Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.26597 del 30/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7306/2018 proposto da:

Marano Service s.r.l., nella persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria dell’A.T.I. tra la stessa Marano service s.r.l. e le mandanti Igeca s.p.a., e la Polimpianti s.r.l, allora in bonis, rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso per cassazione, dall’Avv. Prof. Bruno Capponi, dall’Avv. Domenico Di Falco, e dall’Avv. Roberto Maria Bisceglia, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei primi due in Roma, Largo Antonio Sarti, n. 4, per procura in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrenti –

contro

Poste Italiane s.p.a., nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Prof. Marcello Mole’, e Enrico Mole’, ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale Mole’ & Associati in Roma, via Nicolò Porpora, n. 16, come da procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte di appello di ROMA, n. 508/2017, pubblicata il 17 gennaio 2017, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

CHE:

1. La Marano Service s.p.a., quale mandataria dell’A.T.I., composta anche da Igeca s.p.a. e da Polimpianti s.r.l, con atto di citazione notificato il 19 novembre 2003, conveniva in giudizio, la Società Poste Italiane s.p.a. chiedendo che fosse accertata l’inesiguibilità del contratto di appalto avente ad oggetto la ristrutturazione ed ampliamento del centro meccanizzazione postale di Genova e la rideterminazione del prezzo e, nell’ipotesi in cui ciò non fosse stato possibile, la risoluzione del contratto con condanna delle Poste al pagamento dei relativi danni conseguenti all’inadempimento di essa convenuta per la mancata collaborazione per la soluzione delle problematiche relative alla bonifica da ordigni bellici e alla mancata adozione delle necessarie varianti al progetto.

La società Poste Italiane s.p.a., in via riconvenzionale, affermava che la Marano Service non aveva eseguito i lavori oggetto del contratto e chiedeva il risarcimento dei danni quantificati nella maggior spesa che essa aveva dovuto sostenere in ragione sia del rinnovo della procedura dell’evidenza pubblica, che del ritardo con il quale le opere erano state completate.

2. Con sentenza non definitiva n. 12070 del 12 giugno 2007, il Tribunale di Roma aveva dichiarato il difetto di legittimazione attiva di Società Consortile Genova 2003 a r.l. e rigettato, per il resto, le domande attrici; aveva accolto nell’an la domanda di risarcimento spiegata da Poste Italiane s.p.a. e disposto, con separata ordinanza, per l’ulteriore corso sul quantum; la predetta sentenza veniva impugnata dalle imprese con atto di citazione notificato il 31 gennaio 2008.

3. Con sentenza definitiva n. 12763/2009 del 10 giugno 2009, il Tribunale di Roma, dopo avere disposto consulenza tecnica di ufficio, aveva condannato l’appaltatrice al pagamento, in favore della società Poste Italiane, della somma di Euro 340.000,00, a titolo di risarcimento danni per gli oneri di locazione, i maggiori oneri per il mantenimento dello staff, per il prolungamento delle attività di project management e per maggiori oneri conseguenti alla necessità di riaffidare i lavori.

4. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di declaratoria di illegittimità della escussione, da parte della società Poste s.p.a., delle polizze fideiussorie, con la restituzione della relativa somma, perché domanda non proposta in primo grado e, in accoglimento parziale dell’appello proposto dalle società e in riforma delle sentenze impugnate, ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni proposta dalla società Poste italiane e ha rigettato l’appello proposto dalla società Poste Italiane; ha confermato il rigetto delle ulteriori domande proposte dalle società appaltatrici di pagamento dei maggiori costi subiti in relazione alle riserve nn. 1 e 2, collegate ai ritardi conseguenti alla consegna dei lavori, stante la oggettiva ineseguibilità del progetto, che non era imputabile né all’appaltatore, né al committente, mentre l’eventuale ritardo legato agli ordigni bellici era imputabile alle società appaltatrici.

