Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33089 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margerita Maria – rel. Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. BORGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31881-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO;

– ricorrente –

contro

U.A., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO BISCARDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 259/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 18/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Presidente Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

che:

La Corte di appello di L’Aquila con la sentenza n. 259/2019 aveva ritenuto estinto per intervenuta prescrizione il credito contributivo per l’anno 2009 relativo alla mancata iscrizione presso la Gestione separata Inps di U.A.. La Corte territoriale aveva infatti valutato, per quel che in questa sede rileva, che tra la data di scadenza del debito in questione (16 giugno 2010) e la richiesta di pagamento da parte dell’Inps avvenuta il 30 giugno 2015 si fosse consumato il termine di prescrizione non interrotto da alcun atto a ciò qualificato.

Avverso tale decisione l’Inps proponeva ricorso affidato ad un solo motivo, anche coltivato con successiva memoria, cui resisteva con controricorso U.A..

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

1) Con unico motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 2941 c.c., n. 8, in relazione al L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e della L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver, la corte territoriale, valutato l’eccezione sollevata in sede di ricorso in appello circa l’omessa compilazione del quadro RR, necessario per la determinazione dei contributi dovuti, e dunque non aver valutato il comportamento doloso della U. ai fini della sospensione della prescrizione.

Il motivo di ricorso si arresta ad un rilievo di inammissibilità, per difetto di specificità;

se è vero, infatti, che la questione della sospensione della prescrizione configura una questio iuris, come tale, rilevabile d’ufficio (Cass. n. 21929 del 2009; Cass. n. 19567 del 2016), nondimeno il generale potere-dovere di rilievo d’ufficio delle eccezioni, facente capo al Giudice (che si traduce nell’attribuzione di rilevanza, ai fini della decisione di merito, a determinati fatti) richiede pur sempre che detti fatti, modificativi, impeditivi o estintivi, risultino legittimamente acquisiti al processo e provati (v. Cass. n. 20317 del 2019; Cass. n. 27405 del 2018);

nella sentenza impugnata, non è affrontata la questione relativa alla sospensione della prescrizione e l’INPS, che pure deduce la circostanza, non dimostra la produzione, agli atti del giudizio di merito, della dichiarazione dei redditi del professionista. In ogni caso, nel ricorso in cassazione, l’Istituto non trascrive il documento (in relazione agli oneri di specificazione e deduzione richiesti in analoghe fattispecie, v. Cass. nn. 8450, 10631, 10632 del 2021);

giova ribadire, in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte, che il ricorso per cassazione, in ragione del principio di specificità, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 11603 del 2018; Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

sotto diverso profilo, l’INPS formula le censure in termini di violazione di legge; l’accertamento di un comportamento occulto configura, invece, una questione di fatto, come affermato dalla stessa ordinanza n. 6677 del 2019, “dovendosi escludere che possa stabilirsi un automatismo, come sembra pretendere l’Istituto, tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo” (in motivazione, Cass. n. 7254 del 2021).

Per le esposte ragioni il ricorso deve essere rigettato.

le spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 1.500,00 a titolo di compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre a spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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