LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29513/2019 proposto da:
K.D., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CRISTINA PEROZZI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 10/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/04/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
RILEVATO
che:
1. – Con ricorso affidato a tre motivi, K.D., cittadino della Costa D’Avorio, ha impugnato il decreto emesso dal Tribunale di Ancona, reso pubblico il 10 settembre 2019, di rigetto del ricorso svolto avverso la decisione della competente Commissione territoriale, la quale a sua volta ne aveva respinto la domanda di riconoscimento della protezione internazionale e, in subordine, di quella umanitaria.
2. – Per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale osservava che: a) il racconto del richiedente (aver lasciato la Costa D’Avorio per le minacce subite in ragione della propaganda elettorale che il padre faceva per un determinato partito politico) non era credibile, in quanto generico e inverosimile, nonché estraneo alle ipotesi configuranti la protezione internazionale richiesta (status di rifugiato e protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); b) non sussistevano i presupposti per riconoscere la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non ravvisandosi nella zona di provenienza del richiedente, in base alle COI utilizzate (EASO giugno 2019, USDOS marzo 2019), una condizione di violenza generalizzata in situazione di conflitto armato; c) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in assenza di una situazione di vulnerabilità soggettiva (anche in riferimento alla permanenza nel paese di transito) e di vulnerabilità oggettiva in caso di rimpatrio, né sussistevano elementi idonei a comprovare una effettiva integrazione in Italia, non essendo a tal fine sufficienti gli attestati prodotti di partecipazione a corsi di formazione e di volontariato.
3. – Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine della partecipazione a eventuale udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
1. – Con il primo mezzo è denunciata “violazione art. 112 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 4 – difetto di motivazione”: per esser mancata la traduzione della decisione Commissione territoriale e “della sentenza di appello”, nonché per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e “del principio convenzionale del non refoulement, oltre che la violazione delle norme costituzionali e CEDU in ordine ad un processo giusto ed effettivo”.
2. – Con il secondo mezzo è dedotta “violazione art. 112, D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 11-17, art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3 – difetto di motivazione in relazione alla mancata concessione della protezione sussidiaria”, per esser nullo il provvedimento per motivazione apparente.
3. – Con il terzo mezzo è denunciata “violazione art. 353 c.p.c., art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11-17 – violazione D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 – in relazione alla mancata concessione della protezione umanitaria”, non avendo il Tribunale motivato o comunque avendo motivato erroneamente sulle condizioni per la concessione di detta forma di protezione.
4. – Il ricorso è inammissibile in tutta la sua articolazione.
Le prospettate doglianze – articolate in modo indistinto per tutti e tre i motivi veicolati col ricorso – sono affatto generiche, in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, nonché in assenza della indicazione specifica e intelligibile dei contenuti degli atti e documenti su cui le censure medesime si fondano, oltre ad essere del tutto omessa, di detti atti e documenti, la necessaria localizzazione processuale (ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
In particolare, non è veicolata una idonea critica della ratio decidendi della sentenza impugnata (cfr. sintesi nel “Rilevato che”), la cui portata non viene presa in considerazione dal ricorrente, avendo il Tribunale espresso le proprie valutazioni (anche con specifico riferimento alla situazione oggettiva del paese di origine del richiedente in base a fonti informative attendibili e aggiornate, non fatte oggetto di idonea censura) sui vari aspetti della vicenda del richiedente in rapporto alle varie forme di protezione richieste, senza che una siffatta motivazione sia attinta, in modo specifico e congruente, da pertinenti doglianze, che si soffermano, piuttosto, su aspetti generali (richiamando la normativa di riferimento e precedenti giurisprudenziali) non aderenti alla singolarità del caso oggetto di cognizione.
3. – Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.
Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte rimasta soltanto intimata.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021