice, ma tale onere non era stato assolto, essendo tale società rimasta contumace.

Il Tribunale esaminò altresì la domanda proposta nei confronti delle altre parti convenute a titolo di responsabilità extracontrattuale, pervenendo alla conclusione che la pretesa attorea era fondata, essendo stato dimostrato lo svolgimento, da parte dei convenuti, di funzioni di amministratori di fatto o di diritto della società.

Dopo avere riportato l’esito degli accertamenti eseguiti GdF, dai quali era risultato che, nel periodo 2003 – 2006, gli effettivi domini erano C.L., G.S. e M.G., il Tribunale esaminò le singole posizioni individuali.

Per quanto ancora rileva in questa sede, in relazione al C., il Giudice di primo grado evidenziò che la sua qualità di socio occulto e amministratore di fatto di Globalservice fosse stata dimostrata: a) dalle sommarie informazioni rese in sede di indagini preliminari da R.R. in ordine al ruolo determinante assunto da questo convenuto; b) dalla corrispondenza concernente i rapporti tra le due società; c) dalla documentazione contabile ed extracontabile della Globalservice sequestrata all’interno del suo ufficio; d) dalle dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni da dipendenti delle società Elsag e Basilichi, anch’esse coinvolte nella emissione/ricezione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti; e) dalle sommarie informazioni rese ai militari verbalizzanti dalla G..

Riconosciuta la corresponsabilità di tutti i convenuti per l’attività truffaldina posta in essere in danno di Postel S.p.a., il Tribunale condannò in solido e nella stessa misura tutti i convenuti.

Avverso tale sentenza proposero separati appelli, successivamente riuniti, C.L. (R.G. n. 1736/2016), M.G. e A.D. (R.G. n. 1755/2016) e G.S. (R.G. n. 1756/2016).

Si costituì in sede di appello Postel S.p.a., proponendo un motivo di impugnazione incidentale per non avere il Tribunale ritenuto ammissibile la produzione dei documenti – sentenza dibattimentale di condanna pronunziata dal Tribunale di Ravenna e ricevute di pagamenti eseguiti in favore dell’Agenzia delle Entrate – allegati alla comparsa conclusionale.

Non si costituirono in secondo grado Globalservice S.r.l. e F.P..

La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 3385/2018, pubblicata il 21 maggio 2018, in parziale accoglimento dell’appello proposto da A.D. ed in parziale riforma della sentenza impugnata, che confermò nel resto, condannò quest’ultimo a pagare in favore di Postel S.p.a. la minor somma di Euro 180.000,00, oltre interessi come liquidati dal Tribunale ed Euro 8.000,00, oltre accessori a titolo di rifusione delle spese del primo grado; rigettò ogni altro motivo degli appelli proposti; condannò gli appellanti C.L., G.S., M.G. e A.D., in solido tra loro quest’ultimo sino a concorrenza dell’importo di Euro 9.000,00 – a rifondere in favore di Postel S.p.a. le spese di quel grado di giudizio, liquidate nel dispositivo di tale sentenza; dichiarò che sussistevano le condizioni di applicazione della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, in relazione agli appelli proposti dal C., dalla G. e dal M..

Avverso la sentenza della Corte di merito Liberato C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.

Ha resistito con controricorso Postel S.p.a..

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., il ricorrente lamenta che la Corte territoriale, pur recependo sostanzialmente la tesi dell’appellante, secondo cui spetta al giudice individuare il dies a quo della decorrenza del termine di prescrizione, abbia tuttavia ribadito l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione, ritenendo, alla luce delle risultanze delle indagini preliminari, che la complicità di Ca.Ri. e R.R. (all’epoca rispettivamente AD e direttore commerciale di Postel S.p.a.) nelle attività illecite di cui si parla, avrebbe impedito a Postel S.p.a. di verificare l’esistenza dei presupposti per procedere al pagamento delle fatture relative ai contratti de quibus, con la conseguenza che la società appena indicata avrebbe acquisito la conoscenza dell’illecito perpetrato ai suoi danni solo dal 2010, quando le indagini eseguite dalla GO avrebbero portato ad accertare gli illeciti e il Ca. ne aveva dato comunicazione a Postel.

