Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.27419 del 08/10/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 33137/2018 proposto da:

MOVITER SNC di A.N. e S.S., rappresentata e difesa dall’Avv. DAVIDE LO GIUDICE, domiciliata in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

C.V., rappresentata e difesa dall’Avv. GERLANDO ALDO VIRONE, elettivamente domiciliata in ROMA, via GREGORIO VII 242, presso lo STUDIO dell’Avv. FRANCESCA LATINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1512/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 7/09/2018;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, formulate ai sensi e con le modalità previste dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176, che ha chiesto l’accoglimento del quarto motivo di ricorso;

udita la relazione della causa del Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

FATTI DI CAUSA

C.V. con il Decreto n. 67/2013 del Tribunale di Agrigento, sezione distaccata di Canicattì, intimava alla Moviter S.n.c. il pagamento di Euro 22.280,00, a titolo di mancato pagamento dei canoni di locazione di un terreno agricolo sito a *****, condotto dall’ingiunta.

La società Moviter, con atto di citazione in opposizione, contestava la competenza del Tribunale di Canicattì, l’esistenza del credito oggetto del decreto ingiuntivo, per non essere mai stato consegnato il fondo oggetto del contratto di affitto che, infatti, continuava ad essere coltivato dal padre dell’opposta, domandava, quindi, la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte e la restituzione dei canoni illegittimamente percepiti.

Il Tribunale di Agrigento rigettava l’opposizione con la sentenza n. 480/2015.

La Corte d’Appello di Palermo, cui si rivolgeva la società Moviter S.n.c., lamentando che il decreto ingiuntivo fosse stato emesso da un giudice incompetente per materia e insistendo perché fosse accertato che il fondo oggetto del contratto non era mai stato consegnato e, di conseguenza utilizzato, e deducendo la violazione del suo diritto di difesa, con la pronuncia n. 1512/2018, rigettava l’appello, ritenendo: i) non rilevante la circostanza che il fondo fosse coltivato dal padre di C.V., ben potendo ciò essere stato frutto della tolleranza della conduttrice, in quanto l’utilizzo del fondo da parte di C.L. era compatibile con la destinazione a deposito di materiali del bene locato; ii) non formulate deduzioni specifiche al fine di dimostrare la rilevanza e la conducenza delle prove testimoniali relative ad altro giudizio tra le parti, i cui verbali la società Moviter aveva chiesto di produrre nel giudizio in corso.

Moviter S.n.c. ricorre avverso detta pronuncia, avvalendosi di cinque motivi. Resiste con controricorso C.V..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in Camera di consiglio, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176, non avendo alcuna delle parti né il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale.

2.Va, innanzitutto, esaminato il vizio di omessa pronuncia sull’improcedibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo per violazione degli artt. 447 bis e 641 c.p.c., che la controricorrente argomenta, affermando di aver chiesto infruttuosamente alla Corte d’Appello di riformare la sentenza n. 480/2015 del Tribunale di Agrigento, dichiarando, quindi, inammissibile e/o improcedibile e/o nulla e/o inefficace l’opposizione al decreto ingiuntivo dell’odierna ricorrente, perché proposta con atto di citazione piuttosto che con ricorso, come avrebbe dovuto farsi visto che l’opposizione a decreto ingiuntivo nelle materie sottoposte al rito del lavoro si propone con ricorso, e perché, comunque, non depositata in cancelleria entro il termine di cui all’art. 641 c.p.c., non avendo la notificazione prima del deposito prodotto l’effetto di costituire il rapporto processuale.

La censura non può essere accolta.

La Corte d’Appello, infatti, a p. 1, ha preso in esame la eccezione della odierna controricorrente, ma l’ha disattesa, con la seguente motivazione non confutata: “Va, anzitutto, negata natura di appello incidentale alla richiesta di riforma della sentenza di primo grado come sopra formulata dall’appellata C., trattandosi di mera riproposizione di eccezione ex art. 346 c.p.c.”.

3. Si può dunque passare allo scrutinio dei motivi di ricorso.

4. Con il primo motivo la ricorrente deduce “Violazione e/o falsa applicazione delle norme sulla competenza delle sezioni agrarie L. 11 febbraio 1971, n. 11, art. 26 – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 2”, per avere la Corte d’Appello erroneamente ritenuto che la competenza della controversia non fosse quella della sezione specializzata agraria, avendo la controversia ad oggetto un contratto di locazione.