5. In particolare, a sostegno dell’impugnazione proposta, la Corte di appello ha ritenuto assorbente, sulla base del criterio della ragione più liquida, l’appello proposto dalle società avverso la sentenza non definitiva, affermando che le appellanti non potevano avvedersi della inidoneità del progetto al momento in cui avevano deciso di partecipare alla gara, perché il provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri che qualificava l’area a rischio sismico 4 era intervenuto successivamente all’aggiudicazione e prima della stipula del contratto; che legittimamente l’appaltatore si era rifiutato di eseguire il progetto senza le opportune modifiche; che le appellanti avevano adempiuto all’obbligo di comunicare al committente la situazione; che nemmeno le Poste Italiane avevano l’obbligo di apportare le opportune e necessarie modifiche al progetto, anche tenuto conto che si trattava di opera pubblica e che le modifiche da apportare al progetto erano ovviabili soltanto reiterando la gara.

6 la Marano Service s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi di censura e tale ricorso è stato iscritto a ruolo prima del secondo ricorso presentato contro la stessa sentenza dalle Poste Italiane s.p.a., affidato a due motivi, assumendo il valore di ricorso principale.

7. La Marano Service s.r.l. e la società Poste Italiane s.p.a. hanno depositati controricorsi.

8. La Marano Service s.r.l. ha depositato memoria.

CONSIDERATO

CHE:

1. In via preliminare va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per inosservanza del requisito prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, sollevata dalla difesa della società Poste Italiane, che sussiste quando le censure sono fondate su atti e documenti del giudizio di merito e il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, non fornisce le indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass., Sez, U., 27 dicembre 2019, n. 34469).

Ricorso Marano Service s.r.l..

2. Con il primo motivo si lamenta l’omesso e/o insufficiente esame circa fatti decisivi per il giudizio, consistenti nei molteplici inadempimenti e/o ritardi imputabili a Poste Italiane s.p.a. e nel tipo di provvedimento risolutivo concretamente adottato, che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; la nullità della sentenza per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con omessa pronuncia sulle domande dell’Impresa e ciò per la violazione e l’errata applicazione del principio processuale della “ragione più liquida”, non essendo suscettibile, la ragione prescelta, di assicurare la definizione del giudizio.

Si duole la società ricorrente che la Corte di appello non aveva preso in esame se i comportamenti concretamente poste in essere dalla società Poste Italiane consentivano l’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto e delle domande risarcitorie; così come erano stati del tutto obliterati altri profili di rilievo come quelli relativi alla mancanza nel progetto esecutivo di particolari relativi ad elementi di connessione travi-pilastri, all’armatura dei pannelli e ai giunti con l’edificio esistente; al mancato rispetto nel progetto redatto dal Committente della normativa vigente in materia di strutture di fondazione di cui al D.M. 11 marzo 1988; l’indisponibilità delle aree perché ingombre di materiali di rifiuto di vario tipo; la necessità di procedere alla bonifica dell’area, dato che l’incarico affidato a terzi consistente nell’esecuzione di indagini magnetoscopiche aveva dato risultati inadeguati e inattendibili; il fatto che le carenze del progetto rilevate dall’Impresa erano state, poi, integralmente recepite dalla società Poste Italiane nel nuovo progetto posto a base della successiva gara; il fatto che il mancato recesso da parte della società Poste aveva consentito alla stessa di non corrispondere il compenso per le lavorazioni eseguite e il mancato utile, oltre ai materiali esistenti in cantiere; il tentativo di affidare i lavori alla seconda classificata; l’escussione delle fideiussioni prestate dall’A.T.I..

