LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17080/2016 proposto da:
L.V., L.V.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA, 1, presso lo studio dell’avvocato PLACIDI A STUDIO, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO MONACO;
– ricorrenti –
contro
S.G., L.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO OLIVETI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURA PESSOT;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1742/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 05/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/05/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L.V.L. e L.V. hanno proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 1742/2015 della Corte d’appello di Bari, depositata il 5 novembre 2015.
S.G. e L.P. resistono con controricorso.
2. La Corte d’appello di Bari ha respinto il gravame proposto da L.V.L. e L.V. contro la sentenza resa dal Tribunale di Bari il 9 gennaio 2013, che aveva dichiarato l’avvenuto acquisto per usucapione in favore S.G. e L.P. e nei confronti di Si.Vi. (cui erano succeduti gli eredi L.V.L. e V.) dell’immobile sito in *****, in catasto al foglio *****, particelle *****.
La Corte d’appello ha affermato che era irrilevante, ai fini della verifica dell’animus possidendi necessario all’usucapione in capo a L.P., la considerazione che quest’ultima fosse stata “ritenuta proprietaria” dai fratelli L.V.L. e L.V. e dalla madre Si.Vi.. I giudici di appello hanno poi dato per accertato, alla stregua delle prove testimoniali assunte e dei documenti prodotti, che i coniugi S.G. e L.P. si erano occupati dal 1980 della gestione del fondo in contesa, comportandosi uti domini.
3. La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c.. Le parti hanno depositato memorie.
4. Il primo motivo del ricorso di L.V.L. e L.V. denuncia la violazione degli artt. 1141 e 1158 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo. Viene evidenziato come nella stessa prospettazione dei fatti contenuta nella citazione introduttiva di S.G. e L.P. era stato esposto che il fondo in questione, non rientrante nella successione di L.M. (marito di Si.Vi. e padre degli attuali contendenti), ma di proprietà esclusiva di Si.Vi., era stato considerato da quest’ultima e dai fratelli di proprietà L.P., in base ad un accordo raggiunto per non turbare l’armonia familiare. In tal senso, dicono i ricorrenti, gli attori non avevano fatto valere “un possesso a titolo originario”, ma essi stessi allegato di aver acquisito il possesso con il consenso della madre e dei fratelli, senza aver tuttavia fornito prova del dedotto accordo e perciò della presa di possesso del fondo.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1141,1158,2697 e 2729 c.c., avendo la convenuta Si.Vi. dedotto nella memoria depositata in primo grado il 25 maggio 2007 di aver esercitato i propri poteri domenicali mediante richiesta e percepimento dell’aiuto CE per l’olio d’oliva, il che dimostrava l’assenza dell’animus derelinquendi da parte della proprietaria.
5. I due motivi di ricorso possono trattarsi congiuntamente in quanto connessi, e si rivelano del tutto infondati.
5.1. Va premesso che l’accertamento relativo al possesso “ad usucapionem”, alla rilevanza delle prove ed alla determinazione del decorso del tempo utile al verificarsi dell’usucapione è devoluto al giudice del merito, e il relativo apprezzamento di fatto è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici (Cass. Sez. 2, 21/02/2007, n. 4035; Cass. Sez. 2, 29/11/1976, n. 4502; Cass. Sez. 3, 25/10/1976, n. 3859).
5.2. La Corte d’Appello di Bari si è quindi uniformata all’orientamento giurisprudenziale secondo cui chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del corpus, ma anche dell’animus. Nella specie, i giudici del merito hanno ritenuto dimostrato lo svolgimento di attività corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà da parte di S.G. e L.P. sin dal 1980 con riguardo al fondo in contesa. Non è stato altrimenti provato che la disponibilità del bene era stata conseguita da S.G. e L.P. mediante un titolo che conferiva loro un diritto di carattere soltanto personale, ovvero in forza di una convenzione ad effetti obbligatori, sicché non è stata vinta la presunzione di possesso di cui dell’art. 1141 c.c., comma 1 (Cass. Sez. 2, 27/09/2017, n. 22667; Cass. Sez. 2, 11/06/2010, n. 14092; Cass. Sez. 2, 06/08/2004, n. 15145).
