LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SESTINI Danilo – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21392/2019 R.G. proposto da:
B.A.I. – Brescia Antincendi International S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Sergio Nicola Aldo Scicchitano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Emilio Faà di Bruno, n. 4;
– ricorrente –
contro
CredemFactor S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Federico Barzon, e dal Prof. Avv. Maurizio Benincasa, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Viale di Villa Massimo, 33;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna, n. 1547/2019 depositata il 10 maggio 2019;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27 maggio 2021 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
FATTI DI CAUSA
1. CredemFactor S.p.a. convenne in giudizio avanti il Tribunale di Reggio Emilia la B.A.I. Brescia Antincendi International S.r.l. esponendo che:
– il 4 febbraio 2008 aveva stipulato un contatto di factoring con la ***** S.p.a., in esecuzione del quale la detta società le aveva ceduto i crediti vantati nei confronti della B.A.I. S.r.l., dell’importo complessivo di Euro 580.920,00, portato dalle fatture nn. *****, scadute il *****, e dalla fattura n. *****, scaduta il *****;
– la debitrice ceduta, B.A.I. s.r.l., aveva espressamente accettato la cessione con quattro lettere raccomandate aventi data certa, nelle quali aveva dichiarato che le suddette fatture erano relative a prestazioni regolarmente effettuate, che i crediti ceduti non erano gravati “da nessun altro vincolo o privilegio” e che avrebbe provveduto al relativo pagamento;
– a seguito di ciò essa aveva anticipato a ***** S.p.a. l’importo complessivo di Euro 507.960;
– la debitrice ceduta B.A.I. S.r.l. non aveva però poi onorato le fatture alla scadenza e, nell’opporsi al decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dalla cessionaria, aveva eccepito di nulla dovere per il titolo dedotto avendo in precedenza già accettato la cessione dei medesimi crediti fatta da ***** a favore della BCC Factoring S.p.a. (oltre che a favore della Banca Popolare di Bari);
– le false informazioni della debitrice ceduta B.A.I. S.r.l., di cui alle citate lettere di accettazione delle cessioni, avevano indotto essa istante a fare affidamento sul buon fine dell’operazione, determinandola al pagamento degli anticipi sulle fatture per l’importo di Euro 507.960.
Chiese pertanto la condanna della convenuta al risarcimento, a titolo di responsabilità extracontrattuale, dei danni subiti, da liquidarsi nella somma di Euro 580.920, pari all’importo dei crediti ceduti e non onorati.
2. Con sentenza n. 560 del 14 aprile 2016 il tribunale rigettò la domanda, ritenendo di non poterne verificare la fondatezza a causa della mancata restituzione del fascicolo di parte.
3. In riforma di tale decisione la Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 1547 del 10 maggio 2019, ha invece accolto la domanda ed ha conseguentemente condannato l’appellata BAI S.r.l. al pagamento, in favore dell’appellante, della somma di Euro 634.560,60, oltre interessi legali dalla sentenza al soddisfo.
Dato atto che l’appellante aveva ritualmente depositato in appello il proprio fascicolo di primo grado, ha in punto di fatto rilevato che dalla documentazione ivi versata emergeva conferma:
– dell’esistenza tra CredemFactor e ***** del contratto di factoring;
– dell’esistenza di un credito da questa vantato nei confronti di BAI S.r.l. per Euro 580.920 sulla base delle indicate fatture;
– del fatto che, con lettere raccomandate con certezza datate 22/10/2008, 1/12/2008, 2/12/2008, 14/1/2009, B.A.I. aveva dichiarato a CredemFactor: “di aver preso atto” che la sua fornitrice ***** aveva ad essa ceduto i crediti portati dalle suddette fatture; che si trattava di crediti derivanti da “forniture regolarmente effettuate, esenti da vizi, imperfezioni, non soggette a contestazioni”; che “nessun altro vincolo o privilegio grava(va) su detti crediti a qualsiasi titolo o causa” e che avrebbe provveduto a versare, a favore della destinataria CredemFactor, gli importi relativi;
– del fatto che, successivamente, CredemFactor aveva anticipato a ***** gli importi delle fatture in questione per la minor somma di Euro 507.920,00, circostanze peraltro non contestate da B.A.I..
Ha inoltre rilevato che, nel separato giudizio intercorso tra le stesse parti, relativo alla opposizione vittoriosamente proposta da BAI avverso il d.i. ottenuto da CredemFactor per il pagamento delle fatture predette, BAI aveva espressamente ammesso “di aver accettato le cessioni nei confronti di Credem Factor S.p.a. senza segnalare l’accettazione già intervenuta nei confronti di BCC Factoring S.p.a.”.