A tal riguardo va osservato che è vero che “appartiene alla competenza della sezione specializzata agraria non soltanto la cognizione delle controversie che hanno come oggetto esclusivo ed immediato l’applicazione ovvero l’esclusione di proroghe a rapporti dei quali sia pacifica o già accertata la natura agraria, ma anche di quelle controversie che presuppongono l’accertamento delle caratteristiche, della validità e della stessa esistenza del rapporto da qualificare onde stabilire se esso sia compreso o meno fra le fattispecie cui è applicabile la disciplina vincolistica” (Cass. 20/07/2018, n. 19331) e che non può dubitarsi del fatto che in sede di opposizione al decreto ingiuntivo e successivamente, con la proposizione dell’atto di appello, la ricorrente abbia eccepito la competenza della sezione agraria e quindi l’incompetenza del Tribunale di Agrigento, nondimeno, secondo costante giurisprudenza, la deduzione in giudizio, ad opera dell’attore o del convenuto, di un rapporto di affitto di fondo rustico non può valere all’affermazione della competenza per materia del giudice specializzato agrario qualora, alla stregua delle stesse allegazioni delle parti e senza necessità di altre indagini, debba escludersi ictu oculi la configurabilità del suddetto rapporto (cfr. Cass. 11/01/2006, n. 250; Cass. 19/07/2002, n. 10632; Cass. 11/02/1999, n. 1169). E’ quello che è avvenuto nel caso di specie, ove la ricorrente si è limitata ad affermare la ricorrenza di un contratto di affitto di fondo rustico, solo perché oggetto del contratto di locazione era un terreno, omettendo di considerare che quel terreno lo avrebbe utilizzato al fine di depositare mezzi ed attrezzature necessarie all’esercizio della sua attività e che quindi la Corte d’Appello avesse qualificato il contratto in essere come contratto di locazione.

5. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta “Nullità della sentenza per violazione artt. 112-426 c.p.c. e art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

Ad avviso della ricorrente, la Corte avrebbe omesso di pronunciarsi sul quarto motivo di appello, con il quale era stato lamentato che il giudice di primo grado non aveva concesso i termini di cui all’art. 183 c.p.c. e, quando aveva disposto il mutamento del rito, non aveva concesso il termine perentorio entro cui le parti avrebbero dovuto provvedere ad integrare eventualmente gli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria, chiedendo, di conseguenza, la rimessione in termini per l’indicazione delle prove, orali e documentali.

La ricorrente non deduce se non in termini generici quale lesione del diritto di difesa abbia subito per effetto dell’errore denunciato.

Come riconosce essa stessa formulando il motivo di impugnazione, la Corte d’Appello aveva ammesso il suo interrogatorio formale, ma non anche la prova testimoniale di C.L., padre della locatrice, allo scopo di dimostrare che il terreno oggetto del contratto continuava ad essere dallo stesso utilizzato, e la doglianza comunque si riferiva in concreto al fatto che non le fosse stato permesso di provare che il padre della locatrice continuava a coltivare il terreno: circostanza che la Corte d’Appello aveva comunque preso in considerazione, ritenendola irrilevante ai fini della prova che il terreno non era mai stato consegnato alla conduttrice; perciò nulla avrebbero potuto aggiungere le prove non esperite.

Deve, dunque, trovare applicazione l’insegnamento di questa Corte, a mente del quale “parte che propone ricorso per cassazione, deducendo la nullità della sentenza per un vizio dell’attività del giudice, lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivato, atteso che, nel rispetto dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, l’impugnazione non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma mira ad eliminare il concreto pregiudizio subito dalla parte, sicché l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole a quella cassata (così Cass. 05/04/2019, n. 9666).

6. Con il terzo motivo la ricorrente imputa alla sentenza gravata “Violazione e/o falsa applicazione art. 115-116-191-266 c.p.c. e artt. 2697,2720,2721,2729 e 2738 c.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3”.

Pur essendo stati prodotti in appello i verbali di causa delle deposizioni raccolte dal Tribunale di Agrigento, in altro giudizio pendente tra le stesse parti, avente ad oggetto il mancato pagamento di canoni di locazione dello stesso fondo relativi ad altri periodi, la Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di acquisizione, sostenendo che non erano state formulate deduzioni specifiche al fine di dimostrare la rilevanza e la conducenza delle prove testimoniali. Secondo la ricorrente, dalle deposizioni del teste S., del teste R. e del teste Sa. emergeva, invece, chiaramente che l’unico ad utilizzare il fondo per cui è causa era C.L., perciò la rilevanza di dette prove testimoniali, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, era rilevante.

La odierna ricorrente, al netto degli argomenti con cui rimarca il principio di utilizzabilità delle prove raccolte in altro giudizio (la Corte territoriale – si badi – non ha mai messo in discussione l’utilizzabilità delle suddette prove) sostiene di i avere, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, fornito la dimostrazione della rilevanza delle suddette prove, trascrivendo quanto sostenuto in appello.

La censura è inammissibile poiché essa si risolve in una istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass., Sez. Un., n. 24148 del 25/10/2013). Inoltre, la doglianza è ulteriormente inammissibile nella parte in cui invoca un nuovo apprezzamento delle prove, dovendo ribadirsi, sul punto, il principio secondo cui “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. 24/05/2006, n. 12362; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485).