3. Con il secondo motivo si lamenta l’omesso e/o insufficiente esame circa il fatto decisivo per il giudizio, consistente nell’inadempimento di Poste Italiane all’onere di cooperazione gravante sul committente, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per l’omessa pronuncia contrattuale dell’Impresa; la violazione e/o falsa applicazione del dovere di cooperazione di cui agli artt. 1175,1206 e 1375 c.c., imposto in capo alla Stazione appaltante, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1660 c.c., incompatibile con il D.P.R. n. 554 del 1999, artt. 119 e 121 invocati da Poste Italiane s.p.a. e la violazione degli artt. 1453 c.c. e ss., entrambi in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole la società ricorrente che la Corte di appello aveva ritenuto assorbente l’ipotesi di cui agli artt. 1660 c.c. e ss. e non aveva esaminato la violazione del dovere di collaborazione di cui agli artt. 1175,1206 e 1375 c.c., nonché l’incompatibilità delle norme giuridiche invocate (art. 1160 c.c. e ss.) con le disposizioni speciali, concretamente richiamate dalla committente a fondamento del proprio atto di risoluzione del contratto in danno dell’impresa del 18 dicembre 2003; che la mancata tempestiva predisposizione da parte della Stazione appaltante di una perizia di variante o la mancata tempestiva predisposizione e attuazione del provvedimento di recesso L. n. 109 del 1994, ex art. 25 rilevava come inadempimento grave sotto il profilo della violazione del dovere di cooperazione ai sensi degli artt. 1206,1175 e 1375 c.c. ed anche ai fini di cui agli artt. 1453 c.c. e ss., soprattutto se accompagnato dalla pretesa di ottenere l’opus nonostante le gravi carenze riscontrate e di risolvere il contratto ai danni dell’impresa, salvo poi recepire tutte le carenze riscontrate dallo stesso appaltatore nel progetto a base della nuova gara; la Corte aveva pure errato nell’applicare l’art. 1660 c.c., che è norma incompatibile con il D.P.R. n. 554 del 1999, art. 119 concretamente disposto da Poste con l’atto di risoluzione del 19 dicembre 203, in danno dell’A.T.I., che, in tal modo, era stata doppiamente pregiudicata, poiché da un lato, a causa dell’applicazione da parte della Corte di appello dell’art. 1660 c.c., si era vista respingere la domanda risarcitoria e dall’altro, in assenza di qualsiasi pronuncia in merito alla violazione e/o falsa applicazione della risoluzione in danno D.P.R. n. 554 del 1999, ex art. 119 aveva continuato a subire le conseguenze pregiudizievoli dell’atto del 19 dicembre 2003 di Poste, tra tutte l’escussione delle polizza fideiussoria per l’importo di Euro 1.090.636,06, senza percepire il pagamento dei lavori eseguiti e il rimborso del mancato utile che sarebbe stato conseguito ove Poste avesse proceduto al recesso nei termini di legge.

4. Con il terzo motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; omessa pronuncia sul motivo di appello, con violazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avente ad oggetto la domanda di pagamento delle lavorazioni effettuate dalle Imprese.

Si duole la società ricorrente che la Corte di appello non aveva esaminato la domanda di condanna della committente al pagamento del corrispettivo maturato per le opere concretamente svolte e di risarcimento degli ingenti danni medio tempore subiti, domande pure proposte nella citazione originaria e nella memoria ex art. 180 c.p.c., non essendo decisioni che si escludevano, essendo stato l’importo quantificato in Euro 275.301,00, come indicato dallo stesso committente nel SAL n. 1 e nel provvedimento di risoluzione, oltre che accertato dal consulente tecnico d’ufficio.

5. Con il quarto motivo si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, consistente nei fatti costitutivi posti a fondamento delle riserve nn. 1 e 2 delle Imprese, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avente ad oggetto la corresponsione degli oneri e danni conseguenti, rispettivamente, alla sottoproduzione dovuta alle molteplici problematiche tecnico-amministrative al mancato raggiungimento degli importi per l’emissione dei SAL 1 e 2, in ragione del comportamento della società Poste Italiane che aveva insistito per circa 6 mesi, dalla consegna dei lavori del 23 giugno 2003 vino alla risoluzione in danno dell’appaltatore disposta in data 19 dicembre 2003, affinché si procedesse nell’esecuzione delle opere.

6. Con il quinto motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 163, 180 (vecchio testo) e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non avendo la Corte di appello dichiarato inammissibili anche la domanda di risoluzione e sulle conseguenze ad essa attinenti formulate anch’esse con la memoria ex art. 180 c.p.c. e che, comunque, la domanda non era inammissibile, né tardiva, essendo stata proposta con l’atto di citazione notificato in data 21 novembre 2003, prima dell’escussione della garanzia avvenuta in data 8 gennaio 2004, che aveva fatto seguito all’atto di risoluzione del 23 dicembre 2003 e, poi, ribadita nella prima occasione processuale utile successiva, ovvero nella memoria ex art. 180 c.p.c. dell’8 ottobre 2004; in ogni caso, le ipotesi di inammissibilità di cui all’art. 345 c.p.c. concernevano esclusivamente i casi di domande nuove introdotte in appello e non già le domande già proposte e vagliate in primo grado.

