Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27428 del 08/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29331/2015 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati Rinaldi Giuseppe e Sagliocco Alfredo;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4074/2015 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, depositata il 04/05/2015, udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/09/2021 dal consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

PREMESSO che:

1. in data *****, G.G. stipulava un contratto di mutuo per 152.000 Euro, ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, per asserite finalità produttive. Il mutuo veniva assoggettato del medesimo D.P.R., ex art. 17, ad imposta sostitutiva con aliquota dello 0,25% e, in forza del contratto, art. 11, l’imposta veniva traslata sul mutuatario.

L’ammortamento veniva garantito da ipoteca concessa dalla moglie del mutuatario su immobile dalla stessa acquistato con benefici c.d. “prima casa”, mediante precedente contratto in pari data con benefici al prezzo di 32.500 Euro “pagati prima e fuori”;

2. il *****, l’Agenzia delle Entrate notificava a G.G. avviso di liquidazione dell’imposta di registro con aliquota del 2% richiamando il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 18, comma 3. L’avviso era emesso in “revoca dell’aliquota ridotta dell’imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio a lungo termine”. E ciò sul motivo che, essendo stati revocati i benefici c.d. prima casa in quanto l’immobile era stato rivenduto prima che fossero decorsi cinque anni dall’acquisto, “e’ revocato anche il beneficio dell’aliquota agevolata sul contratto di mutuo”;

2. la commissione tributaria provinciale di Napoli, adita dal contribuente, riteneva l’avviso illegittimo per non esservi collegamento tra mutuo e compravendita immobiliare;

3. con la sentenza in epigrafe, la commissione tributaria regionale della Campania ha ritenuto il contrario sul motivo per cui, date “la situazione di convivenza (dei coniugi) e la quantificazione del mutuo acceso da uno dei coniugi, parametrata al valore dell’immobile contestualmente acquistato dall’altro coniuge” doveva ritenersi che “il contratto di mutuo non aveva altra ragione economica se non quella di coprire, anche se in modo non dichiarato, il costo di acquisto della casa… (e) pertanto il contratto di mutuo non poteva che soggiacere alle regole fiscali previste per i casi del genere ossia alle agevolazioni sottoposte alla condizione che l’immobile non fosse alienato prima dei cinque anni”;

4. contro questa sentenza il contribuente ricorre sulla base di tre motivi;

5. l’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria di costituzione tardiva.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso viene denunciata la violazione degli artt. 2697 e 2727 c.c., e degli artt. 112 e 115 c.p.c.. Sostiene il ricorrente che l’affermazione della CTR, secondo cui il mutuo è stato contratto per l’acquisto della casa, è stata fatta in modo apodittico, in totale assenza di prova;

2. con il secondo motivo di ricorso viene denunciata la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 18, comma 3. Deduce il ricorrente che la CTR abbia errato nell’avallare l’impiego della norma al caso di specie malgrado che il mutuo non fosse stato contratto per l’acquisto di un’abitazione;

3. con il terzo motivo di ricorso vengono denunciate la falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, allegata tariffa, parte prima, art. 1, comma 4, nota II bis, la violazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 18, comma 3. Eccepisce il ricorrente che “nessuna norma dell’ordinamento prevede la revoca dell’aliquota agevolata dello 0,25 per cento dell’imposta sostitutiva D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 15 e ss., nel caso in cui la prima casa, laddove per ipotesi acquistata con il detto finanziamento, venga trasferita per atto a titolo oneroso o gratuito prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell’acquisto”.

4. il primo motivo di ricorso è inammissibile.

La CTR ha ritenuto che il mutuo contratto dall’odierno ricorrente era stato contratto per “coprire, anche se in modo non dichiarato, il costo di acquisto della casa”, effettuato dal coniuge con i benefici di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, annessa tariffa, parte I, art. 1, quinto periodo, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e poi rivenduto prima del decorso di cinque anni dalla data di acquisto.

A fondamento di quanto ritenuto, la CTR ha posto un ragionamento presuntivo che muove dal rapporto di convivenza tra l’odierno contribuente e la moglie – la quale aveva acquistato l’immobile – dalla contestualità tra stipula del mutuo e stipula dell’acquisto e dalla parametrazione del mutuo “al valore dell’immobile”.

Le presunzioni sono definite dalla legge come “le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignoto” (art. 2727 c.c.).

La presunzione in realtà non è propriamente una “conseguenza” ma è un procedimento logico in base al quale, dato un fatto, è possibile dedurne, in base ad una regola esperienziale di certezza o probabilità, come conseguenza, un altro fatto.

La legge stabilisce altresì che le presunzioni giudiziali possono essere ammesse solo se “gravi precise e concordanti” (art. 2729 c.c.).

