Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31059 del 02/11/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G. 24343/2014 proposto da:

SARDA SURGELATI s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in Roma, via Paolo Emilio, 34, presso lo studio dell’avv. Alessandro Porru che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (c.f. *****) in persona del Direttore pro tempore;

-intimata –

EQUITALIA SUD s.p.a. Agente della Riscossione per la provincia di Roma, in persona del suo legale rappresentante, con sede in Roma;

– intimata –

avverso la sentenza n. della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO depositata il 26.2.2014, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 06.05.2021 dal Consigliere Relatore Dott. RITA RUSSO.

RILEVATO

che:

1. – La società Sarda Surgelati ha presentato ricorso avverso cartella esattoriale notificata dall’agente di riscossione per l’IRES 2004 eccependo la prescrizione, poiché la cartella è stata notificata oltre i termini di cui alla L. n. 156 del 2005, e deducendo altresì di non avere ricevuto preventiva comunicazione di irregolarità della denuncia dei redditi 2004, la mancata sottoscrizione della cartella, la mancata indicazione del responsabile del procedimento e la carenza di motivazione. Il ricorso del contribuente è stato respinto in primo grado; la società ha proposto appello che la CTR del Lazio ha rigettato, richiamandosi alle motivazioni della sentenza di primo grado e in particolare rilevando che nell’anno 2008 (e quindi nei termini) è stata effettuata una notifica, sottolineando come fosse onere del contribuente ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 35, comunicare all’ufficio la variazione di domicilio della società; ha ritenuto inoltre non necessaria l’indicazione del responsabile del procedimento e non sussistente il dedotto vizio di motivazione perché si tratta di un controllo automatizzato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e pertanto è sufficiente il richiamo alla dichiarazione dei redditi e ai dati in essa contenuti.

2. – Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente affidandosi a quattro motivi. L’Agenzia delle entrate, non costituita nei termini, ha depositato istanza di partecipazione alla eventuale discussione orale. La causa è stata tratta alla udienza camerale del 6 maggio 2021.

RITENUTO

che:

3. – Con il primo motivo del ricorso, la società lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 145 e 148 c.p.c., e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, deducendo che ha errato la CTR a ritenere regolarmente notificata la cartella. La CTR ha rilevato che la cartella è stata notificata in data ***** “con notifica restituita e successivamente riprovata in data ***** andata a buon fine”; infatti sulla raccomandata AR depositata dalla stessa Agenzia si legge “restituito perché trasferito” e soltanto la notificata eseguita in data *****, ma fuori termine, ha avuto esito positivo. La ricorrente deduce quindi che, poiché la notifica del ***** presso la vecchia sede della società non è andata a buon fine, non può considerarsi valida; né può imputarsi ad essa società di non avere comunicato il mutamento di indirizzo poiché sin dal ***** la società aveva il comunicato il trasferimento alla Camera di Commercio, che lo aveva iscritto in data ***** e quindi è inconferente il richiamo al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 35.

Con il terzo motivo del ricorso, da esaminarsi unitamente al primo per ragioni di connessione, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 bis, convertito in L. n. 156 del 2005, sulla prescrizione del credito. Parte ricorrente lamenta l’errore del giudice d’appello perché non ha considerato prescritto il credito portato dalla cartella impugnata in base all’errato presupposto che la stessa sarebbe stata notificata nel febbraio 2008. La parte deduce che al momento di effettiva notificazione della cartella in oggetto cioè il ***** il credito era ormai prescritto.

Entrambi i motivi sono infondati.

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, come modificato dal D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, comma 5-ter, convertito con modificazioni in L. 31 luglio 2005, n. 156, nella parte che qui rileva in riferimento all’anno di imposta, dispone che il concessionario deve notificare la cartella di pagamento al debitore a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Pertanto per evitare la decadenza (e non la prescrizione) la notifica doveva essere eseguita entro il 31 dicembre dell’anno 2008.

Nel caso di specie la CTR ha accertato che una cartella di pagamento è stata spedita a mezzo posta nel febbraio 2008 alla sede della società, quale essa risultava alla Agenzia, con esito però negativo perché il destinatario risultava trasferito. La notifica è stata poi ripetuta nel maggio 2009 presso la nuova sede della società ed è andata a buon fine. La questione controversa pertanto non è se la prima notifica eseguita nel 2008 si sia perfezionata, ma se essa è idonea ad evitare la decadenza, poiché non è andata a buon fine esclusivamente a causa del trasferimento della società, non comunicato alla Agenzia nei modi e nelle forme di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 35.

