Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.31827 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Magda – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 554/2015 proposto da:

Grafinda s.p.a., in persona del suo amministratore dotato dei poteri di rappresentanza, elettivamente domiciliata in Roma, Via Ennio Quirino Visconti, n. 20, presso lo studio dell’avvocato Nicola Petracca, rappresentata e difesa dall’avvocato Angela Fortuna, per procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimenti della ***** s.a.s. *****, e del suo socio accomandatario R.G., in persona del curatore, elettivamente domiciliato in Roma, Via delle Quattro Fontane, n. 15, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Contestabile, rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Toso, per procura speciale estesa a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia depositato il 25 novembre 2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 4 novembre 2020 dal Consigliere Dott. Marco Vannucci.

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto emesso il 25 novembre 2014 a definizione del procedimento di opposizione al passivo dei fallimenti della ***** s.a.s. ***** (di seguito indicata come “*****”) e del suo socio accomandatario R.G. promosso dalla Grafinda s.p.a., il Tribunale di Venezia confermò la decisione del giudice delegato di rigetto delle domande dell’opponente di ammissione al passivo di ciascuna procedura per crediti (verso il fallito R. garantiti da ipoteca iscritta su immobile di cui era usufruttuario) derivati verso la società fallita e il fallito socio (garante) dall’inadempimento dei sei contratti di locazione finanziaria (stipulati fra il 10 giugno e il 14 luglio 2009) nell’atto specificamente indicati, in ragione della nullità di tali contratti per illiceità della relativa causa, essendo essi stati utilizzati “per conseguire una finalità non altrimenti raggiungibile ossia il riconoscimento di interessi oltre i limiti del tasso soglia, con l’aggiunta in più della garanzia reale dell’ipoteca volontaria”.

1.1 La motivazione di tali decisioni può essere così sintetizzata: i sei contratti, aventi per oggetto la locazione finanziaria di pareti in cartongesso, posti in essere in un quanto mai limitato arco temporale, erano tutti “per importi inferiori ad Euro 50.000”, in modo da applicare “un tasso soglia mediamente più elevato rispetto al valore coacervato dei contratti”; il numero delle forniture eccedeva di gran lunga le esigenze di un singolo locale, qual’era quello gestito dalla società fallita; a fronte di leasing “a connotazione marcatamente finanziaria” (in ragione della irrisoria consistenza, pari a Euro 250, del prezzo fissato per il riscatto dei beni mobili), la concessione da parte di R. di garanzia fideiussoria e di ipoteca è un’anomalia di rilievo e “finisce per tradire la causa concreta dei singoli contratti”, costituita dal finanziamento della società poi fallita “e per essa” della Impresa Edile R. s.a.s. “a fronte della duplice garanzia delle fideiussioni rilasciate dal R. e dell’ipoteca volontaria”; di contro, non rileva che i contratti avessero una durata inferiore ai cinque anni e non potessero quindi essere considerati come contratti di mutuo; neppure rileva che Grafinda s.p.a. fosse autorizzata anche al compimento di “altre operazioni di finanziamento”, attraverso le quali avrebbe potuto effettivamente ottenere un tasso soglia più elevato, posto che se in luogo del leasing avesse concesso un finanziamento essa non avrebbe potuto ottenere la garanzia reale; in ragione della illiceità della relativa causa non è configurabile alcuna nullità parziale degli stessi.

2. Per la cassazione di tale decreto Grafinda s.p.a. propose ricorso contenente tre motivi di impugnazione cui resiste, con controricorso, la curatela dei fallimenti di ***** e di R..

3. Le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce che il decreto impugnato è caratterizzato dalla violazione degli artt. 113,115 e 116 c.p.c. e degli artt. 1363, 1366, 1371 e 2697 c.c.: non avendo la curatela dei fallimenti provato, come era suo onere, che la quantità di cartongesso complessivamente fornita in esecuzione dei sei contratti eccedesse le necessità dei locali ove tali beni dovevano essere installati a cura del fornitore; non essendo onere di essa ricorrente valutare se i beni consegnati (secondo le risultanze dei verbali di consegna sottoscritti dall’utilizzatore *****) fossero stati effettivamente installati dal fornitore nella struttura immobiliare dell’utilizzatore, indicata come luogo di consegna; costituendo la fideiussione prestata da R. efficace garanzia nel caso di inadempimento della società ***** all’obbligazione di pagamento dei canoni per il godimento “di beni non certamente di facile riconsegna e successiva ricollocazione sul mercato”.