Secondo il C., così ragionando, la Corte territoriale avrebbe rigettato non solo il primo motivo di appello, pur dando atto – come già evidenziato – della correttezza della tesi dell’appellante, secondo cui spetta al giudice identificare il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione, ma anche il quinto motivo dell’appello del C. – relativo alla mancata applicazione dell’art. 1227 c.c. – sul presupposto che il danno oggetto di richiesta risarcitoria sarebbe conseguito ad una condotta del C., consapevole che “Postel non sarebbe stata in grado di. seguire le ordinarie procedure di controllo/verifica che precedono i pagamenti, in virtù dell’illecita collusione con gli organi apicali della società”.

Sostiene il ricorrente che, pur non essendo stato precisato espressamente, detto termine dovrebbe ricondursi alla lettera raccomandata del 4 giugno 2010 con cui il Ca. aveva dato notizia a Postel del verbale di identificazione e della nomina di un difensore, in cui però si fa riferimento alla circostanza che i vertici Postel erano stati notiziati per iscritto di un procedimento penale (quello avente RG 3324/05 RG.NR. pendente dinanzi al Tribunale Penale di Ravenna dal 2005), in seno al quale vari soggetti erano stati sentiti all’inizio del 2007, come risultava dalle comunicazioni agli enti preposti di Postel e Poste Italiane.

Secondo il C., alla luce di quanto dallo stesso rappresentato, l’accertamento della decorrenza del termine non sarebbe “sorretta da adeguata e congrua motivazione e non inficiata da errori logici o di diritto”.

Deduce il ricorrente che, secondo l’orientamento pacifico della giurisprudenza in materia di responsabilità extracontrattuale, il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile, assumendo con ciò rilevanza giuridica. Ciò che rileva, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione è la consapevolezza “attesa e/o dovuta in base alle regole di diligenza media del soggetto” in capo al danneggiato, dell’esistenza e produzione del danno in conseguenza della condotta illecita posta in essere dal danneggiante.

Per individuare il momento a partire dal quale può essere fatto valere il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito altrui, rileverebbe, ad avviso di C.L., la percezione del danno da parte del soggetto leso; pertanto, la richiesta risarcitoria dovrebbe avvenire entro il termine quinquennale di prescrizione decorrente dal momento in cui è percepito il danno e tale richiesta implicherebbe anche l’accertamento dell’illiceità della condotta commissiva o omissiva del soggetto agente.

Sostiene il ricorrente che, nel caso di specie, risulterebbe documentato dalle indagini di GdF che a partire dal 2003 e fino al 2006 Postel avrebbe effettuato cospicui pagamenti a Globalservice S.r.l. a fronte di numerose fatture emesse e che, stante le rilevanti dimensioni della struttura societaria, il pagamento di dette fatture sarebbe stato effettuato a seguito di complessi iter amministrativi ed autorizzativi, diretti, tra l’altro, a verificare la regolarità della documentazione posta a fondamento nonché l’esistenza e la correttezza delle prestazioni, adempimenti che – contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello e come risulterebbe dalle dichiarazioni rese da Ma.Ma. nel verbale di sommarie informazioni del 13 luglio 2007 – non erano riservate ai soli Ca. e R., ma anche ad altri soggetti.

La circostanza che Ca. e R. potessero risultare convolti nelle condotte illecite non consentirebbe, ad avviso del ricorrente, di scriminare la condotta colpevole di Postel S.p.a., che, per la sua estesa dimensione societaria, era dotata, oltre che della figura del Presidente distinta dall’AD, di numerosi altri organi preposti specificamente a funzioni di verifica e di controllo anche con riferimento alle attività contrattuali e alle operazioni di registrazione delle fatture, sicché la predetta società avrebbe avuto la concreta possibilità, oltre che l’onere, di verificare la corretta esecuzione delle prestazioni da parte di Globalservice con le modalità e nei termini previsti e, comunque, non avrebbe potuto ignorare, se non colpevolmente, la mancata esecuzione di prestazioni relative a cinque contratti per così rilevanti importi, a fronte della quale avrebbe dovuto adottare iniziative giudiziali e rifiutare il pagamento ai sensi dell’art. 1460 c.c..

Secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe anche omesso di considerare che, come si evincerebbe dal processo verbale di constatazione nei confronti di Postel S.p.a., L.U., direttore delle relazioni internazionali esterne e della comunicazione della società appena indicata, aveva dichiarato che in realtà l’organizzazione degli eventi era stata curata dalla struttura interna di Postel che al riguardo sosteneva costi.

