LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 5080/2019 proposto da:
P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato Michele Giudice;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** sas *****, socio accomandatario P.M.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 968/2018 della Corte d’appello di Salerno, depositata il 28/6/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 968/2018, depositata in data 28/6/2018, – in controversia concernente revocatoria ex art. 67 L. Fall., promossa dal Fallimento di ***** sas ***** nonché del socio accomandatario P.M.A. (dichiarato con sentenza del 2012) nei confronti di P.C., per sentire dichiarare l’inefficacia e la conseguente inopponibilità al Fallimento dell’atto, stipulato, in data 19/7/2011, trascritto il successivo 25/7/2011, in favore di P.M.A., di costituzione di vitalizio, corrisposto dalla nipote P.C., con cessione, a quest’ultima, della quota di un terzo di comproprietà di immobile, – ha confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda attorea ai sensi dell’art. 67 L. Fall., comma 2.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto, anzitutto, che l’eccezione, sollevata dalla P. in primo grado e reiterata dall’appellante, di esclusione dall’azione revocatoria dell’impugnato atto di costituzione di vitalizio assistenziale, a fronte del trasferimento in proprietà di quota di immobile, per assimilazione allo schema legale di cui all’art. 1872 c.c. (rendita vitalizia) ed alla vendita, nella fattispecie delineata dall’art. 67 L. Fall., comma 3, lett. c), (relativa a vendite e preliminari di vendita, trascritti ex art. 2645 bis c.c., conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti od affini entro il terzo grado), era stata tardivamente formulata in primo grado dalla convenuta, non costituitasi tempestivamente, trattandosi di eccezione in senso proprio, non di mera difesa, non rilevabile d’ufficio, implicando accertamenti fattuali ulteriori rispetto ai fatti costitutivi dell’azione revocatoria proposta; in ogni caso, l’eccezione era infondata, in quanto si trattava, come ritenuto in primo grado, di contratto atipico, non riconducibile né alla fattispecie legale di cui all’art. 1872 e ss. c.c. né allo schema della vendita (stante l’alea e la mancanza di commutatività), essendo oltretutto le disposizioni concernenti l’esenzione dall’esperibilità dell’azione revocatoria eccezionali e quindi di stretta interpretazione e non avendo comunque l’appellante mai dimostrato che la vendita fosse stata conclusa “a giusto prezzo” (con corrispettività della quota dell’immobile e del complessivo oggetto della prestazione di assistenza) ed avesse ad oggetto immobile destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente (avendo mera valenza presuntiva una certificazione anagrafica).
Avverso la suddetta pronuncia, non notificata, P.C. propone ricorso per cassazione, notificato via PEC il 29/1/2019, affidato ad unico motivo, nei confronti del Fallimento ***** sas ***** nonché del socio accomandatario P.M.A. (che non svolgono difese).
E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta, con unico plurimo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 167 c.p.c. e del combinato disposto di cui all’art. 67 L. Fall., comma 2, lett. c), ed all’art. 1872 c.c., denunciando sia l’erronea statuizione in punto di natura di eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio, di quella sollevata in merito all’essere l’atto in oggetto escluso dall’azione revocatoria fallimentare, sia l’erronea statuizione in punto di infondatezza dell’eccezione, per essere, invece, la atipica figura del contratto di vendita con rendita vitalizia rientrante in quella della vendita oggetto dell’esclusione contemplata dall’art. 67, comma 3, essendo stato dimostrato poi, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’appello, che l’atipica vendita era stata conclusa al giusto prezzo, come da CTU espletata in primo grado, e che aveva ad oggetto immobile ad uso abitativo, destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, come da certificazione (stato di famiglia) prodotta, non essendo stata ammessa la prova per testi articolata.
2. A seguito di notifica della proposta di inammissibilità del ricorso, la ricorrente ha depositato atto di rinuncia al ricorso, dando atto di avere definito in via transattiva la vertenza e di non avere più interesse alla prosecuzione del giudizio.
Va pertanto dichiarato estinto il giudizio ai sensi degli artt. 390 e 391 c.p.c.; non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo in ogni caso gli intimati svolto attività difensiva.
Neppure deve disporsi il pagamento del doppio contributo, in quanto, in tema di impugnazioni, la “ratio” del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicché tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame (nella specie, ricorso per cassazione) ma non per quella sopravvenuta (Cass., n. 13636 del 2015).
PQM
La Corte dichiara estinto il giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021
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