LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 8536-2020 proposto da:
P.G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, alla via CARLO MIRABELLO n. 14, presso lo studio dell’avvocato VALERIA PACIFICO, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSA CONDELLO;
– ricorrente –
contro
PROVINCIA di VIBO VALENTIA, in persona del legale rappresentante in carica, domiciliata in ROMA, alla piazza CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA ROSA PISANI;
– controricorrente
contro
REGIONE CALABRIA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 725/2019 del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA, depositata l’08/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.
FATTO E DIRITTO
P.G.S. convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Serra san Bruno, la Provincia di Vibo Valentia al fine di ottenere il risarcimento dei danni provocati alle sue colture dai cinghiali.
La Provincia si costituì in giudizio e contestò la domanda sia in punto di legittimazione passiva che di fondatezza nel merito.
Il Giudice di Pace dispose la chiamata in causa della Regione Calabria che pure si costituì e contestò la domanda.
La domanda venne accolta, nei confronti di entrambi gli enti pubblici territoriali “secondo le rispettive competente” come si legge nello svolgimento della sentenza dell’appello.
L’Amministrazione Provinciale ha impugnato in appello e nel ricostituito contraddittorio il Tribunale di Vibo Valentia, con sentenza n. 725 del 08/08/2019, ha rigettato la domanda del P., ritenendola non provata.
Avverso la sentenza d’appello ricorre, con atto affidato a tre motivi, P.G.S..
Resiste con controricorso la Provincia di Vibo Valentia, mentre la Regione Calabria è rimasta intimata.
La proposta del Consigliere relatore di definizione con il rito di cui all’art. 375 c.p.c. è stata ritualmente comunicata alle parti.
Il ricorrente e la Provincia di Vibo valentia hanno depositato memorie nel termine assegnato.
I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza del Tribunale.
Il primo motivo deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il Tribunale ritenuto non provato l’an della domanda attorea.
Il secondo mezzo deduce violazione e falsa ed errata applicazione dell’art. 2043 c.c. della L. 15 febbraio 1992, n. 157, art. 9, della L.R. Calabria 17 maggio 1996, n. 9, artt. 2, 6, 9,16,22, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 19, comma 1, lett. e) e f), della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 14, comma 1, lett. f), dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il terzo motivo deduce violazione e falsa interpretazione dell’art. 2043 c.c., dell’art. 2697c.c., comma 1, degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il primo e il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, poiché lo scrutinio dell’inidonea valutazione della prova, anche per presunzioni, dedotto con il terzo motivo di ricorso si riverbera sul primo mezzo relativo alla prova della domanda proposta.
I due detti motivi risultano fondati.
In una valutazione complessiva dei due motivi di ricorso suddetti la sentenza del Tribunale si appalesa carente in punto di motivazione sull’insussistenza della prova del nesso causale, in quanto trascura del tutto di esaminare una delle testimonianze, quella di B.M., riportata nell’impianto essenziale a pag. 16 del ricorso, e sull’altra, quella del R.C., afferma trattarsi di “mera valutazione di parte”.
La valutazione in tal senso della deposizione testimoniale di uno dei testi, per i quali non è stata indicata alcuna causa di incompatibilità all’ufficio di testimone, e che, quindi, non può in alcun modo essere definito come parte, rende del tutto illogico il ragionamento decisorio del giudice di appello, che ha semplicemente pretermesso, trincerandosi immotivatamente nella definizione di un teste quale parte, la deposizione dello stesso testimone, incorrendo in tal modo in vizio di falsa applicazione di norme di diritto, da ritenersi utilmente evocato mediante il riferimento agli artt. 2727 e 2729 c.c..
In tema di valutazione di prove testimoniale la sentenza in scrutinio si appalesa del tutto distonica rispetto alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 21239 del 09/08/2019 Rv. 655201 – 01): “La capacità a testimoniare differisce dalla valutazione sull’attendibilità del teste, operando le stesse su piani diversi, atteso che l’una, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., dipende dalla presenza di un interesse giuridico (non di mero fatto) che potrebbe legittimare la partecipazione del teste al giudizio, mentre la seconda afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e complete della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere su sciente a motivare una valutazione di inattendibilità.”.
L’accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso comporta l’assorbimento del secondo motivo.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto, con rinvio al Tribunale di Vibo Valentia, in persona di diverso magistrato, che nel procedere a nuovo esame si atterrà a quanto in questa sede rilevato e provvederà, altresì, sulle spese di questa fase di legittimità.
Conformemente all’orientamento nomofilattico (Sez. U n. 04315 del 20/02/2020 Rv. 657198 – 04), ricorrendo fattispecie di accoglimento dell’impugnazione, non deve darsi atto dell’insussistenza dei presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Vibo Valentia. In persona di diverso magistrato, anche per le spese di questa fase di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021