7. Con il sesto motivo si lamenta la violazione e/o falsa e/o omessa applicazione degli artt. 1660,1661 e 1664 c.c. e della L. n. 109 del 1994, art. 25 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo errato la Corte di appello nel rigettare la domanda risarcitoria proposta per insussistenza dell’obbligo del Committente di apporre le necessarie varianti, trovando applicazione negli appalti di opere pubbliche la L. n. 109 del 1994, art. 25, commi 4 e 5, (applicabile ratione temporis) e non già l’art. 1660 c.c. e ss.; che comunque erano applicabili gli artt. 1175 e 1375 c.c., oltre che l’art. 1206 c.c., nella parte in cui quest’ultima norma richiamava il compimento da parte del creditore di quanto era necessario affinché il debitore potesse adempiere l’obbligazione.

Ricorso Poste Italiane s.p.a..

8. Con il primo motivo si lamenta la nullità della sentenza per difetto del requisito del contenuto della motivazione idonea allo scopo ex art. 111 Cost., comma 6, e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 156 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non avendo l’Appaltatrice mai sollevato la questione della presunta incompatibilità del progetto alla normativa antisismica entrata in vigore con la pubblicazione dell’all’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, nemmeno nel giudizio di primo grado, ma avendo sempre e solo affermato che l’opera affidatale non fosse eseguibile a causa di pretesi errori di calcolo di progetto e per la presenza di ordigni bellici all’interno delle aree interessate; peraltro l’entrata in vigore della normativa antisismica non era stato un elemento che l’Appaltatrice aveva valutato nel determinarsi a rifiutare di eseguire l’opera.

9. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione della normativa antisismica di cui all’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003 recante “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la gara di appalto per i lavori di ristrutturazione e ampliamento del Centro di meccanizzazione postale sito all’Aeroporto ***** era stata indetta il 20 dicembre 2002; il contratto tra la società Poste e l’Appaltatrice era stato sottoscritto in data 23 giugno 2003; e l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003 era entrata in vigore il 20 marzo 2003; che, infatti, tali disposizioni non si applicavano alle opere pubbliche già appaltate o i cui progetti erano stati già approvati alla data dell’ordinanza, ai sensi dell’art. 2, comma, 2, e che ad essi si continuavano ad applicare le norme tecniche e la classificazione sismica vigente, con la conseguenza che non sussisteva alcun obbligo di adeguare il progetto alla nuova normativa, obbligo invece rispettato nella nuova gara indetta per l’esecuzione del progetto.

10. Assume rilievo decisivo e assorbente la fondatezza del secondo motivo del ricorso incidentale, che va accolto.

10.1 Ed invero, l’Ordinanza del Presidente del Consiglio di Ministri, 20 marzo 2003, n. 3274, pubblicata nella Gazz. Uff. 8 maggio 2003, n. 105, detta i “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”, e prevede:

Art. 2, comma 1: Le regioni provvedono, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 94, comma 2, lett. a), e sulla base dei criteri generali di cui all’allegato 1, all’individuazione, formazione ed aggiornamento dell’elenco delle zone sismiche. In zona 4 è lasciata facoltà alle singole regioni di introdurre o meno l’obbligo della progettazione antisismica.

Art. 2, comma 2: Per le opere i cui lavori siano già iniziati e per le opere pubbliche già appaltate o i cui progetti siano stati già approvati alla data della presente ordinanza, possono continuare ad applicarsi le norme tecniche e la classificazione sismica vigenti. Per il completamento degli interventi di ricostruzione in corso continuano ad applicarsi le norme tecniche vigenti. In tutti i restanti casi, fatti salvi gli edifici e le opere di cui al comma 3, la progettazione potrà essere conforme a quanto prescritto dalla nuova classificazione continuare ad applicare le norme tecniche vigenti.

