Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32878 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22206-2020 proposto da:

P.V., P.R., P.A., in proprio e quali eredi del sig. P.M., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO BASCETTA;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA SPA *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO SANTORO;

– controricorrente –

averso la sentenza n. 5715/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/11/2019;

udita la relazione della causa nella camera di consiglio non partecipa del 10/06/2021 del Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI MARCO.

RILEVATO

che:

con sentenza resa in data 25/11/2019, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta, tra gli altri, da P.R., P.A. e P.V., per la condanna della Generali Italia s.p.a., quale impresa designata per il fondo di garanzia delle vittime della strada, al risarcimento dei danni asseritamente subiti dagli attori, in proprio e quali eredi di P.M., a seguito del decesso di quest’ultimo verificatosi in conseguenza di un sinistro stradale riconducibile all’integrale responsabilità di un autoveicolo rimasto ignoto;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come il primo giudice avesse correttamente affermato la mancata acquisizione di alcuna prova certa in ordine all’effettiva verificazione del sinistro stradale così come dedotto dagli originari attori, con la conseguente impossibilità di imputare a un preteso autoveicolo rimasto ignoto la responsabilità del sinistro in esame;

avverso la sentenza d’appello P.R., P.A. e P.V., in proprio e quali eredi di P.M., propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

la Generali Italia s.p.a. resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di impugnazione proposto, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.; per errore di fatto, difetto di motivazione, nonché per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale omesso di esaminare la prova documentale rappresentata dalla richiesta di archiviazione e dal successivo corrispondente provvedimento del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli, in relazione al procedimento contro ignoti avviato a seguito del decesso di P.M., ed attestanti l’avvenuto accertamento, con altissima probabilità, che il decesso del P. avvenne a seguito del tamponamento del proprio motoveicolo da parte di un autoveicolo rimasto ignoto;

il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6;

osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione (nella sua consacrazione normativa di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6), la Suprema Corte dev’essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010, Rv. 614538 e successive conformi);

e’ appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, hanno ribadito come, nel denunciare eventuali omissioni rilevabili dalla motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente deve indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. per tutte, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831);

più di recente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito il principio in forza del quale, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, là dove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019, Rv. 656488 – 01);

nella violazione dei principi sin qui rassegnati devono ritenersi incorsi i ricorrente con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che gli stessi, nel dolersi del mancato esame, da parte del giudice d’appello, della documentazione processuale menzionata in ricorso, hanno tuttavia totalmente omesso di precisarne l’esatta collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la relativa acquisizione o produzione nel giudizio di legittimità, con ciò precludendo a questa Corte la possibilità di apprezzare la concludenza delle censure formulate al fine di giudicare la fondatezza del motivo d’impugnazione proposto;

varrà peraltro rilevare come la richiesta di archiviazione e il corrispondente provvedimento del giudice delle indagini preliminari, formatisi nel quadro del procedimento penale a carico di ignoti (e menzionati in ricorso dagli odierni ricorrenti), oltre ad essere privi di alcuna efficacia vincolante nell’odierno giudizio civile, risultano solo genericamente motivati con riferimento ad elementi di valutazione istruttoria del tutto estranei all’odierno giudizio, e richiamati senza alcuna ulteriore articolazione argomentativa a sostegno delle conclusioni ivi raggiunte, sì da escludere che gli stessi possono assurgere, di per sé, a elementi di fatto effettivamente decisivi ai fini della risoluzione dell’odierna controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (ossia tali che, se esaminati, avrebbero determinato un esito sicuramente diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01);

sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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