Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27534 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1131-2020 proposto da:

S.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO n. 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA STANISCIA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA GIANNICO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO;

– controricorrente –

avverso il provvedimento RG 5216/13 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 03/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

RILEVATO

che:

1. con ordinanza 3 luglio 2019, il Tribunale di Roma dichiarava l’estinzione del giudizio (di opposizione agli atti esecutivi proposto da S.A.B., dante causa a titolo universale dell’odierno ricorrente S.H., nei confronti dell’Inps), interrotto all’udienza del 7 ottobre 2013, per tardiva riassunzione, essendo il ricorso “effettivamente pervenuto all’attenzione” soltanto il 9 maggio 2019, sulla limitata allegazione dell’apprendimento “solo in data odierna… che il procedimento risulta ancora interrotto” per “vicende professionali del difensore già incaricato”, richiamate “in maniera generica e inconferente”;

2. con atto notificato il 3 gennaio 2020, il predetto ricorreva per cassazione con unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., cui l’Inps resisteva con controricorso; San Paolo s.p.a., destinataria della notificazione a mero titolo di litis denuntiatio, rimaneva intimata.

CONSIDERATO

che:

1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 301,302,303,305,112 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., ed omessa valutazione della circostanza determinante, per difetto di prova, a carico della parte eccipiente la tardività, della conoscenza legale dell’interruzione, ai fini della decorrenza del termine di riassunzione del giudizio interrotto (unico motivo);

2. in via preliminare, deve essere scrutinata la validità della procura alle liti rilasciata in calce al ricorso su foglio separato e materialmente congiunto;

3. essa non contiene alcun riferimento al ricorso introduttivo, né al provvedimento impugnato, recando un cenno assolutamente generico, aggiunto con carattere vergato a mano in fondo tra la prestazione o negazione del consenso e il luogo di rilascio (“Roma”), al giudizio di cassazione (“Estendo il mandato anche per il giudizio di cassazione”): risultando rilasciata “al difensore in ogni fase e grado del giudizio, compreso il processo di esecuzione”, senza il consapevole conferimento, da parte del cliente (di cui non compaiono le generalità, ricorrendo nell’incipit soltanto la dizione impersonale “Delega”), dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità, neppure essendovi una data, che consenta di trarne la certa riferibilità all’atto: così risultando incompatibile con il carattere di specialità di questo giudizio (Cass. 5 novembre 2018, n. 28146; Cass. 18 febbraio 2020, n. 4069; Cass. 20 gennaio 2021, n. 905);

4. detta procura speciale deve essere dichiarata giuridicamente inesistente, in quanto priva di uno specifico riferimento al provvedimento impugnato;

5. alla suddetta conclusione si perviene d’ufficio in quanto l’art. 83 c.p.c., configura come un obbligo del giudice quello della verifica dell’effettiva estensione della procura rilasciata – principalmente a garanzia della stessa parte che l’ha rilasciata, affinché la medesima non risulti esposta al rischio del coinvolgimento in una controversia diversa da quella voluta, per effetto dell’autonoma iniziativa del proprio difensore – per l’assorbente rilievo secondo cui la suindicata formulazione della procura fa sì che essa non risulti riferibile al ricorso, cui pur materialmente accede e quindi alla controversia in relazione alla quale il mandato è stato conferito dal ricorrente, non essendo tale vizio sanabile per effetto della sottoscrizione del ricorrente stesso apposto in calce alla procura speciale (vedi, per tutte: Cass. 7 giugno 2003, n. 9173);

4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali, a carico del difensore, che ha in tal modo agito in proprio, dandosi seguito ad un consolidato orientamento di questa Corte in materia di procura inesistente (vedi, per tutte: Cass. s.u. 10 maggio 2006, n. 10706 e successive conformi).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il difensore del ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del difensore del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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