2. Il decreto è poi dalla ricorrente censurato per violazione degli artt. 113,115 e 116 c.p.c. e degli artt. 1343, 1344 c.c., art. 1458 c.c., comma 1, nonché da omesso esame di fatto decisivo ai fini della decisione, oggetto di discussione fra le parti, in quanto: i contratti in discussione, in ragione della relativa struttura, sono qualificabili come leasing di godimento pattuito con funzione di finanziamento rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto a fronte di canoni costituenti il corrispettivo dell’uso dei beni medesimi; anche a volere qualificare i contratti come di finanziamento, essi non hanno causa illecita e non vennero stipulati in frode alla legge, atteso che essa ricorrente è società di intermediazione finanziaria che avrebbe potuto ben stipulare contratto di mutuo garantito da ipoteca.

3. Infine, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 113,115 e 116 c.p.c., e degli artt. 1418, 1419 c.c. e art. 1815 c.c., comma 2, “ovvero omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, in quanto: il decreto semplicisticamente afferma che gli interessi pattuiti superavano i limiti del c.d. “tasso soglia”, senza però indicare quale fosse la consistenza di tale tasso; essa ricorrente aveva specificamente indicato per ciascuno dei sei contratti tanto il tasso effettivo globale degli interessi pattuiti che il tasso massimo degli interessi rispettivamente determinato dai due Decreti Ministeriali (del 26 marzo e del 24 giugno 2009) in vigore al tempo della stipulazione dei contratti; dal raffronto fra tali dati risultava che la misura degli interessi pattuiti si collocava al di sotto di quella prevista dalla legge per la qualificazione degli interessi come oggettivamente usurari; in ogni caso, la nullità delle clausole contrattuali prevedenti tassi superiori alla soglia di usura non determina la nullità del contratto ma solo la sanzione della insussistenza di obbligazione di pagamento di interessi (art. 1815 c.c., comma 2).

4. I tre motivi, da esaminare congiuntamente in ragione della loro stretta connessione logica e giuridica, sono fondati per quanto di seguito evidenziato.

Dal contenuto del decreto impugnato risulta che: l’operazione di locazione finanziaria delle pareti prefabbricate in cartongesso che costituivano l’oggetto dei sei contratti dal decreto medesimo specificamente indicati (stipulati fra il 10 giugno e il 14 luglio 2009 fra Grafinda e *****) si ebbe fra Grafinda (società concedente), ***** (società utilizzatrice) e la Impresa Edile R. s.a.s. (società fornitrice a ***** di detto beni mobili, di cui R.G. era socio accomandatario); lo stesso R. garantì, mediante fideiussione concessa in favore di Grafinda, l’adempimento di ***** all’obbligazione di pagamento dei canoni di locazione finanziaria, concedendo in favore di Grafinda, ipoteca su immobile di cui egli era usufruttuario, quale garanzia dell’adempimento della propria obbligazione.

Il decreto medesimo, nell’affermare che tali sei contratti avevano una “connotazione marcatamente finanziaria, stante il modesto valore del riscatto (Euro 250 circa al netto dell’iva)” dei beni mobili che ne sostituivano l’oggetto (pareti prefabbricate in cartongesso), sembra qualificare gli stessi in termini di leasing di godimento, come noto pattuito con funzione prevalente di finanziamento (dovendo garantire per la società concedente il rientro del capitale maggiorato degli interessi finanziari e degli utili di rischio di impresa) rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi da parte del loro utilizzatore (in questo senso cfr., fra le altre: Cass. n. 7212 del 2014; Cass. n. 14760 del 2008; Cass. n. 18195 del 2007; Cass. n. 24214 del 2006).

E’ poi appena il caso di rammentare che l’operazione di leasing finanziario si caratterizza per l’esistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di leasing propriamente detto, concluso tra concedente e utilizzatore, e quello di fornitura, concluso tra concedente e fornitore allo scopo (noto a quest’ultimo) di soddisfare l’interesse dell’utilizzatore ad acquisire la disponibilità della cosa (in questo senso, cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 19785 del 2015).

