LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8327/2016 proposto da:
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LORELLA FRASCONA’, e LOREDANA DI SALVO, che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA PIGNATELLI 292, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO COTARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE BIAMONTE;
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA E.TR. S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1295/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 26/11/2015 R.G.N. 1834/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 26.11.2015, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato prescritto il credito per premi non pagati richiesti dall’INAIL a L.S. a mezzo di intimazione di pagamento successiva a cartella esattoriale non tempestivamente opposta;
che avverso tale pronuncia l’INAIL ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;
che L.S. ha resistito con controricorso;
che la società concessionaria dei servizi di riscossione è rimasta intimata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2953 c.c. e L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, per avere la Corte di merito ritenuto che la mancata tempestiva opposizione a cartella esattoriale non comportasse l’applicazione del più lungo termine prescrizionale decennale di cui all’art. 2953 c.c., ai crediti per contributi e premi;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9 e art. 2943 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’inidoneità ad interrompere la prescrizione del certificato di variazione a suo tempo comunicato all’odierno controricorrente;
che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9 e art. 2944 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che i pagamenti medio tempore effettuati dall’odierno controricorrente non avessero valore di riconoscimento del maggior debito fatto valere mediante l’iscrizione a ruolo;
che il primo motivo è infondato, dovendo darsi continuità al principio secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., di talché, ove per i crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria (come prevede la L. n. 335 del 1995, art. 3, per i contributi e i premi dovuti agli istituti di previdenza e assistenza), il relativo termine continua a trovare applicazione anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, salvo che ci si trovi in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Cass. S.U. n. 23397 del 2016, cui hanno dato seguito, tra le tante, Cass. nn. 11800 e 31352 del 2018);
che il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione delle modalità di proposizione delle censure, e sono inammissibili, facendo riferimento ad atti e documenti (certificato di variazione INAIL, pagamenti spontaneamente effettuati dall’odierno controricorrente) che non sono trascritti, nemmeno nella parte necessaria a dare alla censura un non opinabile fondamento fattuale, in spregio al disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 4;
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021
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