Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32206 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25320/2019 R.G. proposto da S.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Margherita Faraglia ed Ezio Colaiacovo, con domicilio eletto in Roma, via di Torrenova, n. 165 (Studio Aureli), presso l’Avv. Mariangela Petrilli;

– ricorrente –

contro

Generali Italia S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Bafile, con domicilio eletto in Roma, Via Conca d’Oro n. 300, presso lo studio dell’Avv. Giovanni Bafile;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

UnipolSai Assicurazioni S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Pierclaudio Cieri;

– controricorrente –

e contro

Comune di Roccacasale, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonietta Pace, con domicilio eletto in Roma, Via XX Settembre, n. 3, presso lo studio dell’Avv. Donatella Rossi;

– controricorrente –

e contro

G.D., rappresentato e difeso dall’Avv. Andrea Lucci;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 687/2019, depositata il 15 aprile 2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 maggio 2021 dal Consigliere Dott. Iannello Emilio.

FATTI DI CAUSA

1. S.A. convenne in giudizio avanti il Tribunale di Sulmona G.D., quale titolare dell’omonima impresa di costruzioni, e il Comune di Roccacasale per sentirli dichiarare responsabili dei danni subiti in conseguenza di lavori – dal comune appaltati al G. -di realizzazione della rete idrica e fognaria, con successiva pavimentazione stradale della *****.

Dedusse che: a seguito dell’opera, nel locale commerciale da lei condotto in locazione su detta via cominciarono a manifestarsi, già nel 2001, infiltrazioni di acqua e, quindi, distacco di pezzi di intonaco dal solaio e dalle pareti; nonostante sopralluoghi e ritinteggiamenti dei locali le cause non erano state rimosse, sino a che la Asl di Sulmona il 25 gennaio 2007 aveva disposto la chiusura del locale per riscontrate carenze igienico-sanitarie.

Chiese pertanto la condanna dei predetti al risarcimento dei danni derivati da tale forzata chiusura, dalla perdita di avviamento commerciale e dalla diminuzione delle entrate nel periodo compreso tra il 2001 e il 2006.

2. Esteso il contraddittorio nei confronti di Generali Assicurazioni S.p.a. e Unipolsai Ass.ni S.p.a., chiamate in causa rispettivamente dal G. e dal comune, il tribunale pronunciò sentenza con la quale accolse la domanda risarcitoria nei confronti di entrambi i convenuti ed accolse altresì le domande di manleva da questi proposte nei confronti delle rispettive compagnie assicuratrici.

3. Tale decisione venne impugnata da queste ultime (da Generali Italia S.p.a. con appello principale, da UnipolSai con appello incidentale) con riferimento al rapporto di garanzia nei confronti dei rispettivi assicurati e, con altro appello incidentale, dal Comune di Roccasale, in relazione alla affermata sua responsabilità solidale.

Ne’ la S. né il G. proposero invece gravame.

4. Con sentenza n. 687/2019, depositata il 15 aprile 2019, la Corte d’appello di L’Aquila ha rigettato l’appello principale di Generali e accolto entrambi gli appelli incidentali, conseguentemente rigettando, in parziale riforma della decisione di primo grado, sia la domanda risarcitoria della S. nei confronti del Comune, sia la domanda di garanzia da quest’ultimo proposta nei confronti di UnipolSai.

4.1. Quanto alla riproposta eccezione di inoperatività della copertura assicurativa di Generali, per essere stata la polizza stipulata nel 2004, successivamente al fatto causativo del danno, ha infatti osservato che, in realtà, il fatto dannoso doveva farsi risalire ad epoca successiva a detta stipula.

4.2. Con riferimento poi all’appello del comune ha ritenuto costituire ragione più liquida, idonea a condurre al suo accoglimento, il rilievo secondo cui, posto che la chiusura dell’esercizio era stata resa necessaria dalla progressiva incidenza delle infiltrazioni sulla salubrità del locale, fu la stessa S. ad opporsi ai lavori, proposti dal Comune, di ripristino della stuccatura e della tinteggiatura, e che tale condotta, seppur ispirata dalla volontà di far rimuovere definitivamente le cause delle infiltrazioni mediante il rifacimento della pavimentazione, andava considerata causa esclusiva della chiusura del locale.

5. Avverso tale decisione Anne S. propone ricorso per cassazione con due mezzi, cui resistono tutti gli intimati depositando controricorsi; Generali Italia propone ricorso incidentale affidato ad unico motivo.

Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Generali Italia S.p.a. ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo S.A. denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c..

Lamenta che la corte d’appello ha fatto malgoverno delle regole sull’onere della prova, avendo apoditticamente escluso che la chiusura del locale e la cessazione dell’attività da parte della ricorrente siano dipese dagli eventi descritti, e altrettanto apoditticamente, ha attribuito alla S. una inesistente responsabilità per non avere aderito alla richiesta del Comune, formulata con la missiva del 26/7/2006, di acconsentire alla tinteggiatura e spicconatura dell’intonaco.

Sostiene che tale giudizio è in aperto contrasto con i risultati delle prove acquisite al processo, da cui risulta che la ricorrente non ha permesso gli interventi riparatori poiché la causa delle infiltrazioni, quando ha deciso di cessare la sua attività, non era stata ancora rimossa, di guisa che tali interventi sarebbero stati del tutto inutili.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, nullità della sentenza perché solo apparentemente motivata, in violazione degli artt. 116 e 132 c.p.c..

Rileva che, contraddittoriamente, la corte d’appello, da una parte, ha escluso l’obbligazione risarcitoria del comune nei confronti della ricorrente, ritenendo la ricorrente responsabile della chiusura del locale per avere assunto l’atteggiamento descritto nella impugnata sentenza; dall’altra ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che la causa dei danni al locale fosse da individuare nella cattiva realizzazione dell’antistante scalinata.

