LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26259-2015 proposto da:
REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente e legale rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO n. 12, presso lo studio dell’avvocato GRAZIANO PUNGI’, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMILIANO MANNA;
– ricorrente –
contro
M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA n. 2, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA BUCCELLATO, (Studio Legale Aiello Pastore America), rappresentato e difeso dall’avvocato NATALINA RAFFAELLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 606/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 22/06/2015 R.G.N. 699/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.
RILEVATO
CHE:
1. La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 22 giugno 2015, confermava la sentenza del Tribunale della stesa sede, che aveva accolto la domanda proposta da M.D., dipendente della Regione Calabria, per il ricalcolo della indennità supplementare prevista dalla L.R. CALABRIA n. 8 del 2005 per l’adesione del dipendente alla proposta di esodo anticipato, con l’inclusione del rateo della tredicesima mensilità nella retribuzione mensile posta a base del computo.
2. La Corte territoriale osservava che la norma di interpretazione autentica (L.R. n. 15 del 2008, art. 44, comma 2), con la quale la tredicesima era stata espunta dal computo dell’indennità supplementare, era stata dichiarata illegittima con sentenza n. 271/2011 dalla Corte Costituzionale, che aveva evidenziato come la norma aveva realizzato, con efficacia retroattiva, una sostanziale modifica della normativa precedente, in violazione dell’art. 3 Cost., incidendo in modo irragionevole sul legittimo affidamento nella sicurezza giuridica.
3. Tanto premesso, riteneva infondata la tesi della Regione, secondo cui la clausola contenuta nell’art. 5 del contratto di risoluzione del rapporto di lavoro, conteneva a livello individuale la pattuizione di non includere nella base di calcolo il rateo della tredicesima mensilità. Osservava che la clausola conteneva un duplice rinvio: alla L.R. n. 8 del 2005, art. 6 ed alla Delib. Giunta Regionale n. 532 del 2005, dichiarando che la quantificazione dell’incentivo effettuata nella scheda di calcolo sub allegato “A” era effettuata applicando i criteri indicati in detta delibera. L’allegato “A” si limitava a riportare il dato della retribuzione mensile alla data di risoluzione del rapporto di lavoro ed ad elaborare il calcolo dell’indennità, senza specificare le voci retributive considerate.
4. Dalla genericità del conteggio derivava l’impossibilità di attribuire alla sottoscrizione dell’accordo l’accettazione da parte del lavoratore di un incentivo inferiore rispetto a quello dovuto sulla base delle disposizioni richiamate dalla stessa clausola contrattuale.
5. La diversa interpretazione della clausola proposta dalla difesa della Regione oltre a porsi in aperta contraddizione con il senso letterale delle parole usate (che richiamavano la L.R. n. 8 del 2005, art. 7 ed il punto 11 della Delib. Giunta n. 532 del 2005) era contraria alla interpretazione del contratto secondo buona fede, stante la inerenza della 13 mensilità alla nozione di stipendio tabellare, indicata negli atti richiamati per il calcolo dell’incentivo.
6. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la REGIONE CALABRIA, sulla base di quattro motivi di censura; ha resistito con controricorso M.D., illustrato mediante memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo la REGIONE ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo che dalla clausola 5 del negozio di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro si desumerebbe che le parti abbiano voluto rimandare alla L.R. n. 8 del 2005, art. 7 esclusivamente per quantificare il numero di mensilità retributive mentre al fine di determinare l’importo della singola mensilità da porre a base del calcolo era stata richiamata la retribuzione liquidata nella scheda di calcolo allegata al contratto, che non comprendeva la tredicesima mensilità. Le parti avevano indicato l’importo complessivo della indennità supplementare, rinviando alle modalità di cui al punto 11 della Delib. Giunta n. 532 del 2005 per il solo calcolo.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – assumendo che la fonte del diritto di credito del lavoratore era costituita dall’accordo sottoscritto dalle parti, dal quale si evinceva con chiarezza l’esclusione del rateo di 13a mensilità dal computo dell’incentivo all’esodo, sicché null’altro il dipendente poteva pretendere dalla Regione.
