LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33193-2019 proposto da:
D.L.D., rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dagli Avvocati Massimiliano Magistretti e Mario Ridola, con i quali elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla via Ludovisi n. 35.
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO ***** S.R.L., in persona del curatore pro tempore;
K.A.; G.A..
– intimati –
avverso la sentenza n. cronol. 3975/2019 della CORTE DI APPELLO di MILANO, depositata in data 01/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.
FATTI DI CAUSA
1. D.L.D., dichiarandosi amministratore unico della ***** s.r.l., ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art.. 380-bis c.p.c., contro la sentenza della Corte di appello di Milano dell’1 ottobre 2019, reiettiva del reclamo da lui proposto avverso la dichiarazione di fallimento della menzionata società pronunciata dal Tribunale di Milano, il *****, su istanza di G.A. e K.A.. Questi ultimi e la curatela fallimentare sono rimasti solo intimati.
1.1. Per quanto qui ancora di interesse, la corte milanese: i) ha ritenuto correttamente avvenuta la notificazione del ricorso di fallimento alla ***** s.r.l. secondo quanto previsto dalla L. Fall., art. 15, comma 3, come novellato dal D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012; ii) ha escluso la rilevanza della giurisprudenza di legittimità invocata dal reclamante e riferita alla notificazione ex art. 143 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:
I) “Nullità della sentenza perché basata su una motivazione apparente, ovvero contraddittoria o comunque incomprensibile in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, quanto alla ritenuta ritualità della notificazione del ricorso di fallimento;
II) “Violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 15, comma 3, e art. 143 c.p.c. e art. 148 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, censurandosi gli assunti della corte distrettuale riguardanti l’irrilevanza delle vicende afferenti la residenza del D.L. e la non pertinenza, nella specie, dei principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alla notificazione ex art. 143 c.p.c..
2. Le descritte doglianze, scrutinabili congiuntamente per la loro stretta connessione, si rivelano complessivamente insuscettibili di accoglimento.
2.1. Invero, giova premettere che, come ancora recentemente ribadito da Cass. n. 28916 del 2020, ogni imprenditore, individuale o collettivo, iscritto al registro delle imprese, è tenuto a dotarsi di indirizzo di posta elettronica certificata, del D.L. n. 185 del 2008, ex art. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2 del 2009 (come novellata dalla L. n. 35 del 2012. Per gli imprenditori individuali analogo obbligo è stato introdotto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012). Inoltre, come già chiarito da questa Corte, tale indirizzo costituisce l’indirizzo “pubblico informatico” che i predetti hanno l’onere di attivare, tenere operativo e rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese (per il periodo successivo alla entrata in vigore delle disposizioni da ultimo citate), – e finanche per i dodici mesi successivi alla eventuale cancellazione da esso – la cui responsabilità, sia nella fase di iscrizione che successivamente, grava sul legale rappresentante della società, non avendo al riguardo alcun compito di verifica l’Ufficio camerale (cfr. Cass. n. 31 del 2017; Cass. n. 16864 del 2018).
2.2. Infine, la L. Fall., art. 15, comma 3, nel testo, qui applicabile ratione temporis, modificato dal D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012 – costituisce norma speciale propria del procedimento prefallimentare e sancisce che, quando la notificazione non può essere compiuta con le modalità indicate nella prima parte della disposizione (a) all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti, oppure b) presso la sede risultante dal registro delle imprese) si esegue, in terza battuta, “con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso”.