Da tutto ciò la corte felsinea ha tratto il convincimento che BAI “quantomeno per colpa, non certo lieve considerato il rilevante importo delle somme in gioco…, indusse CredemFactor a fare affidamento sul buon esito della cessione…”, “salvo poi “ricordarsi” della precedente cessione fatta da ***** a BCC Factoring, parimenti accettata da essa B.A.I., solo a seguito della notifica del d.i. ottenuto nei suoi confronti da CredemFactor e poi revocato”.
Ha anche precisato che essendo la cedente ***** “completamente decotta” CredemFactor non aveva avuto alcuna possibilità di agire utilmente nei suoi confronti per il recupero delle somme anticipate.
4. Per la cassazione di detta sentenza B.A.I. Brescia Antincendi International, S.r.l. propone ricorso affidato ad unico motivo, contenente però tre distinte censure, cui resiste CredemFactor S.p.A., depositando controricorso.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’unico motivo di ricorso denuncia error in iudicando (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione a tre distinte censure.
1.1. Con la prima di esse la ricorrente denuncia violazione della L. 21 febbraio 1991, n. 52, art. 4 e dell’art. 1267 c.c., in relazione all’individuazione del soggetto responsabile dell’asserito danno patito dalla CredemFactor S.p.a..
Sostiene, in sintesi, che ai sensi delle citate disposizioni è il cedente (nella specie ***** S.r.l.) ad essere tenuto non solo a restituire al cessionario le somme indebitamente percepite, ma anche a corrispondere gli interessi, a rimborsare al cessionario le spese per escutere il debitore e soprattutto a “risarcire il danno”, con la conseguenza che nessuna responsabilità poteva essere, nel caso di specie, imputata in capo alla B.A.I. S.r.l. per le dichiarazioni contenute nelle quattro raccomandate di accettazione.
Rileva anche, in tal senso, che la comunicazione dell’avvenuta cessione dei crediti era stata ad essa fatta direttamente dalla cedente e non dalla cessionaria, che era stata la stessa ***** (cedente) a predisporre le comunicazioni da inviare alla cessionaria ed era stata ancora la cedente ad indurre essa debitrice ceduta a ritenere che il credito ceduto a CredemFactor S.p.a., fosse vero, esigibile e svincolato da precedenti cessioni.
Osserva inoltre che quelle contenute nelle menzionate raccomandate erano mere dichiarazioni di scienza e non a contenuto negoziale (ricognizione di debito) ed assume che, in conseguenza di ciò, nessun rilievo poteva assumere la buona o mala fede del debitore ceduto e che tali lettere dovevano considerarsi inidonee a generare qualunque affidamento circa il buon esito dell’affare.
1.2. Con una seconda censura la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e della L. 21 febbraio 1991, n. 52, art. 5.
Rileva che le raccomandate menzionate in sentenza erano intervenute in epoca successiva alla conclusione del contratto di factoring e quindi in un momento in cui l’affidamento della cessionaria in ordine al buon esito dell’affare era già maturato e si era già perfezionato l’effetto traslativo della cessione.
Esse dunque potevano, eventualmente, solo avere indotto CredemFactor S.p.a. ad eseguire (molto tempo dopo la conclusione del contratto di factoring) l’anticipazione delle fatture in favore di *****, il che però rimane – secondo la ricorrente – privo di rilievo ai fini di causa dal momento che il pagamento del corrispettivo si pone al di fuori della fattispecie acquisitiva del diritto e nulla ha a che vedere con “l’affidamento sul buon esito della cessione” che, invece, si forma nelle trattative tra cedente e cessionario antecedenti alla conclusione del contratto.
1.3. Con una terza censura la ricorrente, infine, denuncia “violazione dell’art. 2056 c.c., in relazione all’art. 1227 c.c.”.
Afferma che l’accertato stato di decozione della cedente ***** avrebbe dovuto condurre a ritenere il concorso del fatto colposo del creditore, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227 c.c., per essersi CredemFactor S.p.a. determinata a: acquistare crediti da una società in evidente stato di decozione; non svolgere alcuna preventiva attività di informazione in merito ai crediti che andava ad acquistare dalla ***** S.p.a.; non chiedere alcuna preventiva informazione nemmeno al debitore ceduto; effettuare il pagamento in favore della ***** s.p.a. (successivamente dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Brescia del 26/04/2010) fidandosi solo delle dichiarazioni di scienza (peraltro predisposte dalla stessa ***** S.p.a.) contenute nelle raccomandate del 22/10/2008, 1/12/2008, 2/12/2008, 14/1/2009; non proporre gravame avverso la sentenza del 29/11/2012 con cui il Tribunale civile di Reggio Emilia aveva accolto l’opposizione a d.i. proposta da BAI dichiarando al contempo inammissibile la domanda riconvenzionale di risarcimento danni formulata già in quella sede dalla stessa CredemFactor.
