Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32018 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28919-2019 proposto da:

D.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BORMIDA N. 1, presso lo studio dell’avvocato MARCO RICCIONI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONELLA SCIPIONI;

– ricorrente –

contro

REGIONE ABRUZZO, ENTE PARCO REGIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

contro

PROVINCIA DI TERAMO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 414/2019 del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositata il 10/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 26/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

FATTI DI CAUSA

Nel 2014 D.C.A. convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Teramo, la Regione Abruzzo, la Provincia di Teramo e l’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti alla propria auto Opel Corsa tg. ***** a seguita del sinistro verificatosi il *****, allorché un capriolo adulto improvvisamente aveva attraversato la strada andando ad impattare contro l’autovettura di proprietà dell’attore e da questi condotta, mentre percorreva la *****, nei pressi della località ***** nella frazione di Intermesoli.

Si costituì l’Amministrazione Provinciale di Teramo, la quale eccepì preliminarmente il difetto di legittimazione passiva sostenendo che fosse legittimata, in base al quadro normativo in materia di fauna selvatica, la sola Regione Abruzzo e, nel merito, allegò l’insussistenza della propria responsabilità, che non sarebbe stata adeguatamente dimostrata dalli attore.

Si costituì anche la Regione Abruzzo, che eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva in favore della Provincia e dell’Ente Parco.

Si costituì in giudizio, infine, anche l’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Con sentenza n. 552/2014, depositata in data 22 dicembre 2014, il Giudice di pace di Teramo dispose l’estromissione dal giudizio della Provincia di Teramo e dell’Ente Parco, dichiarandone il difetto di legittimazione passiva.

Successivamente, con sentenza n. 290/2015, depositata in data 21 aprile 2015, quel medesimo giudice condannò la Regione Abruzzo al pagamento in favore dell’attore della complessiva somma di Euro 1.912,21, oltre interessi legali dalla data del sinistro al soddisfo, a titolo di risarcimento dei danni patiti dall’autovettura di proprietà del D.C., nonché alla refusione delle spese di lite in favore dell’attore.

Avverso le sentenze di primo grado la Regione Abruzzo propose impugnazione, chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, (…) in totale riforma della sentenza non definitiva n. 552/2014 – avverso la quale era stata tempestivamente formulata espressa riserva di appello – nonché della sentenza definitiva n. 290/2015 resa dal Giudice di Pace di Teramo in data 21.4.2015:

– (..) dichiarare il difetto di legittimazione passiva della Regione Abruzzo e/o rigettare la domanda svolta da controparte contro la Regione Abruzzo siccome infondata in fatto e diritto;

– in subordine, in denegata ipotesi e per mera cautela difensiva, ridurre nel quantum l’ammontare del danno liquidato della impugnata sentenza, in quanto manifestamente eccessivo.

Vinte le spese dei due gradi”.

A sostegno del gravame l’appellante dedusse l’erroneità e l’ingiustizia della decisione impugnata, sostenendo: a) il difetto di legittimazione passiva della Regione Abruzzo, per essere la competenza amministrativa in materia di protezione della fauna selvatica demandata alle Province territorialmente competenti, obbligate, pertanto, a risarcire il danno, mentre alle Regioni sarebbero residuate soltantoo funzioni di programmazione e coordinamento; b) il difetto di legittimazione passiva della Regione Abruzzo, essendo tenuto al risarcimento l’ente proprietario della strada (la Provincia di *****); c) l’erronea interpretazione e applicazione delle norme di legge in materia di responsabilità extracontrattuale, e segnatamente in tema di distribuzione dell’onere della prova, vista la mancata individuazione e prova dello specifico profilo di colpa imputabile all’Ente appellante, considerato anche che la manutenzione e la vigilanza sulla strada in cui si era verificato l’evento dannoso non erano di sua competenza. In subordine, l’appellante chiese la riduzione del quantum, ritenendo eccessiva la liquidazione del danno operata dal primo Giudice.

Si costituì l’Amministrazione Provinciale, rilevando l’avvenuto passaggio in giudicato del provvedimento che aveva disposto la sua estromissione dal giudizio e deducendo l’infondatezza dell’appello in base alla contestazione di tutt quanto dedotto dall’ente appellante in relazione al proprio difetto di legittimazione passiva.

Si costituì altresì D.C.A., il quale chiese il rigetto dell’appello, in rito, per mancata riserva di appello in ordine alla decisione di estromissione, per incompetenza territoriale e per carenza di specificità ai sensi dell’art. 342 c.p.c., nonché, nel merito, per l’infondatezza in fatto e in diritto delle tesi sostenute ex adverso, con vittoria di spese; propose, a sua volta, appello incidentale, domandando – in caso di fondatezza dell’appello principale – la condanna al risarcimento dei danni subiti della Provincia o dell’Ente Parco.

Il Tribunale di L’Aquila, con sentenza n. 414/2019, pubblicata il 10 giugno 2019, in riforma de la sentenza appellata, accolse l’appello principale e, per l’effetto, rigettò le domande proposte da D.C.A. nei confronti della Regione Abruzzo, rigettò l’appello incidentale proposto da D.C.A. e compensò integralmente fra le parti le spese dei due gradi del giudizio di merito.

Avverso la sentenza della Corte di merito il D.C. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi, cui hanno resistito la Regione Abruzzo e l’Ente Parco Regionale del Gran Sasso e Monti della Laga con un unico controricorso.