2.3. Nella specie, la sentenza impugnata dà espressamente atto che, stante l’esito non positivo del tentativo di notificazione del ricorso di fallimento in danno della ***** s.r.l., effettuato dalla cancelleria all’indirizzo PEC della fallenda, dello stesso ricorso era stata richiesta dai creditori istanti la notificazione, in *****, presso la sede legale della menzionata società di cui l’odierno ricorrente era amministratore unico fin dalla sua costituzione: atteso l’esito negativo anche di questo tentativo, la notificazione di quell’atto era stata definitivamente eseguita mediante deposito presso la casa comunale di *****. Si tratta, evidentemente, di accertamenti di natura fattuale qui non ulteriormente censurabili. Va qui solo ricordato, in relazione a quanto affermato dal D.L., nella sua memoria ex art. 380-bis c.p.c., circa asseriti errori dell’Ufficiale Giudiziario nel riferire di “un’irreperibilità di *****
(melius, del suo legale rappresentante Signor D.L. presso la cui abitazione era posta la sede legale)”, che, in tema di notificazione, nel caso in cui l’ufficiale giudiziario attesti di non avere rinvenuto il destinatario della notifica nel luogo indicato dalla parte richiedente, perché, secondo quanto appreso, trasferitosi altrove, l’attestazione del mancato rinvenimento del destinatario ed il contenuto estrinseco della notizia appresa sono assistite da fede fino a querela di falso, attenendo a circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale (cfr. Cass. n. 14454 del 2020).
2.3.1. Non sussiste, dunque, il vizio oggi ascritto dal ricorrente alla suddetta decisione, pienamente rispettosa dei principi già ripetutamente affermati, sul punto, da questa Corte (cfr. ex Cass. n. 28916 del 2020; Cass. n. 5311 del 2020, che, nel rimarcare la specialità della novellata L. Fall. art. 15, comma 3, esclude l’applicabilità della disciplina ordinaria prevista dall’art. 145 c.p.c., per le ipotesi di irreperibilità del destinatario della notifica; Cass. 12390 del 2019 Cass. n. 28803 del 2018; Cass. n. 16864 del 2018; Cass. n. 6378 del 2018; Cass. n. 5080 del 2018; Cass. n. 602 del 2017; Cass. n. 17946 del 2016), altresì rilevandosi che: i) la successione delle modalità notificatorie L. Fall., ex art. 15, comma 3, (indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario e, qualora risulti impossibile, a mezzo di ufficiale giudiziario presso la sede legale e successivamente presso la casa comunale) e la loro legittimità, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., sono state confermate dal giudice delle leggi (cfr. Corte Cost. 16 giugno 2016, n. 146); si rivelano affatto irrilevanti, nell’odierna fattispecie, come condivisibilmente sancito dalla corte distrettuale, le vicende afferenti la residenza del D.L. ed i principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alla notificazione ex art. 143 c.p.c..
2.4. Resta solo da chiarire, con specifico riguardo al primo motivo di ricorso, che il vizio di omessa o apparente motivazione di un provvedimento decisorio sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr. Cass. n. 2959 del 2021, in motivazione; Cass. n. 9017 del 2018, in motivazione; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012). Più in particolare, al fine di non incorrere nella motivazione apparente, equiparabile a difetto assoluto di motivazione, il contenuto della stessa deve comprendere il racconto sia del processo dinamico di formazione dell’atteggiamento psicologico del giudicante espresso nella decisione assunta, sia del risultato del passaggio logico dall’ignoranza, quale iniziale posizione statica, alla conoscenza sotto la specie del giudizio, quale posizione statica finale di approdo a seguito dell’attività di acquisizione della conoscenza intorno all’oggetto (cfr. Cass. n. 2959 del 2021, in motivazione; Cass. n. 9017 del 2018, in motivazione; Cass. n. 1450 del 2009). E’ perciò possibile ravvisare una motivazione apparente laddove le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo, risolvendosi in espressioni assolutamente generiche e prive di qualsiasi riferimento ai motivi del contendere, tali da non consentire di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice. Un simile vizio – da apprezzare non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva – e’, all’evidenza, insussistente nella specie, posto che la corte territoriale ha adeguatamente esposto le ragioni, sopra rammentate, circa la ivi ritenuta piena ritualità e legittimità dell’avvenuta notificazione del ricorso di fallimento nei confronti della ***** s.r.l. come in precedenza descritta.
3. Il ricorso, dunque, va respinto, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr.- Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuta”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021