Il giudice d’appello ha infatti ritenuto “valida” la prima notifica -cioè idonea ad evitare la decadenza- poiché il trasferimento non è stato debitamente comunicato; né la società contribuente deduce di avere fatto la comunicazione ad uno degli uffici dell’Agenzia delle entrate nei modi e nelle forme del D.P.R. n. 633 del 1972, citato art. 35, ma soltanto di aver provveduto alla comunicazione alla Camera di Commercio.

Vi è tuttavia differenza tra la comunicazione del cambiamento della sede prevista dal citato art. 35, e la comunicazione fatta alla Camera di Commercio.

Ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 35, ogni variazione degli elementi che connotano l’attività d’impresa, come indicati nella denunzia di inizio dell’attività (compresi la sede e il luogo di esercizio), deve essere dichiarata entro trenta giorni ad uno degli uffici dell’Agenzia delle entrate indicati al comma 1 (ufficio locale, ufficio provinciale IVA): in mancanza della denunzia di variazione, ogni trasferimento, così come la modificazione di ogni altro elemento indicato nella denunzia, è inopponibile all’amministrazione finanziaria (v. Cass. n. 18818/2006; Cass. n. 15919/2011).

La norma impone al contribuente un dovere specifico, diverso dalla registrazione della variazione presso la Camera di Commercio, sulla cui ottemperanza l’amministrazione fa legittimo affidamento.

E’ da escludere pertanto che l’Agenzia delle entrate, o l’agente di riscossione, nel comportamento inerte del contribuente che non provvede alla comunicazione imposta dal citato art. 35, abbia il dovere di eseguire preventive ricerche prima della notifica, per controllare eventuali variazioni: diversamente ragionando si svuoterebbe la norma di ogni significato (in questi termini, con riferimento alla residenza del contribuente persona fisica, v. Cass. n. 18804/2017).

Pertanto, è un comportamento legittimo e diligente l’invio della notifica alla sede della società che è stata dichiarata alla Agenzia e la cui variazione non è stata ritualmente comunicata ai sensi del citato art. 35, pur se la variazione risulta registrata alla Camera di Commercio, in conformità al principio dell’affidamento che deve conformare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario (Cass. n. 25680/2016; n. 15258/2015).

Ciò posto, è da verificare quali effetti, nello specifico caso, possono riconnettersi ad una notifica non andata a buon fine ma legittimamente spedita alla sede di cui non è stata comunicata la variazione.

Preliminarmente si precisa che è comunque necessario portare a conoscenza del contribuente la pretesa tributaria, affinché questi ne abbia contezza e possa scegliere se soddisfare la richiesta ovvero opporsi; così del resto ha operato l’agente, poiché in un secondo momento ha eseguito una nuova notifica, questa volta andata a buon fine, presso la nuova sede della società.

Si precisa inoltre che non si tratta qui di stabilire se anche per gli atti impositivi valga il principio della scissione degli effetti della notifica, questione rimessa all’attenzione delle sezioni unite la cui decisione, alla data della presente adunanza, non è pubblicata; peraltro non è qui in valutazione un comportamento dell’agente postale, che sugge alla sfera di controllabilità del mittente, ma non imputabile neppure al destinatario, perché viene invece in rilievo il comportamento colpevole del destinatario. Il Collegio ritiene di valutare piuttosto – ed autonomamente – se il comportamento legittimo e diligente dell’amministrazione, rispondente ai parametri legali, osti alla opponibilità da parte del contribuente della decadenza. La decadenza è infatti stabilita a tutela del diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del fisco e di conseguenza va eccepita (Cass. n. 171/2015, Cass. n. 1154/2014; Cass. n. 24074/2018); si tratta quindi di verificare se la non opponibilità del trasferimento non comunicato estenda i suoi effetti a questa eccezione.

Si osserva quindi che vi è differenza tra la disciplina legale della prescrizione, erroneamente invocata dalla società contribuente, e, quella della decadenza, applicandosi alla fattispecie quest’ultima, poiché il termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, è espressamente imposto a pena di decadenza, con la finalità sopra precisata.