Rappresenta il C. che da quanto affermato dalla stessa Postel S.p.a. nell’atto di citazione, tale società, nella persona di ulteriori soggetti preposti ad uffici distinti rispetto all’AD Ca. e al Direttore commerciale R. – dal 2003 al 2006 – aveva registrato in contabilità ed aveva effettuato il pagamento delle fatture Globalservice per importi pari a 2 milioni di Euro nonostante recassero nell’oggetto l’esecuzione di eventi (quali il *****) già organizzati e realizzati dalla propria struttura interna e con assunzione dei relativi oneri economici.

Pertanto, pur ipotizzando una qualsiasi collusione dell’AD o del soggetto preposto alla direzione commerciale, a parere del ricorrente, il presidente nonché legale rappresentante, il direttore e gli addetti all’ufficio amministrativo, contabile e finanziario di Postel, ovvero gli stessi organi di controllo della società (Collegio revisori, CDA e organismo di vigilanza ex lege n. 231 del 2001) avrebbero dovuto e potuto verificare tale anomalia nell’ambito delle proprie funzioni; risulterebbe, quindi, la percepibilità e la riconoscibilità del danno subito da Postel S.p.a. secondo i criteri della minima e ordinaria diligenza attesa e, pertanto la sua concreta esteriorizzazione già al momento della scadenza delle prestazioni contrattuali o, al più tardi, al momento del pagamento delle fatture e, quindi, il termine della prescrizione non decorrerebbe dal giugno 2010 ma, al più tardi, già a partire dagli anni 2003 e 2004. L’eventuale ignoranza di Postel in ordine al danno subito alla data del giugno 2010 integrerebbe una condizione di ignoranza “meramente soggettiva”, determinata da una condotta omissiva, negligente e gravemente colpevole, che non potrebbe giustificare una decorrenza postuma del termine di prescrizione della domanda risarcitoria.

1.1. Il Collegio osserva anzitutto che va ribadito, il principio – cui peraltro sostanzialmente si è pure attenuta la Corte di merito, ritenendo erronea sul punto la decisione del Tribunale – affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza del 25/07/2002, n. 10955 (e ribadito in numerose successive pronunce, v., ex plurimis, Cass. 23/08/2004, n. 16573; Cass. 22/05/2007, n. 10955; Cass. 13/10/2015, n. 20493, richiamata dalla Corte di appello nella sentenza impugnata in questa sede, p. 11 e 12, come da numerazione riportata a destra di ogni foglio), secondo cui, in tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l’identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale pe’ esso previsto dalla legge; ne consegue che la riserva alla parte del potere di sollevare l’eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell’effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durate dell’inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l’identificazione delle quali spetta al potere-dovere del giudice, di guisa che, da un lato, non incorre nelle preclusioni di cui agli artt. 416 e 437 c.p.c. la parte che, proposta originariamente un’eccezione di prescrizione quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa; e, dall’altro lato, il riferimento della parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione) di una norma di previsione di un termine diverso. Con la sentenza 27/07/2016, n. 15631 questa Corte ha pure specificato che l’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare, senza che rilevi l’erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (su tale specifica questione v. pure Cass. 23/08/2004, n. 16573, già citata).

1.2. Ciò precisato, il motivo è inammissibile, alla luce del principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, dal quale non vi è motivo di discostarsi in questa sede, secondo cui l’accertamento della decorrenza della prescrizione costituisce indagine di fatto demandata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata e congrua motivazione e non inficiata da errori logici o di diritto (Cass., ord., 11/04/2018, n. 9014).

