LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VANNUCCI Marco – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 7792/2015 r.g. proposto da:
BNP Paribas Lease Group s.p.a., (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avvocato Renato Clarizia, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, Via Principessa Clotilde n. 2.
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** s.p.a., (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il curatore fallimentare Dott.ssa M.A., rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dagli Avvocati Alberto Zorzi, e Massimo F. Dotto, con i quali elettivamente domicilia in Roma, alla Via Lazio n. 20/c, presso lo studio dell’Avvocato Dotto.
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il decreto del Tribunale di Verona depositato in data 17 febbraio 2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23 settembre 2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.
RILEVATO
Che:
1. La BNP Paribas Lease Group s.p.a. (di seguito indicata come “Lease”) e la ***** s.p.a. in bonis sottoscrissero in data 24 dicembre 2010 contratto di locazione finanziaria di un complesso immobiliare, per un costo storico di Euro 5.360.000.
2. A cautela dell’adempimento delle obbligazioni assunte con il predetto contratto di leasing, lo stesso giorno 24 dicembre 2010 la ***** s.p.a. costituì in pegno in favore della concedente la somma di Euro 800.000, versata su un conto corrente acceso presso la BNL s.p.a., agenzia di *****.
3. L’utilizzatrice ***** s.p.a. si rese nel corso del rapporto morosa nel versamento di numerosi canoni scaduti, accumulando un arretrato pari ad Euro 166.667,26, con la conseguenza che la società concedente: intimò la risoluzione negoziale con lettera del 28 ottobre 2011; richiese, sulla base delle clausole rilevati del contratto, il pagamento del risarcimento del danno pari ad Euro 4.599.989,78.
4. Con sentenza del 6 dicembre 2011 il Tribunale di Verona dichiarò il fallimento della ***** s.p.a..
5. La Lease s.p.a. presentò domanda di restituzione dell’immobile di sua proprietà e istanza, tardiva, di ammissione al passivo della procedura per la somma globale di Euro 4.638.852,19 (pari ai predetti crediti, maggiorati di interessi di mora), di cui Euro 666.775,21 in via privilegiata, con prelazione sul saldo attivo del conto corrente oggetto di pegno.
6. Accolte le domande di rivendica e di conseguente restituzione del bene immobile, il giudice delegato alla procedura rigettò invece la domanda di ammissione al passivo perché, ai sensi dell’art. 1526 c.c., la società di leasing avrebbe dovuto restituire integralmente quanto percepito (e cioè la somma pari ad Euro 968.509), per l’utilizzo del bene per dieci mesi, con la conseguenza che le somme di danaro percette dalla concedente risultavano ben superiori a quanto dovuto a titolo di equo indennizzo e perché, quanto alla richiesta del privilegio, il pegno era revocabile ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1.
7. A definizione del giudizio opposizione a tale decisione promosso dalla Lease s.p.a., il Tribunale di Verona confermò la decisione di segno negativo sulla domanda di ammissione al passivo affermando che: a) il contratto inter partes è qualificabile come leasing traslativo, come può evincersi dalla tipologia del bene concesso in godimento (immobile), dall’evidente sproporzione tra i valori dei canoni (Euro 800.000 per la prima rata mensile; ed Euro 25.000 per ciascuna rata successiva) e dalla mera eventualità di godimento del bene, con la conseguenza che i canoni pagati comprendevano anche il pagamento anticipato del prezzo; b) è da applicare al caso di specie la disciplina di cui all’art. 1526 c.c., con conseguente obbligo della società opponente alla restituzione della somma percepita per il limitato godimento del bene immobile; c) non è invece applicabile il (diverso) disposto normativo recato dalla L. Fall., art. 72-quater, di nuova introduzione, stante la pacifica risoluzione del contratto di leasing prima della dichiarazione di fallimento; d) è da ridurre a equità la penale prevista dall’art. 17 del contratto, essendo manifestamente sproporzionata la situazione che si sarebbe venuta a determinare in favore della concedente facendo applicazione della pattuizione contrattuale sul punto (Euro 4.433.322,52, oltre interessi per Euro 33.158,82, in aggiunta alla conseguita restituzione del bene immobile e all’importo dei canoni insoluti a fronte dell’altrui godimento di soli dieci mesi); e) il pegno, poi, disposto in documento non opponibile al fallimento, è all’evidenza revocabile.
2. Il decreto, pubblicato il 17 febbraio 2015, è impugnato dalla BNP Paribas Lease Group s.p.a. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui il Fallimento ***** s.p.a resiste con controricorso, contenente anche ricorso incidentale condizionato.
Ciascuna parte ha anche depositato memoria.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), che il decreto è caratterizzato da violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, L. Fall., art. 72-quater e dell’art. 1526 c.c., in relazione all’affermata inapplicabilità al caso di specie della disciplina recata dalla L. Fall., citato art. 72-quater.
1.1 Sul punto, è necessario ricordare il recentissimo intervento nomofilattico espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nell’arresto contenuto nella sentenza n. 2061 del 28 gennaio 2021, secondo cui, in tema di leasing finanziario: la disciplina di cui alla L. n. 124 del 2017, art. 1, commi 136-140, non ha effetti retroattivi, sì che il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l’entrata in vigore della legge stessa; per i contratti anteriormente risolti resta valida, invece, la distinzione tra leasing di godimento,e leasing traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest’ultima figura, della disciplina dell’art. 1526 c.c.; e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell’utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente la L. Fall., art. 72-quater.
