LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12828-2020 proposto da:
N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL RISORGIMENTO, 36, presso lo studio dell’avvocato ANDREA COLINI, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO ALLU’;
– ricorrente –
contro
CONSORZIO DI BONIFICA N. 8 DI RAGUSA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE N. 140, presso lo studio dell’avvocato LUCA TROIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato GUGLIELMO RUSTICO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 933/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 04/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
che:
1. La Corte di appello di Catania con sentenza n. 933 del 4.10.2019, decidendo sul gravame proposto dal Consorzio di Bonifica n. 8 di Ragusa avverso la sentenza del Tribunale di quella stessa città e in riforma della pronuncia di prime cure, ha respinto la domanda di N.G. proposta per la conversione in contratto a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, da ritenersi illegittimi, intercorsi da marzo 2001 a dicembre 2012 (ventuno in tutto);
2. la Corte territoriale, richiamato l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione e ricostruito altresì il succedersi delle leggi regionali, ha concluso che la L.R. n. 76 del 1995, laddove ha autorizzato i consorzi di bonifica a ricorrere alle assunzioni a tempo determinato non si poneva in contrasto con il divieto di assunzioni a tempo indeterminato dettato dalla L.R. n. 45 del 1995, art. 32, limitandosi a prorogare nel tempo l’utilizzo di forme di lavoro flessibile; ha, inoltre, respinto la domanda risarcitoria in quanto dedotta unicamente in connessione con la conversione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con insussistenza di una domanda risarcitoria avanzata ai sensi dell’art. 1218 c.c., per ricorso abusivo al lavoro flessibile;
3. avverso detta Statuizione il N. propone ricorso affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, al quale resiste il Consorzio con controricorso;
4. veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1, 4 e 5, della L.R. n. 12 del 1991, art. 1, comma 1 bis, della L.R. n. 45 del 1995, art. 32, per aver erroneamente, la Corte territoriale, escluso la reintegrazione nel posto di lavoro a fronte della accertata (in primo grado) illegittimità dei contratti di lavoro a tempo determinato, in contrasto con quanto sancito dalle Sezioni Unite n. 4685 del 2015 e delle numerose pronunce della Sezione semplice (sentenze nn. 31522 del 2018 e 157 del 2019), considerata la natura di ente pubblico economico dei Consorzi, sottratti dall’applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5, e la legislazione regionale successiva alla L.R. n. 45 del 1995;
2. con i motivi dal secondo al quinto si denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, art. 1218 c.c., del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5, nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, per aver erroneamente, la Corte territoriale, escluso il risarcimento del danno nonostante il pregiudizio provocato dal Consorzio per l’assunzione effettuata in violazione delle disposizioni imperative di legge sui contratti a termine (come sancito dalle Sezioni Unite n. 5072 del 2016 che ha previsto l’applicazione analogica della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5), avendo il lavoratore avanzato domanda di risarcimento del danno laddove ha lamentato la “successione dei contratti a termine applicati al lavoratore…le modalità di assunzione e di proroga indefinita dell’attività lavorativa” (pag. 2 del ricorso) e l’illegittimità della proroga (pag. 10 del ricorso);
3. il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato;
3.1. pur volendo tralasciare i profili di inammissibilità dovuti alla carenza di specificità delle censure (in quanto il dissenso che la parte intende marcare nei riguardi della decisione impugnata è formulato in termini generici, senza specifico riferimento alla sentenza della Corte territoriale, e tale, quindi, da non integrare una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l’adozione), questa Corte ha chiarito, con sentenza 9 gennaio 2019, n. 274 (alla cui motivazione si fa rinvio anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.), con specifico riferimento ai Consorzi di Bonifica – confermando vari precedenti di senso analogo e ponendosi sulla scia di Corte Costituzionale n. 80 del 2018 che “la L.R. Sicilia n. 76 del 1995, non deroga al divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dalla L.R. n. 45 del 1995, art. 32, ma si pone in linea di continuità sistematica con quest’ultima”, sicché “in caso di violazione dei limiti posti dalla L.R. n. 76 del 1995, artt. 3 e 4, per il ricorso al contratto a tempo determinato da parte dei Consorzi di bonifica della Regione Sicilia”, regolati mediante rinvio alla disciplina di cui alla L. n. 230 del 1962 “non è consentita la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato” (nello stesso senso, Cass. n. 22981 del 2020 proprio con riguardo al Consorzio ricorrente; Cass. n. 3140 del 2019, citata dalla sentenza impugnata);
3.2. questa Corte ha, altresì, precisato che i principi affermati dalle Sezioni Unite n. 4685 del 2015 richiamati dal ricorrente, non trovano applicazione ai Consorzi di Bonifica della regione Sicilia, in quanto – pur dovendo riconoscersi ai medesimi la natura di enti pubblici economici (“ex multis” Sez. Un. Cass. n. 1548 del 2017; Cass. n. 14679 del 2016, Cass. n. 12242 del 2012) – sono oggetto di una peculiare disciplina dettata dal legislatore regionale in materia di assunzioni alle dipendenze dei Consorzi di bonifica regionale, la quale, per effetto della sua “specialità” non può ritenersi derogata dalla disciplina regionale (Cass. n. 3140 del 2019);
4. i successivi motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto tutti attinenti alla pretesa domanda di risarcimento del danno, sono inammissibili per plurimi motivi;
4.1. premesso che la Corte territoriale ha rigettato la domanda di risarcimento del danno “per come è reso evidente dalla chiara formulazione (cfr. ricorso introduttivo pagg. 10-11) siccome direttamente correlata alla chiesta conversione dei rapporti in rapporto a tempo indeterminato, possibilità invece esclusa, come già detto, dalla L.R. n. 45 del 1995, art. 32”, le censure sono prospettate con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto (o quantomeno l’estratto citato dalla sentenza impugnata) del ricorso introduttivo del giudizio, fornendo al contempo alla Corte elementi per consentirne il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4; i brevi e sincopati passaggi del ricorso introduttivo del giudizio riportati nell’ambito del quarto motivo non soddisfano tale requisito e sono del tutto insufficienti a consentire l’accertamento del tipo di domanda (risarcitoria) avanzata dal lavoratore e, in particolare, a verificare se il lavoratore – diversamente da quanto statuito dalla sentenza impugnata – avesse avanzato una domanda di risarcimento del danno D.Lgs. n. 165 del 2001, ex artt. 36, comma 5, e art. 1218 c.c., per illegittimo ricorso al contratto a termine da parte del Consorzio (domanda che essenzialmente presupponeva, ai sensi della sentenza delle Sezioni Unite n. 5072 del 2016 invocata dallo stesso ricorrente, l’allegazione di una perdita di chance di un’occupazione migliore);
4.2. infine, la nullità della sentenza per mancanza della motivazione, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., è prospettabile quando la motivazione manchi addirittura graficamente, ovvero sia così oscura da non lasciarsi intendere da un normale intelletto, mentre nel caso di specie la Corte d’appello ha chiaramente e precisamente illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto infondata la domanda di risarcimento del danno ulteriore rispetto a quella conseguente alla conversione del contratto a tempo determinato;
5. in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c..
6. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 2.200,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021