Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.27092 del 06/10/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27765/2016 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliata in Roma, Via Romeo Romei 23, presso lo studio dell’avvocato Filippo Giuseppe Capuzzi, che la rappresenta e difende;

– ricorrente e controric. inc. –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Giuseppe Ferrari, 4, presso lo studio dell’avvocato Corrado Sgroi, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Marco Sgroi;

– controric. e ric. incidentale –

avverso la sentenza n. 6147/2015 della Corte d’appello di Roma, depositata il 05/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/05/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

Che:

– l’avvocata B.F. otteneva decreto ingiuntivo nei confronti del signor P.G. per il pagamento di Euro 14.742,60, oltre interessi ed accessori, quale compenso professionale per la difesa svolta in alcuni processi civili;

– il signor P. proponeva opposizione eccependo di non dovere il compenso nella misura richiesta, quantomeno con riferimento al procedimento giudiziario n. 34056/2005 r.g., instaurato con rito societario ed introdotto con atto di citazione avente ad oggetto la richiesta di pagamento nella misura di Euro 40.152; formulava, inoltre, domanda riconvenzionale di risarcimento per danni asseritamente provocati dall’avv. B. per tardiva indicazione di un testimone, lamentando un danno pari al 25% della richiesta formulata in giudizio da liquidarsi in Euro 11.815,25, da compensarsi con il credito ingiunto;

– costituita la creditrice opposta che ribadiva la correttezza della liquidazione operata nella parcella e eccepiva l’infondatezza della domanda di risarcimento danni per responsabilità professionale, il tribunale respingeva l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo opposto e respingendo anche la domanda riconvenzionale dell’opponente con condanna dello stesso alle spese di lite;

– P.G. ha proposto appello e, all’esito del giudizio in cui l’appellata B. costituendosi ha insistito per il rigetto del gravame, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo riducendo l’importo dovuto al difensore B. per le prestazioni professionali in quello di Euro 11.440;

– la corte territoriale ha argomentato la riforma della decisione di primo grado osservando che la liquidazione andava effettuata sulla base del valore effettivo della causa come desumibile dal decisum nel contenzioso nel quale l’avvocato aveva assistito il cliente;

– la cassazione della pronuncia d’appello è chiesta dall’avvocata B. con ricorso affidato a due motivi (seppure il secondo indicato come terzo), cui resiste con controricorso il sig. P., a sua volta articolando ricorso incidentale affidato a cinque motivi, cui resiste con controricorso la ricorrente principale B.;

– parte ricorrente prinicpale ha depositato memoria ex art. 380bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 127 del 2004, art. 6, commi 1, 2, 4, nonché dell’art. 3 e dell’art. 10 c.p.c.;

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con particolare riguardo all’eccezione pregiudiziale di inammissibilità dell’appello svolta dall’avv. B. e motivata con la circostanza che il giudizio n. 34056/2005 r.g. si era, successivamente alla revoca del mandato all’avvocato B., concluso con un accordo transattivo nell’ambito del quale il P. aveva conseguito il riconoscimento delle somme dallo stesso richieste ed il giudizio era stato abbandonato;

– i due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati per quanto di seguito rilevato;

– rileva il collegio che non è in discussione la circostanza che sia intervenuto accordo transattivo nell’ambito del procedimento n. 34056/2005 r.g. come confermato dallo stesso P. a pag. 23 del controricorso, seppure in termini diversi in relazione al risarcimento dei danni;

– ciò posto, è errata la statuizione della corte d’appello là dove, indicando quale indice di riferimento ai fini della determinazione del valore del contenzioso il decisum – in applicazione del principio giurisprudenziale sancito nella sentenza n. 226/2011 di questa Corte (cfr. in fondo a pag. 3 della sentenza), indica poi in Euro 40.152,00 il valore effettivo della controversia (cfr. pag. 4, secondo capoverso), importo che non rappresenta il decisum, dal momento che la causa si è conclusa con una transazione;

– in questo caso la corte territoriale avrebbe dovuto fare applicazione del diverso principio secondo il quale in caso di transazione occorre avere riguardo alla domanda avente ad oggetto un importo determinato essendo irrilevante l’esito raggiunto in transazione (cfr. Cass. 1666/2017; id. 27305/2020);

– conseguentemente avrebbe dovuto avere riguardo al principio generale del D.M. n. 127 del 2004, art. 5, che rinvia ai criteri generali e, in particolare, all’art. 10 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. Un. 5615/1998 in relazione al D.M. n. 794 del 1942, art. 6, avente contenuto speculare al D.M. n. 127 del 2004, art. 6);