1.2 E’ stato così superato un precedente orientamento interpretativo, inaugurato da Cass. n. 8980 del 2019, che predicava proprio l’applicazione analogica della disciplina dettata dal citato art. 72-quater, in caso di scioglimento di contratto di leasing per iniziativa del curatore nell’ambito di procedura fallimentare, siccome assunta in guisa di principio generale proprio alla luce, retrospettiva, della novella legislativa del 2017 e in forza del comune denominatore, tra le due fattispecie, rappresentato dall’attribuzione al concedente del diritto alla restituzione del bene concesso in godimento e all’utilizzatore o alla curatela del ricavato della vendita o di altra allocazione del bene medesimo, detratto l’ammontare del credito residuo (nella portata specificamente stabilita per ciascuna fattispecie interessata). Sul punto le Sezioni Unite, nell’arresto sopra ricordato, hanno avuto modo di precisare, in motivazione, che:
rappresenta “jus receptum (tra le altre, Cass., 9 febbraio 2016, n. 2538, Cass., 13 febbraio 2017, n. 3750, Cass., 7 settembre 2017, n. 20890, Cass., 15 settembre 2017, n. 21476, Cass., 12 giugno 2018, n. 15202, Cass., 18 giugno 2018, n. 15975, Cass., 17 aprile 2019, n. 10733, Cass., 24 gennaio 2020, n. 1581) che la L. Fall., art. 72-quater, introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006 – sebbene quanto agli effetti da essa regolati ha superato la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, assumendo a proprio fondamento una disciplina unitaria del leasing improntata alla causa del contratto di finanziamento – è norma, di natura eccezionale, a valenza e portata endoconcorsuale, presupponendo lo scioglimento, per volontà del curatore e quale conseguenza del fallimento, del contratto ancora pendente a quel momento. Sicché, la norma fallimentare mantiene salda la distinzione strutturale esistente tra la nozione di risoluzione contrattuale e quella di scioglimento del contratto, quale facoltà riconosciuta ad una pluralità di rapporti pendenti tra il contraente ed il fallito, tra i quali, per l’appunto, anche il leasing, che rientra nel novero dei contratti che – al momento dell’apertura del concorso – restano sospesi secondo la regola generale di cui alla L. Fall., art. 72, comma 1”;
inoltre, “il “diritto vivente” ha escluso – in assenza di una eadem ratio e di simili elementi, strutturali e/o funzionali, rilevanti – che la disciplina dettata dalla L. Fall., art. 72-quater, potesse trovare applicazione analogica in caso di contratto di leasing finanziario risolto, per inadempimento dell’utilizzatore, prima del fallimento di quest’ultimo, avendo invece rinvenuto la disposizione idonea a colmare la lacuna ordinamentale, in coerenza con i criteri di cui all’art. 12 preleggi, in quella generale codicistica dell’art. 1526 c.c., in ipotesi di leasing traslativo. Ma tale giuridica configurazione della L. Fall., art. 72-quater, non ha subito una trasmutazione con l’avvento della disciplina di cui alla L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 136-140, la quale, anzi, al citato comma 140 ha stabilito che “(r)estano ferme le previsioni di cui al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 72-quater (…)”, con ciò ribadendo la specialità della norma fallimentare e la sua portata circoscritta all’ambito di specifica pertinenza”.
Alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte – e qui applicati anche per espresso obbligo di legge – le doglianze sollevate dalla società ricorrente devono essere pertanto disattese; essendo il decreto impugnato caratterizzato da motivazione conforme a tali principi.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1526 c.c., nonché della L. Fall., artt. 53 e 96, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonché omesso esame di un fatto documentato dall’esponente e dibattuto tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
2.1 La seconda doglianza articola censure che, in parte, sono infondate e, per altra parte, sono inammissibili.
2.1.1 Sotto il primo profilo, non può sfuggire come, sotto diverso angolo prospettico, la ricorrente tenti ancora una volta, pur richiamando le disposizioni normative di cui all’art. 1526 c.c., di indurre a far ritenere legittime le richieste creditorie di cui pretende l’ammissione al passivo secondo il medesimo schema richiamato dalla L. Fall., art. 72-quater, norma invece non applicabile al caso di specie per le ragioni sopra indicate.
2.1.2 Sotto diverso profilo, invece, le doglianze articolate in relazione all’affermato diritto risarcitorio discendente dall’inadempimento contrattuale dell’utilizzatore trascurano la ratio decidendi fondante il rigetto della relativa domanda di insinuazione al passivo: id est, la pronuncia di riduzione della pattuita penale (ex art. 1384 c.c.) per la ragione nel decreto specificamente indicata.
Ne’ sarebbe possibile l’applicazione del richiesto criterio differenziale tra valore di allocazione del bene immobile e credito maturato in linea capitale perché si tornerebbe ad una diretta applicazione della normativa di cui alla L. Fall., art. 74-quater.
3. Il terzo e quarto motivo – declinati come vizio di motivazione apparente e di violazione e falsa applicazione degli artt. 1346,1418,2704 c.c., nonché L. Fall., art. 67, in relazione al diniego del richiesto privilegio pignoratizio – rimangono necessariamente assorbiti dal rigetto dei primi due motivi.
4. Del pari assorbito è il ricorso incidentale condizionato; per volontà della parte espressamente condizionato all’accoglimento di uno o più motivi del ricorso principale.
5. Le spese dalle parti rispettivamente anticipate nel presente giudizio di legittimità sono da compensare integralmente alla luce dei mutamenti nella materia in esame degli orientamenti esegetici manifestati dalla giurisprudenza di legittimità e che hanno trovato composizione nella più volte citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte.
PQM
rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale condizionato; compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021
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