LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28160/2019 R.G. proposto da:
P.G., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Alessandro Brozzi e Marco Borrani;
– ricorrente –
contro
Soc. Cattolica di Assicurazione Società Cooperativa (incorporante per fusione di Fata Assicurazioni Danni S.p.a.), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pierfilippo Coletti e Stefania Coletti, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Roma, Viale delle Milizie, n. 38;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 962/2019, depositata in data 11 febbraio 2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 maggio 2021 dal Consigliere Dott. Iannello Emilio.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 6035/2015 il Tribunale di Roma rigettò la domanda di P.G. volta a ottenere la condanna della Fata Assicurazioni Danni S.p.a. al pagamento dell’indennizzo assicurativo per il furto di una macchina operatrice subito nel febbraio-marzo 2009.
In accoglimento dell’eccezione opposta dalla convenuta ritenne infatti prescritto il relativo diritto rilevando che, a fronte dell’atto introduttivo, notificato in data 24/2/2012, l’unico valido atto interruttivo della prescrizione era la richiesta di indennizzo del 12/10/2009, con la conseguenza che era decorso il termine biennale di cui all’art. 2952 c.c., comma 2.
2. Il gravame interposto dal P. è stato rigettato dalla Corte d’appello di Roma sul triplice testuale rilievo che:
– “a prescindere dall’ammissibilità di nuovi documenti, in atti è stata depositata solo la fotocopia della ricevuta di spedizione di una raccomandata n. *****, che sarebbe stata inviata alla Fata in data 23/3/2010”;
– tale ricevuta e’, però, “totalmente difforme da quella depositata dall’attore nel giudizio di primo grado, che risulta totalmente in bianco e reca solo il timbro dell’Avv. Domenico Colomba, asseritamente riguardante una raccomandata inviata (dallo stesso) alla Fata il 23/3/2010 ma mai prodotta”;
– “in ogni caso detto documento, di cui la Fata ha chiesto lo stralcio, è del tutto ininfluente ai fini della decisione, in quanto non ha alcuna valenza di atto interruttivo della prescrizione non facendo nessun riferimento alla questione per cui è causa e mancando agli atti la lettera alla quale dovrebbe riferirsi la raccomandata”.
5. Avverso tale decisione P.G. propone ricorso per cassazione con unico mezzo, cui resiste la Soc. Cattolica di Assicurazione Società Cooperativa (incorporante per fusione di Fata Assicurazioni Danni S.p.a.), depositando controricorso.
Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia “nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e correlata erronea applicazione dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto con l’art. 2852 c.c.” (così testualmente nell’intestazione).
Rileva che, contraddittoriamente, la sentenza impugnata, da un lato, a pag. 2, nella parte dedicata allo “Svolgimento del processo”, dà atto della allegazione, in appello, dell’originale di una raccomandata inviata dal precedente procuratore, dall’altro, a pag. 4, tra i “Motivi della decisione”, afferma che “in atti è stata depositata solo la fotocopia della ricevuta di spedizione di una raccomandata n. ***** che sarebbe stata inviata alla FATA in data 23.3.2010”.
Evidenzia, inoltre, che sia la fotocopia della ricevuta di spedizione prodotta in appello, sia quella depositata in primo grado, contengono lo stesso numero di serie.
2. Il motivo è inammissibile.
2.1. Anzitutto per l’inosservanza dell’onere di specifica indicazione dei documenti richiamati.
Il ricorrente si limita invero a richiamare la “raccomandata” e la ricevuta di spedizione che sarebbero state prodotte in appello, senza neppure specificare, quanto al primo documento, se intende riferirsi alla busta postale o al suo contenuto o ad entrambi, il termine semanticamente e nell’uso corrente potendo avere entrambi i significati e senza, tanto meno, debitamente riprodurne il contenuto nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale i documenti risultino prodotti, laddove è al riguardo necessario che si provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta alla Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass. 16/03/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (v. Cass. 09/04/2013, n. 8569; 06/11/2012, n. 19157; 16/03/2012, n. 4220; 23/03/2010, n. 6937; ma v. già, con riferimento al regime processuale anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, Cass. 25/05/2007, n. 12239), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass. Sez. U 19/04/2016, n. 7701; Sez. U. 23/09/2019, n. 23553).
2.2. La censura peraltro si appalesa aspecifica.
Rimane invero non investita di specifica critica l’affermazione – di rilievo centrale nella motivazione della sentenza impugnata -secondo cui, al di là della dubbia leggibilità della fotocopia della ricevuta di spedizione della raccomandata, la stessa di per sé risulta “del tutto ininfluente ai fini della decisione… non facendo alcun riferimento alla questione per cui è causa e mancando agli atti la lettera alla quale dovrebbe riferirsi”.
Essa in buona sostanza rimarca l’impossibilità di collegare detta ricevuta di spedizione ad una lettera contenente la richiesta di indennizzo con efficacia interruttiva.
Il che rende ininfluente, quand’anche ravvisabile, la dedotta incoerenza tra quel che è detto nella prima parte della sentenza (circa la produzione, in appello, dell’originale di una raccomandata inviata, fermo quanto sopra evidenziato circa la genericità di una tale allegazione) e quel che è poi affermato nella parte motiva (circa la produzione della sola fotocopia della ricevuta di spedizione).
2.3. Senza dire della non decisività degli argomenti censori spesi dal momento che la sola prova (che secondo la tesi del ricorrente avrebbe dovuto ritenersi acquisita) di un collegamento tra la ricevuta di spedizione di raccomandata prodotta in atti con una lettera effettivamente contenente richiesta di indennizzo, non varrebbe comunque ancora a dimostrare l’effettiva ricezione della stessa da parte del destinatario: prova invece necessaria per ritenere effettivamente prodotto l’effetto interruttivo, trattandosi di atto unilaterale recettizio (cfr. ex multis Cass. ord. n. 12658 del 23/05/2018).
3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021