Peraltro, va rilevato che quanto le prove testimoniali tendevano a provare cioè che il bene fosse utilizzato dal padre della locatrice e non dalla Moviter non è conducente, tenendo conto delle ragioni poste a base della statuizione del giudice a quo per affermare che la Moviter non aveva provato che il bene non gli era stato consegnato, individuate nella circostanza che la stessa Moviter aveva regolarmente pagato i canoni fino al settembre 2010 senza mai contestare stragiudizialmente di non aver ricevuto il bene e che il fatto che il terreno fosse utilizzato dal padre della conduttrice non era incompatibile con l’utilizzazione del bene locato secondo quanto stabilito nel contratto. La conduttrice, infatti, aveva preso in locazione il fondo al fine di depositarvi mezzi ed attrezzature per l’esercizio della propria attività, l’attività del padre della locatrice si era estrinsecata, secondo le deposizioni testimoniali, nella raccolta della frutta e nella coltivazione di piante.

7. Con il quarto motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per “Violazione e/o falsa applicazione art. 1460,1575,2697 e 2698 c.c. e violazione principi dell’onere della prova in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Secondo la ricorrente, C.V. e non la conduttrice avrebbe dovuto assolvere l’onere della prova della consegna del fondo, essendo quello di consegna il primo obbligo posto a carico del locatore. Sicché, ove insorga controversia intorno alla consegna, è il locatore a dover provare di avere provveduto a consegnare il bene oggetto del contratto, in applicazione del principio secondo cui il locatore è tenuto a provare i fatti su cui l’eccezione si fonda. Il creditore che agisca per l’adempimento deve provare la fonte del suo diritto e quando è sollevata eccezione di inadempimento, ai sensi dell’art. 1460 c.c., il creditore dovrà dimostrare il proprio adempimento, essendo invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente dovrà limitarsi ad allegare l’altrui inadempimento ed il creditore dovrà provare il proprio adempimento.

Il motivo merita accoglimento.

Per quanto riguarda l’onere della prova, non vi è dubbio che spetta all’attore, il quale voglia neutralizzare l’exceptio del convenuto, provare di avere eseguito la propria prestazione. E’ l’attore infatti che deve provare che il debito del convenuto – al quale egli richiede l’adempimento – è stato adempiuto. In altri termini, il convenuto che oppone l’exceptio fa valere l’esistenza di un proprio credito che l’attore deve adempiere contemporaneamente alla prestazione da lui richiesta, onde il convenuto non deve provare altro che l’esistenza di detto suo credito, mentre sarà l’attore che dovrà provarne l’estinzione.

Il giudice avrebbe dovuto, infatti, applicare il seguente principio di diritto che qui si intende confermare: in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c., risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento (Cass. 15/07/2011 n. 15659; Cass. 20/01/2015, n. 826; Cass. 22/11/2016, n. 23759; Cass. 21/05/2019, n. 13685).

8. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia “Violazione art. 132 c.p.c., n. 4 – motivazione apparente per contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”. La tesi della ricorrente è che sia meramente apparente ed in contraddizione con la destinazione a deposito di materiali del bene locato la motivazione con cui la Corte d’Appello aveva giudicato irrilevante il fatto che il fondo fosse utilizzato dal padre della locatrice “ben potendo ciò essere frutto della tolleranza della conduttrice in quanto compatibile con la destinazione a deposito di materiali del bene locato”, oltre a basarsi su una circostanza non risultante da alcun atto processuale e neanche prospettata da parte avversa.

Il motivo è assorbito evidentemente da quanto sopra rilevato.

9. In conclusione, il quarto motivo di ricorso merita accoglimento, il primo motivo è infondato, il secondo ed il terzo sono inammissibili, il quinto è assorbito.

10. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto e la controversia rinvita alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Cassazione accoglie il quarto motivo di ricorso, dichiara infondato il primo, inammissibili il secondo e il terzo, assorbito il quinto. Cassa la decisione in relazione al motivo accolto e rimette la controversia alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 31 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

Codice Civile > Articolo 1460 - Eccezione d'inadempimento | Codice Civile

Codice Civile > Articolo 1575 - Obbligazioni principali del locatore | Codice Civile

Codice Civile > Articolo 2697 - Onere della prova | Codice Civile

Codice Civile > Articolo 2698 - Patti relativi all'onere della prova | Codice Civile

Codice Civile > Articolo 2738 - Efficacia | Codice Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 2 - (Omissis) | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 4 - (Omissis) | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 112 - Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 115 - Disponibilita' delle prove | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 116 - Valutazione delle prove | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 183 - Prima comparizione delle parti e trattazione della causa. ) | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 191 - Nomina del consulente tecnico | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 266 - Revisione del conto approvato | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 346 - Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 360 - Sentenze impugnabili e motivi di ricorso | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 426 - Passaggio dal rito ordinario al rito speciale | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 447 bis - Norme applicabili alle controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto | Codice Procedura Civile

Codice Procedura Civile > Articolo 641 - Accoglimento della domanda | Codice Procedura Civile

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472