Nella specie, infatti, la Corte territoriale ha evidenziato che dalle indagini effettuate dalla Polizia Giudiziaria era emerso che “il pagamento delle fatture da parte di Postel s.p.a. era stato possibile grazie alla complicità del Ca. e del R. che avevano rilasciato le relative autorizzazioni deliberatamente omettendo i relativi controlli; dalle dichiarazioni di Ma.Ma. – all’epoca Direttore amministrativo e finanziario di Postel s.p.a. -… risulta infatti che per i contratti di consulenza la verifica delle effettive prestazioni rese dalla controparte avrebbe dovuto essere effettuata dall’amministratore delegato, che nella specie, abusando dei propri poteri, aveva sostanzialmente impedito alla società di controllare l’esistenza dei presupposti per procedere al pagamento del corrispettivo previsti nei diversi contratti conclusi con Globalservice s.r.l.. Solo allorquando nel giugno 2010 le indagini eseguite dalla GdF avevano portato ad accertare gli illeciti, ed il Ca. ne aveva dato comunicazione a Postel, quest’ultima era stata messa a conoscenza dell’illecito perpetrato ai suoi danni ed era iniziato a decorrere il termine di prescrizione”. Inoltre quella medesima Corte ha pure rimarcato che “il danno è conseguito non già da una colpevole omissione di controllo da parte della società danneggiata, ma alla condotta – anche – dell’odierno appellante ( C.L.), consapevole, in virtù della illecita collusione con gli organi apicali di Postel, che quest’ultima non sarebbe stata in grado di seguire le ordinarie procedure di controllo/verifica prima di procedere ai pagamenti delle fatture”.

Alla luce di quanto sopra evidenziato risulta che l’apprezzamento dei fatti operato dalla Corte di merito in ordine all’individuazione del dies a quo della prescrizione è sorretto da idonea motivazione, né le circostanze di cui si lamenta l’omessa valutazione si appalesano decisive, evidenziandosi, peraltro, che neppure risultano riportate testualmente nel motivo all’esame le dichiarazioni di Ma.Ma. in sede di sommarie informazioni, sicché sul punto il mezzo risulta pure privo di specificità (Cass., sez. un., 19/04/2016. n. 7701; Cass. sez. un., 27/12/2019, n. 34469).

2. Con il secondo motivo, rubricato: “Nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., n. 4 per motivazione apparente, contraddittoria e/o perplessa in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, il ricorrente sostiene che sia il giudice di primo grado che quello di appello si sarebbero avvalsi esclusivamente delle risultanze delle indagini preliminari e avrebbero omesso lo svolgimento di ulteriore attività istruttoria nella sede civile propria, rigettando le richieste istruttorie articolate dal C. nelle memorie istruttorie di primo grado, reiterate in sede di gravame.

In particolare, il ricorrente lamenta che la Corte di appello, pur in presenza di meri elementi indiziari, inidonei di per sé ad esaurire il quadro probatorio nel rispetto del principio del contraddittorio, avrebbe ritenuto tout court ammissibili e valutabili quale unica ed esclusiva fonte di prova le risultanze delle indagini preliminari – peraltro solo parzialmente estrapolate e considerate – su cui avrebbe formato in via esclusiva il proprio convincimento, non avrebbe tenuto conto della condotta del C. e non avrebbe consentito l’ingresso nel processo delle ulteriori prove richieste da questi, dirette a comprovare l’assenza della qualifica di socio amministratore di fatto della Gobalservice..

2.1. Il motivo è infondato.

Anzitutto va rilevato che la sentenza impugnata risulta, in relazione alle questioni poste dal mezzo in scrutinio, motivata e la motivazione non è meramente apparente o intrinsecamente contraddittoria o perplessa, come sostenuto dal ricorrente.

Nel resto le censure vanno disattese, avendo la Corte di merito fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, che vanno ribaditi in questa sede, secondo cui il giudice civile, ai fini del proprio convincimento, può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le cd. atipiche ed e’, quindi, legittimato ad avvalersi delle prove raccolte in un processo penale e, segnatamente, delle risultanze derivanti dagli, atti delle indagini preliminari svolte in sede penale e delle dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali, e ciò anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento in quanto il procedimento penale è stato definito ai sensi dell’art. 444 c.p.p., potendo la parte, del resto, contestare, nell’ambito del giudizio civile, i fatti così acquisiti in sede penale (Cass. 20/01/2017, n. 1593; Cass. 30/01/2013, n. 2168; Cass. 8/01/2008, n. 132).

A quanto precede va aggiunto che, nel motivo all’esame, non vengono neppure testualmente riportate le richieste istruttorie di cui si lamenta la mancata ammissione da parte dei giudici di merito, sicché la doglianza proposta la riguardo è inammissibile per difetto di specificità (Cass. 22/02/2007, n. 4178, Cass., ord., 4/10/2017, n. 23194; Cass., ord., 4/04/2018, n. 8204).