2. La prima delle esposte censura è inammissibile, con riferimento a tutti gli argomenti proposti.
2.1. Dalle norme evocate in rubrica si ricava, bensì, nell’ipotesi di cessione pro solvendo, la responsabilità del cedente nei confronti del factor, cessionario, nel caso di insolvenza del debitore (responsabilità che non è affatto negata in sentenza), ma nulla che autorizzi l’affermazione che con detta responsabilità, contrattuale, del cedente non possa mai concorrere quella, extracontrattuale, del debitore ceduto, nel caso, qual è quello di specie secondo motivato apprezzamento del giudice a quo, in cui questi abbia colposamente indotto il factor, cessionario, a confidare sulla esistenza del credito e ad erogare, di conseguenza, anticipazioni in favore del cedente.
Ne’ del resto una tale interpretazione delle norme è in alcun modo argomentata dalla stessa ricorrente che, sul punto, compie un vero e proprio salto logico (“risponde il cedente dunque non può rispondere il debitore ceduto”) tale da rendere apodittica e inammissibile, per aspecificità, la tesi censoria.
2.2. Sono anche inammissibili gli ulteriori rilievi.
Quello concernente la imputabilità alla stessa cedente della materiale redazione delle lettere in questione, perché presuppone fatti che non emergono dalla sentenza impugnata e che, comunque, si appalesano privi di rilievo, essendo accertato e incontestato che di quelle lettere la BAI aveva comunque assunto la paternità provvedendo ad inoltrarle essa stessa alla cessionaria.
2.3. Quello secondo cui il convincimento circa l’esistenza e l’esigibilità dei crediti era stato a sua volta colposamente indotto a BAI dalla cedente *****, nelle comunicazioni tra esse intercorse, perché – oltre a non trovare anch’esso alcun riscontro nei fatti accertati in sentenza – sarebbe semmai rilevante nei rapporti interni tra fornitrice-cedente e debitrice ceduta, ma rimane del tutto indifferente rispetto ai rapporti tra quest’ultima e la società di factoring, cessionaria.
2.4. Quello, infine, facente leva sulla natura della dichiarazione resa dalla debitrice ceduta (dichiarazione di scienza e non ricognizione di debito: v. Cass. 18/02/2016, n. 3184) perché del tutto eccentrico rispetto alla ratio decidendi che non riposa affatto su una diversa qualificazione del contenuto della dichiarazione. La responsabilità affermata in sentenza non ha infatti fondamento contrattuale, né deriva dalla attribuzione a quella dichiarazione di contenuti ed effetti negoziali, ma ha piuttosto natura e fondamento extracontrattuale, discendenti dalla ravvisata violazione del dovere del neminem laedere (art. 2043 c.c.), ben ipotizzabile anche con riferimento ad una dichiarazione di scienza, quando idonea a integrare condotta colposa causativa di danno ingiusto risarcibile.
3. La seconda censura è infondata.
Come s’e’ detto, la ricorrente da un lato ammette che le menzionate raccomandate hanno potuto avere l’effetto di indurre CredemFactor S.p.a. ad eseguire l’anticipazione delle fatture in favore di *****, dall’altro ne afferma però l’irrilevanza ai fini di causa sul rilievo che “il pagamento del corrispettivo si pone al di fuori della fattispecie acquisitiva del diritto”.
Sembra, dunque, voler sostenere che l’anticipazione del finanziamento (a fronte della cessione dei crediti portati dalle fatture) costituisse dovuto adempimento di obbligo assunto in forza del contratto di factoring, al quale la società factor non avrebbe potuto comunque sottrarsi, donde l’irrilevanza di quanto dichiarato dalla debitrice ceduta in relazione alla esigibilità delle fatture cedute.
Un tale argomento – oltre ad essere intrinsecamente contraddittorio, posto che la stessa ricorrente, ammettendo che il factor possa essere stato indotto ad eseguire le anticipazioni, evidentemente postula che queste non fossero affatto dovute e inevitabili – è comunque destituito di fondamento.
Occorre al riguardo rammentare che, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, “il contratto di factoring, anche dopo l’entrata in vigore della disciplina contenuta nella L. 21 febbraio 1991, n. 52, è una convenzione atipica – la cui disciplina, integrativa dell’autonomia negoziale, è contenuta negli artt. 1260 c.c. e segg. – attuata mediante la cessione, pro solvendo o pro soluto, della titolarità dei crediti di un imprenditore, derivanti dall’esercizio della sua impresa, ad un altro imprenditore (factor), con effetto traslativo al momento dello scambio dei consensi tra i medesimi se la cessione è globale e i crediti sono esistenti, ovvero differito al momento in cui vengano ad esistenza se i crediti sono futuri o se, per adempiere all’obbligo assunto con la convenzione, è necessario trasmettere i crediti stessi con distinti negozi di cessione, ma in ogni caso derivante dal perfezionamento della cessione stessa tra cedente (fornitore) e cessionario (factor), indipendentemente dalla volontà e dalla conoscenza del debitore ceduto” (così, da ultimo, in motivazione, Cass. 11/02/2020, n. 3319; nello stesso senso, già, Cass. 02/12/2016, n. 24657; 06/07/2009, n. 15797; 08/02/2007, n. 2746).