La prescrizione si interrompe mediante la notifica dell’atto con il quale si instaura un giudizio o dell’atto di messa in mora (art. 2943 c.c.); la decadenza invece è impedita “dal compimento dell’atto previsto dalla legge” (art. 2966 c.c.). La norma focalizza quindi l’attenzione non sulla ricezione da parte del soggetto passivo del rapporto dell’atto interruttivo, ma sul comportamento del soggetto attivo e cioè del titolare del diritto sottoposto a termine di decadenza, che deve esercitarlo prima del suo spirare, compiendo l’atto previsto dalla legge, la cui operatività deve necessariamente permanere durante tutto l’iter necessario al conseguimento dello scopo che gli è proprio (in arg. v. Cass. n. 2407/1982); poiché la norma richiede un comportamento normativamente conformato e non un risultato, non può prescindersi dalla valutazione della diligenza del soggetto agente, verificando se costui ha posto in essere tutte quelle attività che concretamente potevano essere a lui richieste e se di contro vengono in rilievo comportamenti di ostacolo posti in essere dalla controparte, con intento elusivo, o comunque negligenti.

Nel caso di specie la cartella è stata indirizzata alla sede comunicata dalla società e di cui la società, in violazione di specifica norma di legge non ha comunicato la variazione. Vi è stato quindi il compimento dell’atto previsto dalla legge e cioè la spedizione della notifica secondo un parametro di diligenza normativamente predeterminato con esito negativo addebitabile interamente ad una condotta colpevole del contribuente e pertanto non opponibile alla Agenzia. Non può quindi il contribuente giovarsi della eccezione di decadenza se egli stesso con un comportamento in violazione di un precetto legale ha posto ostacolo al perfezionamento della notifica della cartella.

In sintesi, deve concludersi nel senso che il tempestivo invio della cartella alla sede ritualmente comunicata dalla società imprenditrice e di cui non è stata comunicata la variazione ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 35, concreta il comportamento diligente concretamente esigibile dall’agente di riscossione; qualora il mancato perfezionamento della notifica dipenda da un comportamento del contribuente, tenuto in violazione di un dovere normativamente imposto, nonché in violazione dei principi di buona fede e legittimo affidamento, ne consegue la inopponibilità da parte del contribuente della decadenza, restando ininfluente che la ulteriore notifica con esito positivo della cartella nella nuova sede, comunque necessaria, sia avvenuta oltre i termini di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

5. Con il secondo motivo del ricorso la parte deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 148 c.p.c., e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26. Deduce che la prova documentale offerta dall’Agenzia della notificazione della cartella nel 2008 non è sufficiente in quanto dalla copia fotostatica della busta prodotta non risulta il numero dell’atto presuntivamente contenuto nella busta.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

La sentenza impugnata non tratta la questione della idoneità dei documenti depositati dalla Agenzia a fornire prova della notifica.

Nell’odierno ricorso la parte, pur formulando questa contestazione, non deduce di aver specificamente contestato in appello i documenti prodotti dall’amministrazione finanziaria e in che termini. Viene quindi in applicazione il principio già affermato da questa Corte secondo il quale qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi (Cass. n. 20694/2018; Cass. n. 15430/2018) Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dello Statuto del contribuente, art. 7, in combinato disposto della L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La parte deduce di aver impugnato la cartella sotto il profilo della carenza di motivazione e che nella cartella veniva fornita la motivazione IRES omesso o carente versamento” che non costituisce motivazione adeguata, poiché è un’indicazione generica e non è sufficiente a far comprendere al contribuente la riferibilità della richiesta di versamento.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza. La parte infatti non trascrive l’intera cartella, ma solo un rigo di essa e di contro la CTR fonda il suo giudizio di adeguatezza della motivazione sul richiamo – in cartella – alla dichiarazione dei redditi e ai dati in essi contenuti.

Viene quindi in applicazione il principio, già affermato da questa Corte, che ove si censuri la sentenza della Commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di una cartella di pagamento – la quale è atto amministrativo e non processuale – il ricorrente, a pena di inammissibilità, deve trascrivere testualmente il contenuto dell’atto impugnato che assume erroneamente interpretato o pretermesso dal giudice di merito al fine di consentire alla Corte di cassazione la verifica della doglianza esclusivamente mediante l’esame del ricorso (Cass. n. 28570/2019).

Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione della controparte.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, Camera di consiglio da remoto, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472