LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13830-2020 proposto da:
B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato *****;
– ricorrente –
contro
AZIENDA SICILIANA TRASPORTI (AST) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 67, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BERRETTA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 991/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 25/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
che:
1. Con sentenza n. 991 depositata il 25.10.2019, la Corte d’Appello di Catania, confermando la pronuncia di primo grado, rigettava la domanda proposta da B.M. nei confronti dell’Azienda siciliana trasporti S.p.a. per il riconoscimento delle mansioni superiori di “addetto all’esercizio” (parametro 193 di cui al CCNL Autoferrotranvieri 2000) e lo svolgimento di orario straordinario;
2. La Corte territoriale – richiamata la previsione del contratto collettivo che include il parametro 193 nell’Area professionale II (e, viceversa, nell’Area professionale III il parametro 183, “operatore di esercizio”, assegnato al lavoratore) e che prevede, quale tratto identificativo (posto che i profili professionali non costituiscono una elencazione esaustiva di tutte le attività esplicabili), lo svolgimento di “mansioni con margini di discrezionalità ed autonomia ovvero con assunzione di responsabilità od ancora senza che vengano impartite al lavoratore direttive di massima” – ha rilevato che la difesa aziendale e la prova testimoniale avevano evidenziato il carattere tecnico, di natura esecutiva, con autonomia circoscritta ai soli compiti specifici affidati e in esecuzione di direttive dettagliate impartite dall’addetto di esercizio (anche quando svolgeva il coordinamento degli operatori, essendo stato esonerato, dal 2006, dalla guida dei mezzi aziendali), dell’attività disimpegnata dal B., inquadrata, pertanto, correttamente dall’azienda nell’Area professionale III in quanto carente di autonomia decisionale; ha, inoltre, rilevato che l’orario effettuato (pari a 6.30 giornaliere per 6 giorni) corrispondeva alla qualifica di appartenenza, essendo previsto contrattualmente un orario inferiore solo per il livello superiore, non riconosciuto;
3. avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, B.C.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; la società ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria;
4. veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso viene denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del CCNL Autoferrotranvieri 2000, art. 2, dell’art. 2103 c.c., del R.D. n. 148 del 1931, art. 18, avendo, l’azienda, tralasciato di contestare – con la propria memoria di costituzione – le mansioni di coordinatore degli operatori descritta nel ricorso introduttivo del giudizio, ed avendo confermato, la prova per testi, lo svolgimento delle suddette mansioni. La Corte territoriale avrebbe dovuto verificare non solo in positivo la sussumibilità delle mansioni svolte nel parametro di inquadramento superiore ma anche e soprattutto in negativo la mancata riconducibilità delle stesse nel parametro assegnato (conducente di autobus di linea, oggi “operatore di esercizio”), considerato che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 25673 del 2019 ha riconosciuto la qualifica superiore a un dipendente che svolgeva le stesse mansioni del B.;
2. con il secondo motivo viene dedotto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e falsa applicazione del CCNL Autoferrotranvieri 1976, artt. 6 e 48, del CCNL Autoferrotranvieri 1985, art. 3, del CCNL Autoferrotranvieri 1962, non avendo, la Corte territoriale, compreso la causa petendi della domanda di pagamento del lavoro straordinario, riposta nella considerazione che a fronte del persistente inquadramento nel parametro 183 doveva automaticamente conseguire il pagamento dell’indennità di monoagente nonché, a fronte dell’esclusione dall’ambito del personale viaggiante, l’orario settimanale doveva essere circoscritto a 6 ore giornaliere (per 6 giorni a setttimana);
3. il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato;
3.1. pur tralasciando i profili di inammissibilità che conseguono al mancato rispetto del principio di specificità dei motivi di ricorso (che, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, richiedevano la trascrizione, quantomeno di un estratto significativo, della memoria di costituzione dell’azienda) nonché alla richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati dal giudice di merito (il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento), la Corte territoriale ha correttamente effettuato il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore subordinato, procedimento che – come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. Cass. n. 26234 del 2008, Cass. n. 8589 del 2015, Cass. n. 18943 del 2016, Cass. n. 30580 del 2019) – si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra i risultati di tali due indagini;
3.2. la Corte territoriale, accertati i compiti disimpegnati dal B., riportati i tratti caratteristici delle declaratorie contrattuali delle Aree professionali II e III (ove sono, rispettivamente, inseriti i parametri 193 e 183) del CCNL Autoferrotranvieri e comparate le mansioni concretamente svolte con le suddette declaratorie, ha ritenuto – con accertamento che, costituendo giudizio di fatto riservato al giudice del merito, è insindacabile, in sede di legittimità in quanto sorretto da logica ed adeguata motivazione – che mancava l’assunzione dei profili della responsabilità e dell’autonomia tipici della qualifica superiore;
4. il secondo motivo di ricorso è inammissibile per violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso, che richiede – ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e 369 c.p.c., comma 2, n. 4, – la trascrizione delle disposizioni negoziali invocate (che sono solo enunciate nella rubrica del motivo, senza essere in alcun modo illustrate nel contenuto del motivo) e quantomeno la puntuale indicazione della collocazione dei documenti (nella specie, i diversi CCNL invocati) nei fascicoli delle fasi di merito (cfr. Cass. n. 4350 del 2015, Cass. n. 6255 del 2019);
5. in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c..
6. il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della L. di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1- quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per spese ed Euro 2.500,00 per competenze professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021