– nel caso di specie occorreva considerare che con la memoria D.Lgs. n. 5 del 2003, ex art. 6, dell’allora vigente rito societario, il P. aveva precisato la domanda di risarcimento danni in Euro 150.000,00, come indicato nella parcella corredata dal parere di congruità del COA di Roma e pertanto in relazione ad esso andava calcolato liquidato il compenso dovuto all’avv. B.;

– il ricorso principale va quindi accolto;

– passando all’esame del ricorso incidentale proposto dal sig. P., con il primo motivo si deduce la violazione del D.M. n. 127 del 2004, artt. 4 e 5, per avere il giudice d’appello riconosciuto all’avv. B. il diritto a somme superiori ai minimi di tariffa; inoltre si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte territoriale omesso di pronunciare sulla domanda di restituzione da considerarsi implicita in quella di revoca del decreto ingiuntivo e fondata sulla circostanza che dagli atti, anche dell’appellata, emergeva l’avvenuto pagamento da parte del P. delle somme riconosciute quale compenso professionale nella sentenza di primo grado, con la conseguenza che avendo l’appello riconosciuto un importo minore, il secondo giudice avrebbe al contempo dovuto condannare il difensore alla restituzione di quanto già percepito in eccedenza rispetto al minor importo liquidato;

– il motivo è assorbito per la parte riguardante l’applicazione dei minimi tariffari;

– e’, invece, infondato nella parte relativa alla domanda di restituzione che, infatti, non risulta essere stata formulata esplicitamente in appello;

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., alla luce di quanto previsto del D.Lgs. n. 5 del 2003, artt. 6, 7, 13, 16, per avere la sentenza impugnata erroneamente definito inammissibile il motivo di critica che l’appellante aveva spiegato contro la sentenza di primo grado riguardante l’asserita mancata prova dell’inadempimento del professionista non avendo dato prova dell’esito del giudizio n. 34056/2005 r.g.;

– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1226 c.c. e l’omessa pronuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la decisione impugnata respinto come inammissibile l’appello nella parte in cui censura la decisione di prime cure di rigetto della domanda riconvenzionale di ristoro delle chances di vittoria perdute;

– il secondo e terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili perché non attingono la ratio decidendi che la corte territoriale ha posto a fondamento del rigetto del secondo motivo di appello;

– la corte capitolina ha, infatti, evidenziato come l’appellante non aveva fornito alcuna prova del danno asseritamente subito, posto che non vi era prova del nesso di causalità tra l’esito del giudizio civile n. 34056/2005 e l’asserito inadempimento professionale dell’avvocato B.;

– tale considerazione è stata ritenuta decisiva anche in relazione alla dedotta mera chances di vittoria compromessa dall’omissa indicazione del teste da parte del legale perché, anche in tal caso, la corte ha ritenuto necessaria la prova del nesso di causalità tra la condotta del professionista ed il pregiudizio (effettivo o presumibile) del cliente;

– infine, la corte territoriale ha evidenziato sul punto come l’inammissibilità dovesse ravvisarsi a maggior ragione considerando che la controversia risultava essere stata definita con un’intesa transattiva ed il conseguente abbandono del relativo giudizio rende ancor più evidente la valutazione di carenza di nesso causale con l’asserita perdita di chances;

– con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per avere la corte territoriale rigettato l’appello nella parte della domanda riconvenzionale riguardante la restituzione delle spese, ingiustamente duplicate a causa della risoluzione del mandato;

– la censura è inammissibile perché non attinge la ratio decidendi che la corte territoriale ha posto a fondamento del rigetto del terzo motivo di appello;

– a questo riguardo la corte capitolina ha rilevato che l’appellante si è limitato a formulare una critica generica ed a richiamare un documento già prodotto in primo grado senza indicare specificamente quale errore avesse commesso il tribunale e come incidesse il suddetto documento sull’esito del giudizio, atteso, peraltro, che il Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Roma aveva deciso con provvedimento del 19 ottobre 2006 per il non luogo all’apertura del procedimento disciplinare nei confronti dell’avvocato B. (cfr. pag. 7 della sentenza);

– con il quinto motivo si chiede, infine, la revisione della statuizione sulle spese di lite in conseguenza dell’annullamento della sentenza impugnata in accoglimento del ricorso incidentale;

– l’esito sfavorevole di tutti i motivi sin qui esaminati comporta il rigetto del ricorso incidentale in esame;

– conclusivamente va accolto il ricorso principale e cassata in relazione ad esso la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà sulla scorta del principio di diritto sopra richiamato e provvederà altresì sulle spese di lite;

– va, invece, respinto il ricorso incidentale dando atto che nei confronti del ricorrente incidentale sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e respinge il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472