Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.27085 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 35093/2018 R.G. proposto da:

G.S., rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Raimondo, con domicilio eletto in Roma, Via dell’Acquedotto del Peschiera n. 96, presso l’avv. Simona Pandolfini.

– ricorrente –

contro

B.R., R.M., R.L., RA.MA., E R.G., rappresentati e difesi dall’avv. Giorgio Terranova, con domicilio in Ispica, Via Foscolo n. 2.

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1228/2018, depositata in data 28.5.2018.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno 12.11.2019 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

B.R., R.M., L., G. e Ma. hanno adito il tribunale di R., esponendo che, con contratto preliminare del 7.2.2012, avevano promesso in vendita a G.R. il terreno sito in ***** (censito in catasto al fl. *****, partt. *****), per il prezzo di Euro 28.000,00. Premesso che il promissario acquirente si era rifiutato di stipulare il contratto definitivo, hanno chiesto di dichiarare la legittimità del recesso esercitato in data 3.7.2013, di disporre il rilascio dell’immobile e di condannare il G. a restituire i frutti percepiti.

Il convenuto si è costituito alla prima udienza, sostenendo che, dopo la stipula del preliminare, era emerso che l’immobile era privo di accesso, non sussistendo alcuna servitù di passaggio sul fondo del vicino, come invece garantito dai promittenti venditori, i quale avevano anche proposto una domanda nel possesso della servitù, respinta dal tribunale. Ha altresì dedotto che la costruzione presente sul fondo non era accatastata.

Il tribunale ha accolto la domanda, con sentenza confermata in appello.

La Corte catanese ha ritenuto che G.R. avesse tardivamente proposto un’eccezione di inadempimento, che essendo ormai preclusa – non poteva essere presa in considerazione, per cui, essendo provato il rifiuto del promissario acquirente di stipulare il definitivo e non potendosi ritenere inadempienti i promittenti venditori, il recesso era stato correttamente esercitato. La cassazione della sentenza è chiesta da G.S. sulla base di due motivi di ricorso, illustrati con memoria.

B.R., R.M., R.L., Ra.Ma. e R.G. hanno depositato controricorso.

La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata rimessa alla pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 112,167 c.p.c., artt. 1385 e 1460 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, sostenendo che, nonostante la tardività della costituzione in giudizio del ricorrente, il giudice di merito avrebbe dovuto valutare le contestazioni sollevate nella comparsa di costituzione e risposta, trattandosi di mere difese volte a negare che il recesso fosse stato legittimamente esercitato o – comunque – di una mera eccezione riconvenzionale non sottoposta a preclusioni.

Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 112,113,116 c.p.c., art. 1418 c.c., L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che l’immobile risultava composto di due vani, uno dei quali denunciato in catasto come corte di pertinenza ma risultato abusivo, per cui il definitivo non poteva essere validamente concluso.

2. Il primo motivo è fondato, comportando l’assorbimento della seconda censura.

La Corte distrettuale, al pari del tribunale, ha ritenuto di non poter tener conto degli inadempimenti eccepiti nella comparsa di costituzione del ricorrente depositata tardivamente, rilevando che le difese del promissario acquirente sostanziavano un’eccezione in senso proprio, che andava dedotta con comparsa depositata fino a venti giorni prima dell’udienza di comparizione.

Tale assunto non può essere condiviso.

Va considerato che – da un lato – i promittenti venditori avevano esercitato il recesso ex art. 1385 c.c., facoltà che presuppone che la parte che ne invochi gli effetti sia a sua volta adempiente (Cass. 13241/2019) e che – per altro verso – il ricorrente aveva contestato la fondatezza della domanda, contrapponendo l’esistenza di plurime irregolarità e l’assenza di una servitù per accedere al fondo, che quindi era risultato intercluso.

Essendo proposta una domanda di accertamento dell’intervenuta risoluzione del contratto per recesso di una delle parti, il giudice di merito era tenuto a valutare la condotta di entrambi i contraenti, in modo da stabilire se effettivamente la mancata conclusione del definitivo fosse imputabile al rifiuto del promissario acquirente di perfezionare il rogito di acquisto nonostante le denunciate irregolarità, e se le motivazioni del recesso fossero fondate anche alla luce delle contestazioni sollevate dal promissario acquirente, benché quest’ultimo si fosse costituito tardivamente.

Come già statuito da questa Corte, ai fini della pronuncia di risoluzione il giudice non può isolare singole condotte di una delle parti per stabilire se costituiscano motivo di inadempienza a prescindere da ogni altra ragione di doglianza dei contraenti, ma deve, invece, considerare tutti i comportamenti delle parti, attraverso un’indagine globale ed unitaria dell’intero loro agire, perché l’unitarietà del rapporto obbligatorio cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute non tollera una valutazione frammentaria e settoriale della condotta dei singoli, richiedendo un apprezzamento complessivo del loro operato.

Ne consegue, pertanto, che nel delibare la fondatezza della domanda di accertamento dell’inadempimento di uno dei contraenti, ovvero di risoluzione contrattuale per inadempimento, il giudice deve tener conto, anche in difetto di una formale eccezione ai sensi dell’art. 1460 c.c., delle difese con cui la parte convenuta opponga – a sua volta – l’inadempienza dell’altra (Cass. 22995/2019; Cass. 336/2013; Cass. 2799/1997).

La Corte distrettuale, avendo ritenuto che, per effetto della tardiva deduzione delle violazioni imputabili ai resistenti, allegate solo nella comparsa di costituzione depositata alla prima udienza, la loro sussistenza non potesse essere valutata e che, per questo solo fatto, dovesse ritenersi legittimo il recesso comunicato in data 3.7.2013, a prescindere da ogni scrutinio sulla sussistenza e rilevanza di dette violazioni e dal comportamento di entrambe le parti, è incorsa nella violazione denunciata.

E’ pertanto accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, dovendo il giudice del rinvio riesaminare la domanda alla luce di tutte le circostanze allegate dalle parti, incluse le irregolarità dell’immobile promesso in vendita denunciate nella comparsa di costituzione di primo grado o comunque emerse in corso di giudizio. La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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