La “precisione” va riferita all’indizio costituente il punto di partenza dell’inferenza e postula che esso sia ben determinato nella realtà storica; la “gravità” va ricollegata al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d’esperienza adottata, è possibile desumere da quello noto; la “concordanza”, infine, richiede che il fatto ignoto sia, di regola, desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza (Cass. sentenza n. 15454 del 2019).

Il sindacato consentito a questa Corte in tema di presunzioni, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato alla verifica della correttezza della sussunzione, da parte del giudice di merito, sotto i tre caratteri individuatori della gravità, precisione, concordanza, di fatti concreti. “Nondimeno, per restare nell’ambito della violazione di legge, la critica (del ricorrente) deve concentrarsi sull’insussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento condotto nella sentenza impugnata, mentre non può svolgere argomentazioni dirette ad infirmarne la plausibilità criticando la ricostruzione del fatto ed evocando magari altri fatti che non risultino dalla motivazione, vizio valutabile, ove del caso, nei limiti di ammissibilità di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5” (così Cass. sentenza n. 18611 del 30/06/2021; Cass. sentenza n. 29635 del 2018).

Sotto diverso profilo, “In tema di giudizio di cassazione, la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo” (Cass. ord. n. 5279 del 26/02/2020).

Nel caso di specie, la critica al ragionamento presuntivo della CTR ragionamento riguardo al quale non appaiono mancare i suddetti requisiti di gravità, precisione e concordanza – si riduce alla contrapposizione a quanto affermato dalla medesima CTR dell’affermazione per cui l’acquisto immobiliare era stato compiuto al fine di poter, con l’iscrizione dell’ipoteca sull’immobile acquistato, garantire il mutuo accesso dal ricorrente.

5. Il secondo e il terzo motivo di ricorso possono essere esaminati in modo congiunto.

Essi sono infondati.

5.1. Il quadro normativo di riferimento è dato dal D.P.R. n. 601 del 1973, artt. 18 e 20.

Ai sensi del citato D.P.R., art. 18, comma 1, come modificato dal D.L. 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni dalla L. 13 maggio 1988, n. 154, per i finanziamenti di cui al precedente art. 15, ossia i finanziamenti di medio o lungo termine – gli enti erogatori erano tenuti al pagamento di un’imposta sostitutiva in ragione dello 0,25% dell’ammontare complessivo dei finanziamenti erogati in ciascun esercizio.

Ai sensi del D.P.R., art., 18, comma 3, introdotto dal D.L. 12 luglio 2004, n. 168, art. 1-bis, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2004, n. 191, nella versione in vigore al tempo della stipula del contratto di mutuo, l’imposta sostitutiva era dovuta con aliquota del 2% “Qualora il finanziamento stesso non si riferisca all’acquisto della prima casa di abitazione, e delle relative pertinenze”.

Il D.L. 3 agosto 2004, n. 220, convertito con modificazioni dalla L. 19 ottobre 2004, n. 257, aveva precisato (con l’art. 2, comma 1) che “Il D.L. 12 luglio 2004, n. 168, art. 1-bis, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2004, n. 191, si interpreta nel senso che l’aliquota dell’imposta sostitutiva nella misura del 2 per cento, di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 18, si applica ai soli finanziamenti erogati per l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di immobili ad uso abitativo, e relative pertinenze, per i quali non ricorrono le condizioni di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, annessa tariffa, parte prima, art. 1, nota II-bis, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.”

Ai sensi del D.P.R. n. 601, art. 20, comma 4, “L’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente a recuperare le maggiori imposte sull’atto di compravendita della casa di abitazione, acquistata con i benefici di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, annessa tariffa, parte I, art. 1, quinto periodo, di cui al D.P.R. n. 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, in caso di decadenza dai benefici stessi per dichiarazione mendace o trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, provvede, nel termine decadenziale di tre anni dal verificarsi dell’evento che comporta la revoca dei benefici medesimi, a recuperare nei confronti del mutuatario la differenza tra l’imposta sostitutiva di cui all’art. 18, comma 3, e quella di cui allo stesso art., comma 1, nonché a irrogare la sanzione amministrativa nella misura del 30 per cento della differenza medesima”.

5.2. Questo essendo il quadro normativo e posto che il collegamento ritenuto presuntivamente dalla Commissione Tributaria Regionale – tra mutuo ed acquisto della casa, deve considerarsi assodato (in ragione di quanto al superiore punto 4), la CTR – pur sul richiamo all’art. 18, comma 3 -, correttamente, ha ritenuto applicabile l’art. 20, comma 4, ed ha avallato l’operato dell’ufficio;

5. il ricorso va pertanto rigettato;

6. non vi è luogo a pronuncia sulle spese perché l’Agenzia non ha svolto attività processuale.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso;

ai sensi del testo unico, art. 13, comma 1-quater, approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, a carico del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art., comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, svolta con modalità da remoto, il 21 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

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