La fattispecie in esame, secondo quanto accertato in sentenza, è certamente da ricondursi a tale seconda modalità operativa, in virtù della quale il contratto di factoring costituisce un accordo quadro che vincola il factor a finanziare l’impresa fornitrice a mezzo anticipazioni degli importi portati dalle fatture di volta in volta emesse da quest’ultima a fronte della cessione, da perfezionarsi di volta in volta, dei relativi crediti vantati dalla fornitrice nei confronti dei destinatari delle forniture medesime (debitori ceduti). Lungi, dunque, dal costituire corrispettivo (comunque) dovuto in esecuzione di una cessione una tantum o globalmente operata, le anticipazioni sono, in tale ipotesi, sinallagmaticamente rapportate e, anzi, subordinate (come, nella specie, espressamente accertato in sentenza) alla presentazione di fatture rappresentative di crediti suscettibili, in quanto previamente ne sia verificata la verità ed esigibilità, di cessione pro solvendo.
Ed è in tale quadro che, del tutto plausibilmente, la corte d’appello ha ravvisato l’incidenza causale della condotta tenuta dalla debitrice idonea a fondarne, in quanto colposa, la responsabilità extracontrattuale.
Se è vero, infatti, che l’accettazione dell’avvenuta cessione non conferisce all’operazione carattere “trilaterale”, in quanto essa “non costituisce ricognizione tacita del debito, trattandosi di una dichiarazione di scienza priva di contenuto negoziale”, sicché, il ceduto non viola il principio di buona fede nei confronti del cessionario, se non contesta il credito, pur se edotto della cessione, né il suo silenzio può costituire conferma di esso perché, per assumere tale significato, occorre un’intesa tra le parti negoziali cui il ceduto è estraneo” (così Cass. 18/02/2016, n. 3184; Cass. n. 3319 del 2020, cit.), e se è vero pertanto che non è configurabile in capo al debitore ceduto (terzo estraneo al contratto di factor) un obbligo di informare il cessionario dell’inesistenza o inesigibilità del credito, sicché il silenzio dello stesso non può essere fonte di responsabilità né contrattuale né extracontrattuale, non è men vero però che, ove all’opposto il debitore ceduto renda, come nella specie, esplicite dichiarazioni confermative dell’esistenza ed esigibilità del credito e ciò faccia colposamente, tale condotta si riveli idonea a indurre in erroneo affidamento il factor e dunque a cagionare un danno allo stesso, pari all’importo dell’anticipazione che avrebbe altrimenti evitato, fonte di responsabilità extracontrattuale.
4. La terza censura è inammissibile, in quanto fondata su fatti diversi o, addirittura, opposti a quelli oggetto di accertamento nella sentenza impugnata e che, comunque, si appalesano irrilevanti.
Non risulta invero accertato che al momento della conclusione del contratto di factor e nemmeno in quello della cessione di che trattasi la cedente manifestasse un evidente stato di decozione, in sentenza essendo ben diversamente affermato che il recupero, dal cedente, del credito ceduto pro solvendo si è rivelato per la cessionaria successivamente impossibile per lo stato di insolvenza della prima.
In ogni caso lo stato di decozione della cedente di per sé non sarebbe valso ad escludere che il credito dalla stessa vantato nei confronti del debitore ceduto potesse considerarsi esistente ed esigibile.
Che la cedente non abbia chiesto informazioni in merito alla bontà dei crediti che andava ad acquistare e’, poi, circostanza smentita e comunque resa irrilevante dal fatto che tali informazioni, univocamente tranquillizzanti, l’impresa factor avesse ricevuto proprio dalla debitrice ceduta.
Il rilievo infine che la cessionaria non aveva impugnato la separata sentenza che, nell’accogliere l’opposizione di BAI al decreto ingiuntivo di CredemFactor, aveva anche dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno già in quella sede proposta dalla opposta, oltre a rimanere non sviluppato quanto alle conseguenze che se ne sarebbero dovute trarre nel presente giudizio, prospetta comunque una questione che non risulta trattata nel giudizio di appello e come tale deve in questa sede considerarsi inammissibile.
5. Il ricorso deve essere in definitiva rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 12.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021
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