Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27065 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16873-2020 proposto da:

S.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEULADA 55, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MARCONI, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO CAPASSO;

– ricorrente –

contro

C.M.A., A.O., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato PIER LUIGI PANICI, rappresentate e difese dagli avvocati TIZIANA AGOSTINI, FRANCESCO DI CIOLLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1074/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO DELL’UTRI.

RILEVATO

Che:

con sentenza resa in data 12/2/2020, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto da A.O., e in parziale riforma della decisione di primo grado, per quel che ancora rileva in questa sede, ha dichiarato non dovuta, dalla A., la restituzione, in favore di S.T., delle somme dalla prima percepite a titolo di canoni in relazione a un contratto di locazione (concluso tra la A. e C.M.A., da un lato, e il S., dall’altro) riconosciuto nullo per difetto di forma;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, pur quando corrisposte in base a un contratto di locazione dichiarato nullo, le somme corrisposte dal S. a titolo di canoni dovevano ritenersi non ripetibili a titolo di indebito, avendo lo stesso comunque goduto dell’immobile per tutto il periodo in relazione al quale aveva pagato i canoni corrispondenti;

avverso la sentenza d’appello, S.T. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

A.O. e C.M.A. resistono con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di memoria;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo l’impugnazione proposto, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1458,1575,2033 e 2041 c.c., nonché della L. n. 392 del 1978, art. 27 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso il diritto del ricorrente alla ripetizione dell’indebito costituito dall’insieme dei canoni di locazione corrisposti in relazione al contratto di locazione nullo per difetto di forma, non sussistendo nella specie alcun diritto di controparte al risarcimento del danno in relazione a un godimento consensualmente accettato dalle parti, né potendo prevedersi nella specie alcun obbligo del S. di corrispondere un’indennità a titolo di arricchimento indebito, in difetto di alcuna corrispondente domanda ad opera della controparte;

il motivo è inammissibile;

al riguardo, osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, il ricorso è inammissibile quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;

in particolare, in tema di giudizio di legittimità, anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile, integra l’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di cui all’art. 360-bis c.p.c., n. 1, con conseguente dichiarazione di inammissibilità del relativo ricorso per cassazione che non ne contenga valide critiche (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4366 del 22/02/2018, Rv. 648036 – 02);

nel caso di specie, il giudice a quo ha negato la ripetibilità, a titolo di indebito, delle somme corrisposte dal S. a titolo di canoni in relazione al contratto di locazione riconosciuto nullo per difetto di forma, avendo lo stesso S. comunque goduto dell’immobile per tutto il periodo in relazione al quale aveva pagato i canoni corrispondenti, in tal modo uniformandosi all’orientamento già fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, qualora un contratto di locazione sia dichiarato nullo, pur conseguendo in linea di principio a detta dichiarazione il diritto per ciascuna delle parti di ripetere la prestazione effettuata, tuttavia la parte che abbia usufruito del godimento dell’immobile non può pretendere la restituzione di quanto versato a titolo di corrispettivo per tale godimento, in quanto ciò importerebbe un’inammissibile arricchimento senza causa in danno del locatore (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 3971 del 12/02/2019, Rv. 652741 – 01); tale orientamento, già fatto proprio da questa Corte sin dal 1966 (Sez. 3, Sentenza n. 1168 del 06/05/1966, Rv. 322339 – 01), è stato ulteriormente ribadito nelle decisioni rese da: Sez. 3, Sentenza n. 4849 del 03/05/1991 Rv. 471957 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 17844 del 22/08/2007; Sez. U, Sentenza n. 18214 del 17/09/2015; e, da ultimo, da Sez. 3, Sentenza n. 33759 del 19/12/2019, con l’unica, isolata eccezione costituita da Sez. 3, Sentenza n. 20383 del 11/10/2016, che questo Collegio ritiene non idonea a contraddire fondatamente il prevalente, segnalato (e qui condiviso e riproposto, al fine di assicurarne continuità) insegnamento della giurisprudenza di legittimità;

rispetto a tale orientamento, l’odierno ricorrente ha sostanzialmente omesso di confrontarsi in termini diretti, limitandosi ad esprimere unicamente il proprio dissenso, attraverso il richiamo all’unico precedente giurisprudenziale di legittimità non conforme al prevalente orientamento di questa Corte;

alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al rimborso, in favore delle controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere, infine, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al rimborso, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.000, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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