3. Con la terza censura viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1322 c.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – lamentandosi, in via gradata, la mancata considerazione della accettazione senza riserve da parte del lavoratore della risoluzione anticipata del rapporto di lavoro in cambio del pagamento della somma di denaro prevista in contratto, dettagliatamente indicata in una scheda di calcolo allegata al contratto e sottoscritta per accettazione.
4.Con il quarto motivo la REGIONE CALABRIA ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi e della L. Cost. n. 87 del 1953, art. 30 – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – lamentando la erronea applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 271 del 2011 ad un rapporto giuridico esaurito.
5. Il ricorso è infondato.
6. Questa Corte si è già ripetutamente pronunciata sulla questione di causa, a partire dalla sentenza n. 1748/2017 (ex plurimis, Cass. 7 luglio 2020 n. 14084 e giurisprudenza ivi citata) ed ha ritenuto infondati ricorsi sovrapponibili, nell’impianto motivazionale della sentenza impugnata e nelle censure, a quello in trattazione (Cass. 5 giugno 2018 n. 14350).
7. Come già evidenziato nella richiamata sentenza n. 14350/2018, le cui motivazioni sono in questa sede condivise, l’interpretazione del contratto di risoluzione consensuale accolta nella sentenza impugnata – (secondo cui il fatto che detto contratto non prevedesse espressamente nella base di calcolo dell’indennità supplementare il computo del rateo della 13a mensilità non indica una volontà di rinuncia a detto diritto) – è immune dalle censure mosse con il primo motivo di ricorso.
8. L’art. 5 di detto contratto non prevede direttamente la esclusione o inclusione nel computo dell’indennità supplementare del rateo di tredicesima mensilità ma rimanda a quanto dispone la L.R. n. 8 del 2005, art. 7 da interpretare – secondo la giurisprudenza di questa Corte già richiamata e le indicazioni espresse dal giudice costituzionale nella sentenza n. 271/2011 (dichiarativa della illegittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica di cui alla L.R. n. 15 del 2008, art. 44)- nel senso dell’inclusione nella “retribuzione lorda” mensile costituente base di calcolo della indennità supplementare del rateo di tredicesima mensilità. Si è altresì evidenziato che quest’ultimo è strettamente inerente anche alla nozione di “stipendio tabellare” indicata nella Delib. giunta regionale n. 532 del 2005, egualmente richiamata dall’art. 5 del contratto oggetto di interpretazione.
9. Non depone in senso diverso la mancata inclusione del rateo di tredicesima mensilità nel calcolo della indennità operato nella scheda contabile allegata al contratto, in quanto trattasi di un mero schema di computo, al quale, come correttamente osservato nella sentenza impugnata, non è collegabile, in mancanza di una specifica dichiarazione in tal senso, una volontà abdicativa del diritto.
10. il secondo e il terzo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente in ragione dell’intima connessione, sono infondati. La quietanza a saldo sottoscritta dal lavoratore, che contenga una dichiarazione di rinuncia a maggiori somme riferita, in termini generici, ad una serie di titoli relativi a pretese in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, può assumere il valore di rinuncia o di transazione, che il lavoratore ha l’onere di impugnare nel termine di cui all’art. 2113 c.c., solo alla condizione che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili “aliunde”, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati o obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi, ciò che il giudice dell’appello, con accertamento di fatto, ha escluso (cfr. sul punto da ultimo Cass. 24/01/2017 n. 1748).
11. Quanto all’ultimo motivo, concernente la dedotta inidoneità della pronuncia di illegittimità costituzionale ad incidere su un rapporto già esaurito, nelle pronunce già rese da questa Corte su analoghe ragioni di censura si è chiarito che non si è in presenza di un rapporto esaurito, atteso che la sentenza di incostituzionalità della norma di interpretazione autentica è intervenuta nelle more del giudizio, avente ad oggetto la determinazione dei criteri di quantificazione della indennità incentivante.
12. Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto.
13. Le spese seguono la soccombenza.
14. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, con attribuzione al difensore.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021
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