LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13977-2020 proposto da:
G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLO ZUCCONI, rappresentato e difeso dall’avvocato VIERI ROMAGNOLI;
– ricorrente –
contro
COMUNE di SERAVEZZA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. G. BELLI, 36, presso lo studio dell’avvocato LUCA PARDINI, rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONE LEO;
– controricorrente –
contro
M.T. SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1354/2019 del TRIBUNALE di LUCCA, depositata il 27/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 15/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI LAURA.
RITENUTO
che:
Con atto del 6/5/1981 il Comune di Seravezza cedette la proprietà di aree destinate all’edilizia residenziale alla cooperativa Versilia Verde, secondo il meccanismo della vendita di cosa altrui, essendo in corso le procedure di espropriazione. In data 29/7/1983 le parti stipularono un atto di ricognizione con cui, dato atto della acquisita proprietà da parte del Comune delle aree cedute alla cooperativa, venne determinato il corrispettivo della cessione salvo conguaglio.
Il Comune, avendo successivamente corrisposto agli espropriati i conguagli della indennità di esproprio, chiese agli assegnatari degli alloggi il rimborso delle ulteriori somme corrisposte.
Stante il mancato pagamento, vennero emesse le ordinanze ingiunzione ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, art. 2, per il conguaglio delle indennità di espropriazione e numerosi assegnatari, tra cui l’odierno ricorrente G., proposero opposizione nei confronti del Comune espropriante e della concessionaria M.T. SPA dinanzi al Giudice di pace che ritenne prescritto il diritto alla riscossione del conguaglio ed accolse l’opposizione.
L’appello proposto dal Comune di Seravezza è stato accolto dal Tribunale di Lucca che ha riformato la prima decisione e rigettato l’opposizione perché infondata.
G.E. ha proposto ricorso per cassazione con cinque mezzi. Il Comune di Seravezza ha replicato con controricorso. M.T. SPA è rimasta intimata.
G. ha depositato memoria.
E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
CONSIDERATO
che:
1.1. Primo motivo: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., in merito alla eccepita prescrizione, maturata – a dire del ricorrente – per mancato compimento di atti interruttivi in quanto l’atto espropriativo si era definito prima del 1983 e non con i vari atti intervenuti tra Comune ed espropriati nel 1993, 1996 e 2002.
1.2. Il primo motivo, concernente l’eccezione di prescrizione e l’individuazione del termine di decorrenza della prescrizione, è infondato.
La giurisprudenza di questa Corte – a cui si è riportato il decidente del grado e che il motivo non induce a rivedere – ha da tempo affermato, come ancora di recente ribadito, che “in tema di espropriazione di terreni per la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare, il termine prescrizionale del diritto del Consorzio intercomunale di ottenere dai singoli assegnatari degli alloggi il rimborso delle somme spettanti al proprietario espropriato comincia a decorrere solo dal momento dell’effettivo pagamento della indennità dovuta a quest’ultimo, come rideterminata a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 1983, non potendo addebitarsi al titolare del diritto alcuna inerzia nelle more della nuova quantificazione del costo di acquisizione delle aree a seguito della sentenza medesima” (Cass. n. 9066 del 12/04/2018; conf. Cass. n. 14782/2020), ciò perché gli impedimenti di natura legale non consentono il decorso della prescrizione, mentre non viene smentito l’orientamento, per altro affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa, e che qui si intende ribadire, secondo cui il termine di avvio per il recupero delle maggiori somme dovute ai proprietari espropriati per la realizzazione dei piani di zona di edilizia popolare, viene fatto decorrere dal momento in cui l’Amministrazione ha avuto piena contezza della spesa effettiva derivante dal piano di zona nella sua globalità (Tar Toscana, 1 settembre 2014, n. 1405; Tar Liguria, 27 ottobre 2011, n. 1493; Tar Puglia, 19 novembre 2009, n. 2796; Tar Lazio, 2 luglio 2009, n. 6419; Tar Toscana, 11 giugno 2009, n. 1009).
Il che del resto, come ben si è chiarito nel precedente di questa Corte a cui si è riportato il decidente del merito (Cass. n. 15973 del 14/07/2006), è del tutto ragionevole: infatti, alla stregua della dichiarata incostituzionalità delle norme recate dalla L. 29 luglio 1980, n. 385, la misura dell’indennità risulta regolata in base alla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, salvo conguaglio, e la sua determinazione richiedeva un complesso procedimento di calcolo.
Di conseguenza, permanendo questa situazione di incertezza normativa, il Comune non solo non sarebbe stato nella condizione di determinare autonomamente il conguaglio dovuto agli ex proprietari, e, conseguentemente, di chiederne il rimborso alla cooperativa concessionaria, ma neppure poteva essere imputato di inerzia per non aver sollecitamente agito nei confronti del concessionario prima ancora di acquisire la certezza della richiesta del conguaglio da parte degli ex proprietari, dalla quale soltanto il suo diritto avrebbe potuto trarre fondamento.