Lamenta inoltre che i giudici d’appello non hanno esaminato il verbale di sopralluogo eseguito il 30 novembre 2001 nel quale essa si era riservata di attendere le conseguenze dell’allora prossimo inverno, per verificare se la causa delle infiltrazioni, dopo l’intervento eseguito dalla impresa appaltatrice, fosse stata effettivamente rimossa, né hanno tenuto presente la falsificazione apportata a quel verbale nella parte in cui, al posto di “ci si riserva”, figurava scritto “non si riserva”.

3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale Generali Italia S.p.a. denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 1917 c.c..

Deduce che erroneamente la corte abbruzzese ha identificato il “fatto”, ossia la condotta dell’assicurato (nel caso di specie, i lavori eseguiti dalla G. nel 2001 sulla *****), con l'”evento dannoso”, ossia con la manifestazione dei danni conseguiti al “fatto” e ha quindi ritenuto che il manifestarsi di un danno a distanza di cinque anni dal fatto generatore dello stesso (“… l’infiltrazione riscontrata nel sopralluogo del 9.11.2005”), risultata provenire, per concorde dichiarazione delle parti, da *****, ove l’impresa aveva realizzato i lavori di pavimentazione (nel 2001), rendesse il danno “coperto dalla garanzia assicurativa ripassata nel 2004” (così testualmente in ricorso).

4. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile.

Esso si risolve, infatti, in una censura meramente oppositiva in ordine alla ricognizione del fatto e non è riconducibile ad alcuno dei vizi tipizzati dall’art. 360 c.p.c..

Si richiede in sostanza una mera rivalutazione delle prove, peraltro richiamate con patente inosservanza dell’onere di specifica indicazione dettato dall’art. 366 c.p.c., n. 6.

Palesemente incongruente il riferimento, in rubrica, quali norme asseritamente violate, all’art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c..

Il ricorrente si duole dell’esito, a lui sfavorevole, della valutazione degli elementi acquisiti al giudizio, come operata dalla corte territoriale.

A tale prospettazione censoria sono però certamente estranee le norme suddette, pertinenti (in astratto) solo ove si fosse dedotto che il giudice ha disatteso il principio della libera valutazione delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista, oppure, al contrario, che ha valutato secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime ed, ancora, quanto all’art. 2697 c.c., se si fosse dedotto che il giudice ha risolto l’eventuale incertezza probatoria a scapito della parte che non era gravata del relativo onere.

5. Anche il secondo motivo è inammissibile, con riferimento a tutti i profili dedotti.

5.1. Anzitutto là dove lamenta la mancata considerazione della dedotta falsificazione del verbale di sopralluogo del 30/11/2001, dovendosi al riguardo osservare, a parte l’eccentricità del riferimento all’art. 116 c.p.c. per i motivi già sopra detti, che: l’asserita falsificazione di un documento non è un dato di fatto, tanto meno accertato in sentenza, ma una mera tesi difensiva che avrebbe dovuto essere fatta valere tramite querela di falso, che non risulta sia stata proposta in prima grado, nemmeno constando se la questione sia stata eventualmente e come sollevata in appello; non è comunque spiegata, peraltro, né ravvisabile, l’incidenza della asserita falsificazione sulle ragioni della decisione.

5.2. Il motivo è ancora inammissibile là dove deduce l’intrinseca contraddittorietà della motivazione.

La corte d’appello giustifica la decisione di riformare la sentenza impugnata solo per la parte riguardante il comune (assolto dalla domanda risarcitoria), e non anche con riferimento ai coobbligati solidali, sebbene le ragioni del rigetto della domanda risarcitoria avrebbero dovuto condurre ad analoga decisione anche in favore di questi ultimi, rilevando che le parti interessate all’appello incidentale del comune, “ossia la S. e l’impresa G., nulla hanno argomentato al riguardo e nemmeno UnipolSai che pur poteva aderire a siffatte doglianze” (v. sentenza, pag. 7, primo cpv.).

Con tale motivazione la ricorrente omette del tutto di confrontarsi, risultando pertanto la doglianza inconferente e inidonea a soddisfare il requisito di specificità dettato dall’art. 366 c.p.c., n. 4.

6. E’ inammissibile anche l’unico motivo posto a fondamento del ricorso incidentale di Generali Italia S.p.a..

Postula infatti un accertamento fattuale diverso da quello contenuto in sentenza: questa invero ha accertato che, diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente incidentale, il fatto dannoso ad origine della responsabilità dell’assicurato “non è lo stesso del 2001, all’epoca rimediato con soddisfazione reciproca, anche perché dall’espletata c.t.u. sui danni al locale non risulta che le infiltrazioni del 2005 fossero le stesse del 2001”.

7. Sia il ricorso principale che quello incidentale vanno pertanto dichiarati inammissibili.

Il regolamento delle spese segue il principio di soccombenza. La ricorrente va dunque condannata alla rifusione delle spese nei confronti del Comune di Roccasale e di UnipolSai Ass.ni S.p.a.; Generali Italia S.p.a. va invece condannata alla rifusione delle spese nei confronti del controricorrente G.D..

Tra tutte le altre parti le spese vanno compensate, in quanto non toccate dai motivi di ricorso.

8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, principali e incidentali, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore dei controricorrenti Comune di Roccasale e UnipolSai Ass.ni S.p.a., delle spese processuali, che liquida, per ciascuna, in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Condanna Generali Italia S.p.a. al pagamento, in favore del controricorrente G.D., delle spese processuali, che liquida in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Compensa le spese tra le altre parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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