Tenuti presenti tali ordini di concetti, si osserva che il decreto impugnato è caratterizzato da significative violazioni di legge, in quanto in esso si afferma che:

a) i sei contratti di locazione finanziaria (stipulati fra il 10 giugno e il 14 luglio 2009 “per importi inferiori ad Euro 50.000”) nell’atto specificamente indicati, sono nulli per illiceità della relativa causa, essendo essi, unitariamente considerati, frutto di operazione volta “a conseguire una finalità non altrimenti raggiungibile ossia il riconoscimento di interessi oltre i limiti del tasso soglia, con l’aggiunta in più della garanzia reale dell’ipoteca volontaria”, senza però che sia stata in concreto accertata, in raffronto con la misura degli interessi (corrispettivi ovvero moratori; nel senso che la disciplina legale contro l’usura trova applicazione anche agli interessi moratori, cfr. Cass. S.U. n. 19597 del 2020) pattuiti nei singoli contratti, quale fosse, al tempo in cui ciascun contratto venne stipulato, la misura del tasso degli interessi (c.d. “tasso soglia”) oltre la quale gli stessi sono da considerare oggettivamente usurari, per come determinata dai decreti ministeriali periodicamente emessi in attuazione della L. n. 108 del 1996, art. 2;

b) “il dato veramente anomalo rispetto ad un contratto di leasing a connotazione marcatamente finanziaria” è costituito “dalla garanzia reale ipotecaria” data da R., fideiussore nei confronti del concedente Grafinda dell’adempimento dell’obbligo dell’utilizzatore ***** di pagamento delle rate periodiche di canone di locazione finanziaria, senza considerare che il contratto di locazione finanziaria di godimento ha, come detto, funzione prevalente di finanziamento dell’utilizzatore e che nessuna disposizione di legge vieta al concedente di richiedere a terzi garanzia, anche rafforzata da garanzia reale per l’adempimento dell’obbligo del garante di pagare quanto dovuto dal debitore principale, per l’adempimento delle obbligazioni di pagamento dell’utilizzatore; sì che nessuna anomalia rilevante è sul punto ravvisabile nel caso concreto.

Inoltre, come sopra ricordato, il leasing finanziario realizza un’ipotesi di collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura allo scopo, noto al fornitore, di soddisfare l’interesse dell’utilizzatore ad acquisire la disponibilità della cosa: è dunque l’interesse al godimento da parte dell’utilizzatore della cosa a venire in tale ipotesi essenzialmente in rilievo, e che l’operazione negoziale in questione è sostanzialmente volta a realizzare, costituendone pertanto la causa concreta,, con specifica e autonoma rilevanza rispetto a quella – parziale – dei singoli contratti, di questi ultimi connotando la reciproca interdipendenza nella pur persistente individualità propria di ciascun tipo negoziale.

Nel caso di operazione di locazione finanziaria conclusa, come afferma il decreto impugnato, per consentire, in tesi, al concedente di conseguire interessi convenzionali (corrispettivi ovvero moratori) di natura oggettivamente usuraria (in quanto contrastanti col precetto dell’art. 644 c.p., nel testo risultante dalla modificazione recata dalla L. n. 108 del 1996, art. 1) e dei contratti parte di tale operazione che abbiano avuto concreta esecuzione mediante consegna all’utilizzatore dei beni che ne costituiscono l’oggetto non si ha alcuna illiceità della causa concreta dei contratti in discorso derivante dalla volontà di aggirare l’applicazione di norma imperativa, posto che l’interesse dell’utilizzatore al conseguimento del godimento dei beni rimane comunque intatto e non influenzato dall’elemento, accidentale, costituito dalla natura oggettivamente usuraria degli interessi pattuiti che la legge considera non dovuti nella misura pattuita in ragione della nullità delle relative clausole (art. 1815 c.c., comma 2, applicabile a tutti i contratti di finanziamento di durata).

In altre parole, se nel caso di contratto di durata a prestazioni corrispettive, quale la locazione finanziaria, contenente clausola determinante una misura degli interessi, corrispettivi ovvero moratori, di natura oggettivamente usuraria la sanzione prevista dell’ordinamento è solo quella della nullità della clausola e trova applicazione il precetto contenuto nell’art. 1815 c.c., comma 2, con la precisazione, quanto agli interessi moratori, della perdurante applicabilità dell’art. 1224 c.c., comma 1, con la conseguente debenza degli interessi nella misura di quelli corrispettivi se lecitamente convenuti (in questo senso, cfr. Cass. S.U. n. 19597de1 2020), la medesima sanzione (nullità della clausola e non del contratto e applicazione dell’art. 1815 c.c., comma 2 e art. 1224 c.c., comma 1) non potrà che applicarsi a quei contratti, quali quelli in esame, in tesi finalizzati a eludere il divieto, di fonte legale, di applicare interessi usurari.

Il decreto impugnato, contrastante con le regole di interpretazione sopra enunciate, deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Venezia che, in diversa composizione, si dovrà pronunciare: sulla domanda della ricorrente di ammissione al passivo delle due procedure per i crediti derivanti dalla stipulazione dei sei contratti di locazione finanziaria nel decreto cassato specificamente indicati; sulla regolamentazione delle spese relative al giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato, con rinvio al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle spese relative al giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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