5.3. Per escludere la sussistenza del possesso utile all’usucapione non e’, del resto, sufficiente il riconoscimento o la consapevolezza del possessore circa l’altrui proprietà del bene, occorrendo, invece, che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza è rivelata o per i fatti in cui essa è implicita, esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare, atteso che l’animus possidendi non consiste nella convinzione di essere titolare del diritto reale, bensì nell’intenzione di comportarsi come tale, esercitando le corrispondenti facoltà, mentre la buona fede non è requisito del possesso utile ai fini dell’usucapione (Cass. Sez. 2, 28/11/2013, n. 26641).
Ciò comporta che il “riconoscimento della madre e dei fratelli di ritenerla proprietaria” non costituiva affatto circostanza che complicava la prova per gli attori, i quali chiedevano di essere dichiarati proprietari del fondo per averlo usucapito, potendosi vieppiù il loro animus possidendi desumere dall’accertato svolgimento di attività corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà; era comunque la convenuta, piuttosto, a dover dimostrare che la disponibilità del bene era stata conseguita da S.G. e L.P. in forza di un contratto attributivo di un diritto di godimento personale (ad esempio, un comodato). In tale senso depone l’allegazione contenuta nella memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., dei medesimi ricorrenti, secondo cui “non è stato in alcun modo provato nel corso del giudizio” un “accordo tra le parti” attinente al bene in contesa.
5.4. Del pari, la circostanza che la domanda per gli aiuti comunitari al consumo dell’olio di oliva per gli anni 1999-2002 fosse stata sottoscritta da Si.Vi. è stata esaminata dalla Corte d’appello di Bari e giustificata dal fatto che quella fosse la effettiva intestataria del fondo. L’asserto dei ricorrenti, secondo cui ciò invece bastava a dimostrare l’assenza dell’animus derelinquendi da parte della proprietaria, conferma l’erroneo presupposto interpretativo delle loro argomentazioni difensive.
5.4.1. Ai fini dell’usucapione ordinaria di beni immobili è richiesto un possesso continuo, pacifico, pubblico, non interrotto, non equivoco, accompagnato dall’animo di tenere la cosa come propria, che si protragga per oltre venti anni. Il requisito della continuità, necessario per la configurabilità del possesso “ad usucapionem” (art. 1158 c.c.), si fonda sulla necessità che il possessore esplichi costantemente il potere di fatto corrispondente al diritto reale posseduto e lo manifesti con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità ed alla destinazione della cosa e tali da rivelare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria di fatto sulla res. La continuità si distingue, pertanto, dall’interruzione del possesso, giacché per la prima rileva unicamente il comportamento del possessore, e non già la volontà contraria del proprietario, mentre la seconda deriva dal fatto del terzo che privi il possessore del possesso (interruzione naturale) o dall’attività del titolare del diritto reale, il quale compia un atto di esercizio del diritto medesimo (Cass. Sez. 2, 13/12/1994, n. 10652; Cass. Sez. 2, 17/07/1998, n. 6997; Cass. Sez. 2, 09/10/2003, n. *****92).
5.4.2. Sulla base di tali principi, l’allegata sottoscrizione della domanda di aiuti comunitari alla produzione di olio di oliva non era fatto che potesse incidere sulla continuità del possesso di S.G. e L.P., né atto di esercizio del diritto di proprietà da parte di Si.Vi. idoneo ad interrompere l’usucapione a norma degli artt. 1165 e 2943 c.c..
6. Il ricorso va perciò rigettato, con condanna in solido dei ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo, non dovendosi provvedere al riguardo per gli altri intimati che non hanno svolto attività difensive.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021
Codice Civile > Articolo 1141 - Mutamento della detenzione in possesso | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1165 - Applicazione di norme sulla prescrizione | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2697 - Onere della prova | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2729 - Presunzioni semplici | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2943 - Interruzione da parte del titolare | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 1 - Giurisdizione dei giudici ordinari | Codice Procedura Civile