2.1. Secondo motivo: violazione e/o falsa applicazione della disciplina contrattuale contenuta nella “Convenzione per la cessione della proprietà di aree destinate ad edilizia residenziale” (anno 1981) e nell'”atto di ricognizione riguardante le aree cedute in proprietà alla Cooperativa edilizia Versilia Verde”, ai sensi dell’art. 1478 c.c. (vendita di cose altrui), ora acquisite dal Comune di Seravezza (anno 1983).
2.2. Il secondo motivo, relativo alla pretesa insussistenza del diritto al conguaglio da parte del Comune, è infondato.
Trova applicazione il principio, qui ribadito, secondo il quale “In tema di edilizia popolare ed economica, il corrispettivo della concessione del diritto di superficie, che dev’essere previsto nella convenzione di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 35, comma 8, deve assicurare al Comune – in applicazione del principio del perfetto pareggio economico, disposizione inderogabile idonea ad integrare automaticamente il contenuto della convenzione – la copertura dei costi di acquisizione delle aree destinate alla realizzazione dei piani e delle sole opere di urbanizzazione funzionali alla loro edificabilità, sicché l’ente è legittimato a pretendere l’eventuale differenza ove nella suddetta convenzione quel corrispettivo sia stato erroneamente determinato in misura inferiore ai costi effettivi.”(Cass. n. 6928 del 08/04/2016; Cass. n. 13595 del 02/07/2020) e la decisione risulta immune da vizi.
3.1. Terzo motivo: violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, lett. c) e art. 17.
3.2. Il terzo motivo, relativo alla pretesa invalidità dell’ordinanza ingiunzione per l’incerta indicazione dell’organo dinanzi al quale andava proposta l’opposizione, è inammissibile per difetto di interesse, essendo stato proposto il giudizio esattamente dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, senza che il ricorrente sia incorso in alcun errore e senza pregiudizio per l’esercizio del diritto di difesa.
4.1. Quarto motivo: violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 633,634 e 635 c.p.c.
4.2. Il quarto motivo, relativa alla pretesa violazione delle norme in materia di decreto ingiuntivo per avere agito il Comune per un credito né liquido, né esigibile, non solo è privo di specificità, in ordine alla tempestiva sottoposizione del tema nella fase di merito con evidenti ricadute in tema di ammissibilità, ma è anche infondato ex Cass. n. 34552 del 27/12/2019.
Premesso che – come nella fattispecie in esame – “Nel caso di espropriazione di area ricompresa in un piano di edilizia residenziale pubblica, conclusasi con la cessione volontaria del bene L. n. 865 del 1971 ex art. 12, obbligato al pagamento del conguaglio del prezzo è il comune espropriante, beneficiario dell’area medesima, con conseguente sua legittimazione passiva nel giudizio riguardante la quantificazione della stessa, atteso che la indicata cessione, pur qualificabile come contratto cosiddetto ad oggetto pubblico, presupponendo l’esistenza della procedura espropriativa che automaticamente conclude, e’, per il resto, sottoposta alla disciplina propria del contratto, caratterizzata dall’incontro di volontà dei contraenti su di un piano paritetico. Alla vicenda contrattuale devono, pertanto, ritenersi totalmente estranei gli assegnatari degli alloggi, ancorché debitori finali.” (Cass. n. 17786 del 08/09/2015), va ribadito – atteso che il recupero del credito a titolo di conguaglio è avvenuto in conseguenza della definitiva quantificazione dell’indennità di esproprio – che “L’azione di ripetizione d’indebito oggettivo, ove esperita dalla P.A., può essere esercitata con il procedimento d’ingiunzione di cui al R.D. n. 639 del 1910, art. 2, applicabile non solo alle entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche a quelle di diritto privato, senza che occorra la preventiva adozione di un autonomo provvedimento che accerti e quantifichi il debito restitutorio.” (Cass. n. 34552 del 27/12/2019).
5.1. Quinto motivo: violazione e/o falsa applicazione della L. n. 359 del 1992, in luogo della L. n. 2359 del 1865.
5.2. Il quinto motivo è inammissibile perché sostanzialmente contesta la commisurazione dell’indennità di esproprio, alla quale devono ritenersi totalmente estranei gli assegnatari degli alloggi (Cass. n. 17786 del 08/09/2015), sulla scorta della deduzione di fatti che non hanno costituito oggetto di accertamento da parte del giudice dl gravame.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. l, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).
PQM
– Rigetta il ricorso;
– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 510,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, ed accessori di legge;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021