LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 7897/2017 proposto da:
L.A., e Associazione tra Professionisti Studio Elixir dei dottori M.O. e L.G.A., nella persona del legale rappresentante ed unico associato L.G.A., rappresentati e difesi dall’Avv. Vittorio Tateo, in forza di mandato in calce al ricorso per cassazione.
– ricorrenti –
contro
M.O., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luciano Mattino, e Caludia Roncoroni, ed elettivamente domiciliato, unitamente ai predetti procuratori, in Roma, via Angelico, n. 97, presso lo studio dell’Avv. Daniela Incalza, giusta procura speciale in calce al controricorso.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di MILANO n. 766/2017, pubblicata il 22 febbraio 2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/07/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.
RILEVATO
Che:
1. Con sentenza del 22 febbraio 2017, la Corte di appello di Milano ha accolto l’appello proposto da M.O. e, in riforma della sentenza del Tribunale di Como n. 101/2016 del 26 gennaio 2016, ha dichiarato inammissibile la domanda proposta dallo Studio Elixir e ha rigettato la domanda formulata da L.A. di risarcimento danni, ordinando la restituzione delle somme versate dal M. in ottemperanza alla sentenza di primo grado, oltre interessi legali.
2. La Corte d’appello di Milano ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva dello Studio Elixir, essendosi verificato lo scioglimento della società ex art. 2272 c.c., n. 4, in ragione della mancata ricostituzione della pluralità della compagine sociale da parte del socio superstite in seguito al recesso del socio e l’inammissibilità della domanda dallo stesso Studio Elixir perché domanda proposta da soggetto estinto; ha delimitato l’oggetto dell’appello alla sola domanda di responsabilità extracontrattuale, per l’utilizzazione da parte del M., successivamente al recesso e senza autorizzazione, dei locali concessi in uso esclusivo allo Studio Elixir e per la sottrazione dei materiali di consumo, che venivano utilizzati per effettuare gli interventi sui pazienti, mediante l’appropriazione delle schede clienti e con sottrazione dell’avviamento, della clientela e della disponibilità dei locali in uso esclusivo allo stesso; ha affermato che si doveva parlare solo della dedotta sottrazione di avviamento perché il Tribunale di Como aveva ritenuto documentata un’illecita sottrazione dell’avviamento e solo per tale attività aveva liquidato il danno in Euro 71.047,00, oltre interessi compensativi dalla data del recesso (24 giugno 2011) sulla somma via via rivalutata, sino alla data della pronuncia, mentre non aveva ritenuto provati i danni connessi alla sottrazione dei beni di consumo e alla perdita della disponibilità delle attrezzature e delle apparecchiature; che non sussisteva alcuna responsabilità, né alcun danno perché nel caso in esame la modestia della struttura organizzativa e l’assoluta prevalenza della prestazione professionale dei due odontoiatri rispetto al resto dell’attività non consentiva di ritenere l’attività di cui si tratta imprenditoriale e di parlare di sottrazione di avviamento; che era più corretto parlare, in ipotesi di sottrazione di clientela, di danno patrimoniale da perdita di chance, ovvero di un danno futuro, consistente nella perdita non di un vantaggio economico, ma della mera possibilità di conseguirlo e che, nell’atto costitutivo dell’associazione professionale studio Elixir, non era stato individuato alcun divieto di concorrenza; che non era stato provato alcun danno e che gli incassi superiori nel 2010, rispetto al 2011, erano da ricondurre alla disdetta dal contratto di localizzazione da imputare alla Santa Margherita Belice s.r.l. e non al M. e che i professionisti aveva continuato ad operare entrambi in altri centri (come riferito da P.E., citato come persona informata sui fatti da L. nella querela sporta alla Tenenza di Tradate dei Carabinieri), né era stata data la prova della contrazione dei redditi del L. successiva agli episodi in esame.
3. L.A. e Associazione tra Professionisti Studio Elixir dei dottori M.O. e L.A. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
4. M.O. ha depositato controricorso e memoria.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 preleggi e degli artt. 27,36 c.c., art. 2272 c.c., n. 4, nella parte in cui la Corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità delle domande dello Studio Elixir per carenza di legittimazione attiva.
2. Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., sulle domande di risarcimento danni da responsabilità precontrattuale e contrattuale.
3. Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi per l’accertamento della responsabilità extracontrattuale di M., sia esclusiva, che in concorso con quella di B., richiamati alle pagine 20 – 23 del ricorso per cassazione.
4. Con il quarto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c..
5. L’esame delle esposte censure porta al rigetto del secondo motivo, alla inammissibilità del terzo e quarto motivo e all’assorbimento del primo motivo.
6. Il secondo motivo è infondato.
6.1 Ed invero la Corte di appello ha affermato che la domanda con riferimento ai fatti ricondotti in citazione alla contestata responsabilità precontrattuale e contrattuale era stata respinta dalla sentenza impugnata e che avverso tale decisione aveva proposto appello il solo M.O., mentre L.A. ed Elixir si erano costituiti chiedendo soltanto la reiezione dell’impugnazione e non avevano proposto appello incidentale.
Difatti, il Tribunale di Como, aveva respinto le domande svolte da parte attrice con riferimento alla responsabilità precontrattuale e contrattuale e aveva condannato il convenuto a risarcire agli attori i danni subiti in conseguenza dell’illecito di cui all’art. 2043 c.c., liquidandoli nella complessiva somma di Euro 71.0447, oltre accessori. Ciò premesso, come emerge dal contenuto delle conclusioni riportate a pag. 2 della sentenza impugnata, nonché alle pagine 26 e 27 ella comparsa di costituzione, trascritte a pag. 17 del ricorso e a pag. 4 del controricorso, gli appellati avevano chiesto la conferma di tutte le statuizioni di condanna contenute nell’impugnata sentenza, per i motivi indicati in primo grado e per gli altri esposti nel primo grado, rigettati o ritenuti assorbiti, che si chiedeva di riesaminare ed accogliere, con ciò rinunciando alle altre domande proposte in primo grado e non accolte.
6.2 Ed invero, soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle, mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione di cui intende ottenere l’accoglimento ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa (Cass., 6 aprile 2021, n. 9265).
In applicazione di tale principio, L.A. e lo Studio Elixir, in quanto parti parzialmente soccombenti, avevano, dunque, l’onere di presentare appello incidentale.
7. Il terzo motivo è inammissibile, atteso che il denunciato vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, concerne esclusivamente l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (Cass., Sez. U., sentenza 7 aprile 2014, n. 8053).
Il vizio dedotto, dunque, non può consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass., 3 ottobre 2018, n. 24035; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., 23 maggio 2014, n. 11511); né la Corte di cassazione può procedere ad un’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa (Cass., 7 gennaio 2014, n. 91; Cass., Sez. U., 25 ottobre 2013, n. 24148).
7.1 La doglianza dei ricorrenti, che lamenta sia l’omessa considerazione di argomentazioni difensive, sia di risultanze istruttorie, si risolve, nella sostanza, in una mera contrapposizione, come tale inammissibile, alla valutazione che il giudice di merito ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione.
8. Con il quarto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., avendo la Corte affermato che il L. per fornire la prova presuntiva del danno avrebbe dovuto dimostrare la contrazione dei suoi redditi successiva agli episodi di cui si trattava.
8.1 Il motivo è inammissibile, non avendo la Corte di merito, nel caso di specie, fatto applicazione dei criteri dettati in materia di prova presuntiva e non avendo i ricorrenti colto le ragioni del decidere, avendo i giudici di secondo grado affermato che il L. non aveva dato la prova di alcun danno e che l’accoglimento della domanda di risarcimento da perdita di chance esigeva la prova, anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi e certi, dai quali desumere l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile, nel caso di specie assente.
Il motivato accertamento in fatto, così effettuato dai giudici di merito, esclude il vizio di violazione di legge denunciato e appare, quindi, insindacabile in sede di legittimità.
9. Per quanto esposto, il secondo motivo va rigettato, il terzo e il quarto motivo vanno dichiarati inammissibili, assorbito il primo e i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali, sostenute dal controricorrente e liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il secondo motivo, dichiara inammissibili il terzo e quarto motivo, assorbito il primo motivo e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n.30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021