10.2 Nel caso in esame, emerge concordemente dagli atti, che la gara di appalto per i lavori di ristrutturazione e ampliamento del Centro di meccanizzazione postale sito all’Aeroporto ***** è stata indetta il 20 dicembre 2002, mentre il contratto tra la società Poste Italiane e l’appaltatrice è stato sottoscritto in data 23 giugno 2003, n. di rep. 903, con consegna dei lavori avvenuta in pari data.

10.3 Ciò posto, alla luce del tenore letterale dell’ordinanza richiamata, è del tutto erronea la motivazione della Corte di appello, laddove ha rilevato che, alla luce di quanto statuito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’area era stata classificata con un rischio sismico n. 4 e che ciò imponeva ed esigeva che le costruzioni dovessero rispettare le prescrizioni di cui al D.M. 11 marzo 1988; che il progetto, al contrario, non era conforme a tale sistema (pag. 3 della sentenza impugnata) e che il progetto originario, seppure in ragione di atti sopravvenuti alla sua redazione, non era compatibile con i criteri costruttivi “imposti” dall’atto di normazione del ministero (pag. 4 del provvedimento impugnato).

Del tutto irrilevante e’, di conseguenza, la circostanza, pure evidenziata dalla Corte di appello, che le società appellanti non potevano avvedersi dell’allegata inidoneità del progetto al momento in cui avevano deciso di partecipare alla gara, dato che il provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che qualificava l’area a rischio sismico 4, era intervenuto successivamente alla aggiudicazione e prima della stipula del contratto, nonché le argomentazioni svolte circa la natura pubblica, e non privata, degli interessi tutelati dalla normativa antisismica (pag. 5 della sentenza impugnata).

10.4 Mette conto rilevare che nessun rilievo assume, contrariamente a quanto affermato dai giudici di secondo grado, l’indizione da parte della società Poste Italiane s.p.a. di un successivo bando di gara, nella quale il progetto era stato comunque modificato per renderlo compatibile ai dettami della detta circolare, perché frutto dell’esercizio della facoltà discrezionale lasciata al soggetto committente, laddove l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri specificamente ha previsto che nella zona 4 era lasciata facoltà alle singole regioni di introdurre o meno l’obbligo della progettazione antisismica e che per le opere pubbliche già appaltate o i cui progetti siano stati già approvati alla data della emanazione dell’ordinanza, potevano continuare ad applicarsi le norme tecniche e la classificazione sismica vigenti, con ciò, all’evidenza, escludendo ogni cogenza della richiamata normativa.

10.5 In proposito, va pure richiamata la Delib. Giunta Regionale della Liguria 16 maggio 2003, n. 530 (data che precede la stipula del contratto di appalto di cui si tratta del 23 giugno 2003), rubricata “Individuazione, formazione ed aggiornamento dell’elenco delle zone sismiche dei comuni della Regione Liguria in ottemperanza al disposto di cui all’O.P.C.M. 20 marzo 2003, n. 3274 pubblicata sulla G.U. n. 105 in data 8.05.2003”, che ha approvato la nuova classificazione sismica del territorio della Regione Liguria secondo i criteri formulati dal Gruppo di Lavoro costituito da esperti del Servizio Sismico Nazionale, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti, in base alla risoluzione approvata dalla Commissione nazionale di Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi nella seduta del 23 aprile 1997, e in ragione di quanto indicato “in sede di prima applicazione nell’allegato 1 dell’O.P.C.M. 20 marzo 2003, n. 3274 anche ai fini dell’applicabilità delle norme tecniche allegata alla ridetta ordinanza, fermo restando che le citate norme tecniche riguardano le zone con classe sismica 1 (P.G.A. =0.35), classe sismica 2 (P.G.A. = 0.25 e classe sismica 3 (P.G.A. = 0,15), dove il valore di P.G.A. indicato per ogni classe è da intendersi come il valore di progetto dell’accelerazione sismica al suolo”.

11. L’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale, porta all’assorbimento del primo motivo del ricorso incidentale e del ricorso principale.

12. In conclusione, va accolto il secondo motivo del ricorso incidentale, assorbito il primo e il ricorso principale; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, assorbito il primo e il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

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