Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33170 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31733-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale Dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI;

– ricorrente –

contro

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA TERESA NUNZIATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 282/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 18/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 10/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO CARLA.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di L’Aquila ha respinto l’appello dell’INPS, confermando, sia pure con diversa motivazione, la pronuncia di primo grado con cui era stata accolta la domanda di A.S.;

2. la Corte di merito, uniformandosi ai precedenti di legittimità (Cass. n. 30344 del 2017; n. 3799 del 2019), ha dichiarato sussistente l’obbligo dell’appellato, commercialista libero professionista e lavoratore dipendente, di iscriversi alla Gestione separata; ha, tuttavia, ritenuto maturata la prescrizione quinquennale del credito contributivo;

3. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo; la controparte ha resistito con controricorso, illustrato da memoria;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

5. con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 2941 c.c., n. 8, della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 e ss., e del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. dalla L. n. 111 del 2011;

6. ha rilevato che l’attuale controricorrente, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2009, ha omesso di compilare il “Quadro RR” necessario per la determinazione dei contributi dovuti, così eludendo il relativo controllo automatico e/o formale da parte degli uffici finanziari;

7. ha sostenuto, richiamando l’ordinanza della S.C. n. 6677 del 2019, come l’omessa compilazione del “Quadro RR” integrasse una condotta dolosa del professionista di occultamento del debito contributivo, con la conseguenza che il corrispondente diritto di credito dell’Istituto non potesse considerarsi prescritto per l’operare della sospensione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8;

8. ha precisato di aver dedotto tale circostanza nel ricorso in appello (che non ha trascritto né depositato così come non ha trascritto né depositato la dichiarazione dei redditi); ha sottolineato che, integrando la sospensione della prescrizione una eccezione in senso lato, la stessa poteva e doveva essere rilevata dai giudici di appello sulla base dei dati e dei documenti ritualmente acquisiti agli atti;

9. il ricorso non può trovare accoglimento;

10. anzitutto, se è vero che la questione della sospensione della prescrizione configura una questio iuris, come tale rilevabile d’ufficio (Cass. n. 21929 del 2009; Cass. n. 19567 del 2016), nondimeno il generale potere-dovere di rilievo d’ufficio delle eccezioni, facente capo al Giudice (che si traduce nell’attribuzione di rilevanza, ai fini della decisione di merito, a determinati fatti) richiede pur sempre che detti fatti, modificativi, impeditivi o estintivi, risultino legittimamente acquisiti al processo e provati (v. Cass. n. 20317 del 2019; Cass. n. 27405 del 2018);

11. nella sentenza impugnata, non è affrontata la questione relativa alla sospensione della prescrizione e l’INPS, che pure deduce la circostanza, non dimostra la produzione, agli atti del giudizio di merito, della dichiarazione dei redditi del professionista. In ogni caso, nel ricorso in cassazione, l’Istituto non trascrive il documento (in relazione agli oneri di specificazione e deduzione richiesti in analoghe fattispecie, v. Cass. nn. 8450, 10631, 10632 del 2021);

12. deve ribadirsi, in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte, che il ricorso per cassazione, in ragione del principio di specificità, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (v. Cass. n. 11603 del 2018; Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

13. il motivo di ricorso è inammissibile anche sotto diverso profilo, poiché l’INPS denuncia un errore di diritto mentre l’accertamento di un comportamento occulto configura una questione di fatto, come affermato dalla stessa ordinanza n. 6677 del 2019, veicolabile nei ristretti limiti tracciati da questa S.C. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., S.U. n. 5083 del 2014), “dovendosi escludere che possa stabilirsi un automatismo, come sembra pretendere l’Istituto, tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo” (in motivazione, Cass. n. 7254 del 2021);

14. sulla base delle argomentazioni svolte, il ricorso dell’INPS va dichiarato inammissibile;

15. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;

16. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna l’INPS al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.200,00 a titolo di compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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