Infine, si osserva che il motivo tende, in sostanza, ad una rivalutazione del merito non consentita in questa sede.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., sostenendosi che la Corte di merito avrebbe attribuito carattere di indizi gravi precisi e concordanti unicamente alle risultanze delle indagini effettuate dalla PG ed in particolare alle dichiarazioni estrapolate in modo parziale da un contesto più ampio; in sostanza, ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe violato le disposizioni indicate nella rubrica del motivo in esame in quanto avrebbe attribuito alle indagini penali efficacia dimostrativa della sussistenza di condotte illecite.

3.1. Il motivo è inammissibile.

Si osserva che la violazione delle norme di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c. non risulta, nella specie, prospettata secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. un., 24/01/2018, n. 1785, in particolare p. 4 della motivazione).

Va inoltre evidenziato che questa Corte ha già condivisibilmente avuto modo di affermare che la prova per presunzione semplice, che può anche costituire l’unica fonte del convincimento del giudice, integra un apprezzamento di fatto che, se coerentemente motivato – come nella specie – non è censurabile in sede di legittimità (Cass., ord., 26/02/2019, n. 5484; Cass. 6/07/2002, n. 9834) e che in tema di prova presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei ristretti limiti segnati dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., ord., 17/01/2019, n. 1234; Cass. 23/01/2006, n. 1216).

4. Il quarto motivo è così rubricato: “Nullità della sentenza per motivazione apparente, perplessa, incomprensibile e contraddittoria. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 2 – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Sostiene il ricorrente che la Corte di merito, nel rigettare il terzo e il quarto motivo di appello, avrebbe fatto discendere tout court la responsabilità del C. ex art. 2043 c.c. dalla qualifica di amministratore di fatto della Globalservice, che avrebbe ritenuto comprovata dalle dichiarazioni dei sommari informatori e tra questi in particolare di R.R. e G.S., da cui avrebbe tratto anche la prova della destinazione in suo favore dei pagamenti e, quindi, dell’ingiusto profitto ex art. 2043 c.c., così “rendendo” una motivazione meramente apparente, non plausibile, contraddittoria, che presenterebbe elementi di evidente incongruenza rispetto alle circostanze e presupposti di fatto dalla medesima affermati contraddittoriamente.

Secondo il C., l’esame degli atti dell’indagine penale consentirebbe di sconfessare gli assunti della Corte di merito, la quale non avrebbe considerato gli elementi probatori nel loro complessivo tenore e nella loro oggettiva consistenza ed attendibilità, in parte ne avrebbe travisato letteralmente il contenuto, ovvero lo avrebbe valutato senza attenersi a ragionevolezza, con ciò violando i criteri del “prudente apprezzamento” nella interpretazione e valutazione delle prove con riferimento sia all’accertamento della qualifica di socio occulto -amministratore di fatto del ricorrente, sia alla destinazione dei pagamenti eseguiti in favore di Globalservice, ancorando genericamente il decisum alle risultanze delle indagini preliminari in assenza di elementi di riscontro.

4.1. Il motivo va disatteso in quanto la sentenza impugnata e’, sul punto focalizzato dal ricorrente, supportata da motivazione, la quale non è apparente o intrinsecamente contraddittoria.

In ogni caso, il motivo, nel complesso, tende ad una rivalutazione del merito non consentita in sede di legittimità. Ed invero, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (v., ex plurimis, Cass. 21/09/2015, n. 18484; Cass., ord., 6 aprile 2011, n. 7921; Cass., 28 luglio 2005, n. 15805; v. anche Cass., ord., 7/04/2017, n. 9097).

5. Con il quinto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2476 c.c. il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia fatto discendere la sua responsabilità ex art. 2043 c.c. “dalla qualifica di amministratore di fatto della Globalservice da circostanze (partecipazione ad incontri anche successivamente alla stipula del contratto e destinazione in favore del sig. C. di pagamenti ricevuti da Globalservice) compatibili con il mantenimento delle funzioni gestorie in capo all’amministratore di diritto e con l’attività di intermediazione occasionale effettivamente svolta dal ricorrente in favore della predetta società”.

5.1. Il motivo è inammissibile, evidenziandosi che, al di là del pur effettuato richiamo nella rubrica alla violazione di legge sostanziale e processuale, lo stesso pone questioni di fatto e tende chiaramente, in sostanza, ad una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede.

6. Conclusivamente, il ricorso deve essere, rigettato.

7. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese, nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto attività difensiva in questa sede.

8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di, legittimità, che liquida, in favore della società controricorrente, in Euro 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

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