L’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo è così rubricato: “Violazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione agli artt. 327-340 c.p.c., e all’art. 129 disp. att.. Violazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione e falsa applicazione art. 2909 c.c., in relazione all’art. 324 c.p.c.; preclusione di giudicato”.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata anzitutto per aver la Corte di merito ritenuto erroneamente tempestivo l’appello della Regione Abruzzo avverso la decisione di condanna emessa nei suoi confronti sul rilievo che, non avendo la Regione Abruzzo proposto domande nei confronti della Provincia di Teramo e dell’Ente Parco, non avrebbe avuto interesse al gravame della sentenza di estromissione delle dette parti ed inoltre, anche nel giudizio di appello, la medesima Regione non aveva chiesto di riformare la decisione di estromissione ma di rimuovere la statuizione di condanna al risarcimento del danno emessa nei suoi confronti.

Ad avviso del ricorrente, “la violazione della regola processuale” avrebbe “costituito il necessaria presupposto per il successivo giudizio prognostico sulla legittimazione passiva affermata dal Tribunale in capo alla Provincia, con riforma anche sul punto della sentenza di primo grado”; sostiene il D.C. che la Regione Abruzzo ha chiesto in appello il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti e che l’interesse di detta parte al gravame avverso la sentenza di estromissione, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, emergerebbe dalla lettura della sentenza del Giudice di pace che non si sarebbe limitato a pronunciare l’estromissione dal giudizio di primo vado della Provincia di Teramo e dell’Ente Parco ma avrebbe pure affermato che la legittimazione; a resistere in un eventuale giudizio di risarcimento dei danni causati dalla fauna selvatica sarebbe “da riscontrarsi in capo alla Regione Abruzzo”.

Rappresenta il ricorrente di non limitarsi, con il motivo all’esame, a lamentare la mera violazione di una regola del processo, atteso che la violazione di tale regola gli avrebbe comportato un pregiudizio concreto, avendo poi il Tribunale rigettato la domanda proposta nei confronti della Regione Abruzzo. Tale statuizione sarebbe stata evitata nel caso in cui il Tribunale avesse ritenuto tardivo l’appello proposto dalla Regione avverso la sentenza n. 552/2014. Secondo il D.C. tale sentenza non sarebbe non definitiva, sicché non poteva essere oggetto di impugnazione differita e, in ogni caso, la riserva di impugnazione differita espressa dalla Regione Abruzzo dovrebbe ritenersi tardivamente formulata, in quanto espressa su foglio separato in data 6 febbraio 2075 non allegato al verbale di udienza né notificato alle parti costituite e comunque oltre la prima udienza successiva alla comunicazions della sentenza (27 dicembre 2014), costituita dall’udienza del 12 gennaio 2015, in cui nessuno era comparso per la Regione. Conseguentemente il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello per tardiva formulazione, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza n. 552/2014, con preclusione di ogni possibilità di ridiscutere la questione sulla legittimazione passiva della Regione Abruzzo, già risolta con efficacia di giudicato dalla sentenza appena richiamata.

1.1. La censura è inammissibile, in quanto non coglie appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata (v. p. 4 e p. 7), non soltanto con riferimento alla ritenuta definitività della prima sentenza del Giudice di pace nei soli confronti degli estromessi ma anche con riferimento alla distinzione tra legitimatio ad causam della Regione e l’effettiva titolarità passiva del rapporto controverso in capo alla stessa; inoltre, non viene riportato, nel mezzo all’esame, il tenore della comunicazione della prima sentenza del Giudice di pace richiamata a p. 13, comunicazione neppure specificamente indicata nell’elenco dei documenti prodotti di cui a p. 25 e 26 del ricorso, con difetto di specificità al riguardo.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “Violazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – violazione e falsa applicazione degli artt. 2052…2043 c.c. – violazione e falsa applicazione L. n. 157 del 1992”.

Il D.C. censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto non risarcibile il danno cagionato dalla fauna selvatica ai veicoli in circolazione in base alla presunzione di cui all’art. 2052 c.c., considerato inapplicabile per la natura stessa degli animali selvatici, ma solo alla stregua dei principi generali sanciti dall’art. 2043 c.c..

2.1. Il motivo proposto è fondato.

Con il recente indirizzo giurisprudenziale, puntualizzato dalle Sezioni Civili Terza e Sesta-3 di questa Corte con alcune pronunce emesse in giudizi risarcitori promossi proprio nei confronti della Regione Abruzzo ed al quale si intende dare continuità (v. Cass., Sez. 3, Sentenza 20/04/2020, n. 7969; Cass., Sez. 3, 29/04/2020, nn. 8384 e 8385; conf., successivamente: Cass., Sez. 3, ord., 6/07/2020, n. 13848; Cass., Sez. 6 – 3, ord., 2/10/2020, n. 20997; nonché, non massimate: Cass., Sez. 6 – 3, ord., 31/08/2020, n. 18085; Cass., Sez. 6 – 3, ord., 31/08/202D, n. 18087; Cass., Sez. 6 – 3, ord., 15/09/2020, n. 19101; Cass.,, Sez. 6 – 3, ord., 12/11/2020, n. 25466; Cass., Sez. 6 – 3, ord., 9/02/2021, n. 3023; V. anche Cass., Sez. 3, ord., 11/11/2020, n.:5280), sono stati affermati i seguenti principi di diritto:

“i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a giacché, da un lato, il criterio di imputazione previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema”;

“nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 c.c. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti; la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno”;

“in materia di danni da fauna selvatica a norma dell’art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure – concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema – di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi”;

A tali principi non risulta essersi attenuto il Tribunale di L’Aquila con la sentenza impugnata.

3. Alla luce di quanto sopra evidenziato, va dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso e va, invece, accolto, il secondo motivo; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di l’Aquila, in persona di diverso magistrato.

4. Stante l’accoglimento, sia pure parziale, del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso e accoglie il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di l’Aquila, in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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